Anche quest’anno grandi ritorni e mega produzioni si sono guadagnati l’attenzione di critici e pubblico, ma il 2019 è riuscito comunque ad affermarsi come un’annata di grandi sorprese. Fra la seconda stagione di Big Little Lies, gli episodi conclusivi de Il Trono di Spade e il debutto in pompa magna di Watchmen, infatti, questi cinque titoli si sono saputi imporre come vere e proprie serie tv rivelazione dell’anno. Vediamole subito.
Fleabag (Prime Video)
La prima stagione di Fleabag è riuscita a costruirsi una piccola ma solida base di fan appassionati fin dal debutto su BBC Three nell’ormai lontano 2016. È con l’arrivo della seconda su Amazon Prime Video, però, che la trentenne concepita e interpretata da Phoebe Waller-Bridge ha raggiunto un successo clamoroso, portando a casa vagonate di premi e trovando posto fra le migliori serie tv del decennio.
In quello che è un capolavoro di scrittura e interpretazione, la seconda stagione di Fleabag si eleva a riflessione divina sull’amore, il senso di appartenenza, il peccato, la morte, la vita. E così l’umorismo oscuro, il dolore e lo straniamento annegati nel sesso, il caos e il disordine della prima Fleabag crescono per assumere le forme di una donna ancora dolente ma pronta a rialzarsi, a ricominciare a vivere e amarsi.
Gentleman Jack (BBC-HBO)
Incomprensibilmente ancora inedita in Italia, Gentleman Jack ha furoreggiato fin dagli esordi su entrambe le sponde dell’Atlantico, prima su BBC e poi su HBO. Oggetto della sua narrazione è la vita di Anne Lister, definita la prima lesbica moderna. In un inusuale, entusiasmante racconto si scoprono le ambizioni imprenditoriali della donna, padrona della decadente tenuta di Shibden Hall, i suoi frequenti viaggi in giro per il mondo, il desiderio soddisfatto di trovare una compagna di vita.
- Wainwright, Sally (Author)
Superando i più triti cliché delle storie tragiche a tema LGBTQ, Gentleman Jack affianca alle difficoltà i momenti più gioiosi, dolci e commoventi della vita di Anne (Suranne Jones) e Ann (Sophie Rundle). Il risultato è uno splendido racconto di devozione, fiducia, impegno e perseverenza che scaldano il cuore scena dopo scena.
Russian Doll (Netflix)
Chi ha amato Natasha Lyonne nei panni di Nicky Nichols in Orange is the New Black troverà altrettanto irresistibile il personaggio di Nadia, protagonista di Russian Doll. Le dinamiche alla base della serie sono sorprendenti: Nadia lascia la festa di compleanno organizzata per lei dalla migliore amica. Viene investita da un’auto e muore, ma dopo pochi istanti si ritrova nuovamente in bagno, a casa dell’amica, costretta a rivivere le stesse sequenze fino alla morte successiva. O meglio, alle morti successive, perché rimane intrappolata in un loop senza apparente via d’uscita.
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Attorno a questa disorientante premessa ruotano i temi affrontti dalla serie, già rinnovata per una seconda stagione, in cui il ciclo di morti e rinascite aiuta a indagare il passato della protagonista. Natasha Lyonne, col suo bagaglio di sofferenze ed esperienze dolorose, è straordinaria nel traslare sullo schermo la vita complessa e dolente di Nadia, come anche la consapevolezza che condividere le proprie pene con qualcuno possa quantomeno aiutare ad affrontarle. Una vera rivelazione.
Undone (Prime Video)
Che alla radice della miglior serie animata dell’anno ci fossero Kate Purdy e Raphael Bob-Waksberg di BoJack Horseman era un buon segno, ma sarebbe stato comunque difficile prevedere la portata del successo di Undone, di recente rinnovata per una seconda stagione. Se al principio la novità più evidente pare il ricorso alla tecnica del rotoscopio, già dopo l’episodio pilota diventa di gran lunga più accattivante la forza emotiva della serie.
Lungi dall’essere una mera storia fantascientifica, Undone supera invece i confini tra i generi per imporsi come l’osservazione di un viaggio personale oltre i limiti di ciò che è considerato accettabile da un punto di vista razionale. Il fatto che dopo un periodo in coma la protagonista, Alma (Rosa Salazar), riesca a dialogare col padre morto (Bob Odenkirk) è un espediente perfetto per mettere in discussione ciò che si crede sia inattaccabilmente reale. E così le prospettive e le esperienze personali di Alma finiscono con l’abbracciare i sentimenti, i dubbi e le insicurezze di migliaia di altri giovani.
Special (Netflix)
Nessuno avrebbe potuto immaginare che la piccola, breve Special – seppur prodotta da Jim Parsons e fresca di rinnovo – sarebbe riuscita ad affermarsi come una delle novità più fresche e piacevoli dell’anno. La storia di Ryan (Ryan O’Connell), ragazzo gay con paralisi cerebrale, e dei suoi tentativi di crearsi una vita emancipata dal legame con la madre e la disabilità, riesce ad andare oltre il pur comprensibile obiettivo di promuovere l’accettazione di sé.
- O'Connell, Ryan (Author)
L’autoironia del protagonista e autore rende la serie quanto mai spontanea, umana, carica di aspettative, imbarazzi, tenerezza e speranza. Più che la storia di un ragazzo disabile alla ricerca di un posto nel mondo, Special diventa così un ritratto piuttosto realistico delle percezioni estreme di sé di ciascun giovane, del desiderio di libertà, del fisiologico bisogno di definirsi al di fuori del contesto familiare della propria infanzia.