I quattro lunghi anni di Donald Trump alla Casa Bianca hanno offerto numerose possibilità di confronto tra il presidente degli Stati Uniti e i più balzani personaggi televisivi. Veep, in particolare, si è scoperta in grado di profetizzare l’ascesa di un personaggio politico grottesco. La serie satirica con Julia Louis-Dreyfus ha lavato per anni i panni sporchi della politica davanti al pubblico, disposto a lasciarsi andare a risate a denti stretti ma sollevato al pensiero di poter intrappolare sullo schermo la tremenda Selina Meyer. Difficile prevedere che Armando Iannucci e David Mandel stessero in realtà plasmando un personaggio spaventosamente vicino alla sua controparte reale.
La speranza del pubblico – e di Hollywood, in prospettiva – è quella di poter ora puntare a nuovi e più alti raffronti, lasciando orrori e assurdità alla mente dei creativi del settore. L’elezione della prima vicepresidente donna, perdipiù appartenente a una minoranza etnica, è il primo, epocale segno di discontinuità rispetto al passato. Anche in questo caso la finzione è arrivata prima della realtà, avendo già proposto agli appassionati di (fanta)politica la storia di una donna ai piani alti del governo statunitense. In Scandal, infatti, Bellamy Young ha interpretato Mellie Grant, da first lady a prima presidente donna del paese.
È proprio Bellamy Young a riflettere sul valore di questa esperienza e sulla capacità di Shonda Rhimes di preparare gli uomini all’avanzata delle donne in politica. In un rubrica pubblicata sull’Hollywood Reporter l’attrice – ora tra i principali interpreti di Prodigal Son – si è soffermata sul valore simbolico di un’esperienza senza precedenti, difficile da concepire e interpretare proprio per la mancanza di riferimenti storici. C’è stato un momento in cui ho occupato lo Studio Ovale. […] C’ero io, il mio personaggio, Mellie, che ha proceduto a fatica tra vittorie e devastanti sconfitte per arrivare in cima. Ha lavorato tutta la vita, eppure io stessa come attrice non mi sono sentita a mio agio, ha ammesso.
Ampliando un po’ la prospettiva, è ironico che io stessi interpretando quel personaggio in un contesto matriarcale, il che ha iniziato a far emergere un barlume di speranza. Shonda Rhimes sapeva cosa stava facendo. Ha approfittato di quell’opportunità per acclimatare il pubblico al potere delle donne in molti modi diversi nel corso della serie (alla fine, fare in modo che Olivia [Kerry Washington] e Mellie governassero insieme il paese è stato un naturale punto d’approdo). Come [la serie] 24 prima di noi, era arrivato il momento di far abituare il nostro paese a qualcosa di nuovo, si legge. Com’è naturale, il riferimento va al semplice fatto che a Mellie Grant e Olivia Pope fosse concesso di guidare la principale potenza economica mondiale, più che all’assurdità – o alla mancanza – dei principi sui quali si è retta la presidenza Grant in Scandal.
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La rappresentazione è importante, ma questa frase può essere subdola e riduttiva come lo è parlare di “diversità”, quindi mi spiegherò meglio. Nel periodo della corsa elettorale […] ho pensato costantemente a tutti quelli che, indipendentemente dall’età, hanno trovato la libertà in storie di genere o identità sessuale o razza che non avevano mai visto prima. E la cosa migliore, come per i personaggi di Shondaland, è che […] hanno lottato per quello che contava davvero. Il personaggio, non l’esteriorità. […] La mia impressione è che siamo prossimi a un cambiamento storico.
Mi dà molta speranza che in questa tornata elettorale la nazione abbia abbracciato così tante nuove storie, in tutto il paese e a tutti i livelli politici: donne, transgender, musulmani, LGBTQIA+, persone di genere non binario e molte altre. Quando chi prende le decisioni appartiene alle comunità per cui quelle stesse decisioni vengono prese, secondo me prevalgono equità e buon senso, perché si sa di cosa si sta parlando. […] Come la vicepresidente eletta Kamala Harris ha detto di sé, lei “è la prima, ma non l’ultima”. Ora tocca a noi assicurarci che sia vero, continuando a metterci la faccia e restando coinvolti tutti insieme in ciò che plasmerà il futuro di questo paese, anche e soprattutto quando ci troviamo in disaccordo, ha concluso.
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