Cosa non ha funzionato in Vis a Vis – L’Oasis, a partire dal grande assente: il carcere (recensione)

Da Le Iene di Tarantino agli spaghetti western, le ispirazioni di Vis a Vis - L'Oasi non bastano a rendere lo spin-off magnetico quanto l'originale

vis a vis el oasis

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Ora che è arrivato su Netflix si può dire a ragion veduta che Vis a Vis – L’Oasis è stata un’occasione mancata: l’idea di fondo di uno spin-off dedicato alle due protagoniste della saga carceraria Macarena e Zulema poteva essere vincente, un bonus da aggiungere a quattro stagioni di successo, soprattutto per recuperare il vuoto dell’ultima che ha visto grande assente Maggie Civantos (impegnata sul set de Le Ragazze del Centralino). Invece l’azzardo di creare un nuovo format che ha provato a discostarsi dall’originale senza avere un’idea precisa della propria identità ha lasciato un senso di incompiutezza nello spettatore, l’idea di guardare una serie che non è all’altezza della precedente e non riesce a convincere con i suoi elementi di diversità.

A caratterizzare il fallimento di Vis a Vis L’Oasis, che ha suscitato delusione sin dal suo debutto in Spagna su Fox anche tra gli spettatori più affezionati, è una trama confusionaria e piena di buchi, raccontata su più livelli temporali che però sembrano far interagire tra loro personaggi le cui azioni risultano quasi sempre incoerenti ed insensate. Macarena e Zulema sono a tratti una famiglia ma anche pronte a tradirsi a vicenda, partners in crime ma potenziali assassine l’una dell’altra, interagiscono nella trama di una rapina le cui conseguenze sono drammatiche, eppure stanno lì a perdere tempo in inutili tentativi di fregarsi a vicenda o di far valere la propria superiorità.

Se i flashback sulla vita fuori dal carcere hanno un certo senso nel mostrare la difficoltà del reinserimento sociale delle detenute, è la trama ambientata nel presente che fa acqua da tutte le parti: Zulema organizza il colpo della vita ma poi fa di tutto per farlo fallire (e dare la colpa ad un tumore al cervello è fin troppo banale come scusa per l’incoerenza delle sue azioni), l’intero racconto del post-rapina occupa soli due giorni nella vita delle protagoniste, pochi per la quantità di eventi che accadono ma troppi per l’attesa dell’aereo che dovrebbe portarle in salvo e che inspiegabilmente non è lì ad aspettarle e nel mezzo ci sono le storie dei turisti de L’Oasis, il motel nel deserto scelto come base dalle rapinatrici. Una famiglia dal padre violento, una scolaresca di bulli, i poliziotti che dovrebbero arrestare Zulema: quasi tutto quel che succede a L’Oasis è un contorno che non appassiona e sembra scritto solo per diluire inutilmente i tempi della serie. Come non appassionano le storie delle altre protagoniste della banda, soprattutto Goya (l’altro personaggio della serie originale) e la sua fidanzata poco più che adolescente perennemente su di giri. Più drammatiche invece le storie de “La Flaca” e Monica, che paradossalmente da sconosciute al pubblico risultano più coinvolgenti dei personaggi già noti. Ma in generale tutti i personaggi sembrano esasperati nelle loro caratteristiche, schizofrenici nei comportamenti e per questo incapaci di suscitare empatia.

Il grosso problema è che le sequenze di Vis a Vis – L’Oasis sembrano inizialmente quasi slegate tra loro: i personaggi si parlano poco anche in momenti che dovrebbero essere cruciali (ad esempio, quando si tratta di salvare la vita de La Flaca) e questo risulta un grosso problema per la tenuta dell’intreccio. Per non parlare di quella che sembrava una sottotrama cruciale e che si è interrotta a metà stagione: la storia della vendetta della madre di Sandoval – che incredibilmente si scopre essere stato “innamorato” di Macarena – è assolutamente campata in aria, visto che la donna prima si accorda con Zulema per portare la ragazza nel suo hotel e poi, quando dovrebbe mettere in atto la sua ritorsione per la morte del figlio, preferisce uccidersi solo perché la sua prigioniera la mette davanti alla verità sulla mostruosa personalità del figlio (che evidentemente era già nota alla donna).

A disturbare è anche una glorificazione della violenza spesso fine a se stessa, con scene splatter che a differenza di quelle in carcere non avevano molto senso (come la vendetta sanguinaria di Goya sui bulli della scolaresca) e che forse avevano come scopo proprio quello di recuperare quella tipologia di narrazione così predominante nella serie originale, ma non riescono a trovare un contesto altrettanto forte che la giustifichi.

La mancanza di una scrittura solida finisce per far recitare male anche le due protagoniste: Maggie Civantos appare per lo più apatica e Najwa Nimri ingabbiata nelle stesse, solite espressioni del suo “elfo del fottuto inferno”. Paradossalmente, il tanto criticato finale che segna l’epilogo così diverso per le due protagoniste è l’unica cosa da salvare della serie (anche grazie al bellissimo cameo di Alba Flores nei panni di Saray): una va incontro ad un destino segnato, l’altra cerca di recuperare quel che ha sempre in qualche modo rincorso.

Alla fine della fiera Vis a Vis – L’Oasis si è rivelato un tentativo maldestro di mettere assieme Le Iene di Tarantino, gli spaghetti western alla Leone (citati proprio nel primo episodio), un po’ di Narcos e i personaggi potenti di Vis a Vis, che però qui hanno perso l’elemento che li rendeva tali: il carcere. Perché il grande assente è proprio il carcere: era lo stato di cattività a rendere la trama di Vis a Vis così scura, sporca, claustrofobica ed angosciante (qui la nostra recensione), a dare un senso all’innata capacità delle protagoniste di ficcarsi in un guaio sempre peggiore del precedente. Ambientando lo spin-off fuori da quella dimensione di costrizione, tutto ciò che rendeva magnetica la serie e che dava un senso alle azioni delle protagoniste è venuto irrimediabilmente a mancare e non è stato sostituito da una trama forte e coerente. Lo ha ammesso anche il creatore della serie Ivan Escobar, quanto abbia pesato la mancanza dell’elemento del carcere, pur difendendo le proprie scelte artistiche. Per quanto coraggioso, però, l’esperimento non è riuscito.

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