La fine di Grey’s Anatomy è ormai auspicata da molti, a partire dal pubblico storico che è stanco e non riconosce più il medical drama delle prime stagioni, passando per la protagonista Ellen Pompeo che ha mostrato a più riprese un’insofferenza ormai al limite della sopportazione per il ruolo che interpreta dal 2005. Eppure la serie è stata rinnovata per una stagione 19 da ABC e non sembra affatto destinata a concludersi presto.
Al contrario la fine di Grey’s Anatomy sembra allontanarsi sempre di più alla luce della nuova ipotesi, ventilata proprio da Pompeo, di una potenziale prosecuzione senza di lei, dunque con un grande rinnovamento nel cast. A quanto pare si sta ragionando della fattibilità di quest’idea, così da garantire alla serie una lunga vita e svincolarla dalla disponibilità della sua protagonista ad interpretare ancora l’iconica Meredith Grey.
D’altronde la fine di Grey’s Anatomy non è un’esigenza avvertita dagli sceneggiatori, nemmeno dopo il raggiungimento del traguardo di 400 episodi col finale della stagione 18: proprio in occasione dei festeggiamenti per questa pietra miliare nella storia dello show, la showrunner Krista Vernoff ha spiegato a Variety perché non c’è fretta di chiudere i battenti e cosa rende la scrittura della serie capace di produrre così tanti episodi che risultino sempre nuovi.
Il grande dono del nostro spettacolo è che è uno spettacolo medico e il grande dono della medicina e della scienza è che si evolve sempre e quindi avremo sempre nuove storie da raccontare. Ogni stagione ci riuniamo nella stanza degli sceneggiatori e trascorriamo alcuni giorni a presentare i casi medici. La maggior parte si basa su qualcosa che abbiamo letto da qualche parte e che è realmente accaduto da qualche parte nel mondo. Ci stupiamo sempre e ridiamo e piangiamo e talvolta urliamo, mentre ascoltiamo gli orrori medici a cui le persone sono sopravvissute – o forse non sono sopravvissute.
Insomma la fine di Grey’s Anatomy non arriverà certo per mancanza di materiale su cui improntare le trame mediche degli episodi, semmai il problema potrebbe essere rappresentato dagli archi narrativi dei singoli personaggi, che finiscono affrontare stati d’animo, eventi, cambiamenti in qualche modo destinati a ripetersi nel tempo. Anche sotto questo aspetto Vernoff ritiene che ci siano spazi per proseguire.
Se lavoriamo con precisione sui personaggi, e lo facciamo, allora se ripetiamo una storia, si svolge in modo diverso. Il modo in cui Cristina Yang ha il cuore spezzato, non è lo stesso del modo in cui Jo Wilson o Levi Schmitt o Maggie Pierce affrontano lo stesso dolore. Proviamo molto amore, desiderio e dolore perché è un linguaggio universale, insieme alla medicina che è anch’essa un linguaggio universale.
Di conseguenza la fine di Grey’s Anatomy non è nell’orizzonte di ABC né della casa di produzione ShondaLand, che potrebbero trovare un modo per far sì che la serie sopravviva eventualmente anche alla sua protagonista storica.