I Beatles, al Cavern Club di Liverpool, hanno gettato le basi della loro storia. In quel 21 marzo 1961 non si poteva ancora parlare dei Fab Four ridimensionati da quel genio di Brian Epstein che ne rivoluzionò il look e l’outfit, ma soprattutto il live acting: niente più panini sul palco e soprattutto stop alla tenuta da ragazzacci di strada con gli abiti in pelle e i capelli spettinati.
La primavera dei Beatles arrivò con il primo night show in quel club che fino a quel momento li aveva ospitati per il lunchtime, dunque con spettacoli che li mandava in scena nel pomeriggio senza l’esclusiva delle grandi performance serali riservate ad artisti decisamente più seguiti di loro, che ancora non erano una leggenda.
Anzi, i Fab Four erano soliti esibirsi con chitarre scordate, presentare scalette riempite con canzoni dal taglio insolito per l’epoca, cover personalizzate e rockabilly sgangherato che ancora subiva la non fascinazione dei tempi dei Quarrymen, quando ancora i Beatles erano ragazzini innamorati di Elvis Presley e della rivoluzione culturale del dopoguerra.
L’esperienza tedesca ad Amburgo
Nella loro formazione militavano ancora Pete Best, che un giorno sarebbe stato sostituito da Richard “Ringo Starr” Starkey, e il bassista Stuart Sutcliffe stava vagliando l’ipotesi di rompere le righe e lasciare la formazione per inseguire il suo sogno di pittore. In quel tempo i Beatles, infatti, erano in cinque – dunque Fab Five, se vogliamo essere precisi e anche un po’ infantili – e stavano conquistando Amburgo con alcune date al locale Indra.
All’esperienza di Amburgo, del resto, dobbiamo il nome The Beatles scelto dalla band un anno prima dell’esordio nighttime al Cavern. Era il 17 agosto 1960, infatti, quando nella città tedesca la formazione di Paul McCartney, John Lennon, George Harrison, Pete Best e Stuart Sutcliffe divenne The Beatles.
Così giovani e così carucci, però, i ragazzi di Liverpool dovettero fare i conti con la polizia tedesca. George Harrison era minorenne e non poteva lavorare e in una delle tante notti del soggiorno ad Amburgo Lennon e McCartney incendiarono le tende del loro alloggio dopo aver dato fuoco ad un profilattico, spiegando che il gesto era dovuto alla mancanza di illuminazione all’interno delle stanze.
Questa bravata costò l’arresto a Lennon e McCartney e la conseguente espulsione dei Beatles dalla Germania. Quando tornarono a Liverpool, dunque, i padrini del beat lo fecero in qualità di espulsi dal capoluogo tedesco.
Eppure nel 1961 riuscirono a farsi ammettere nuovamente in Germania e lì tornarono da aprile a luglio. Nel frattempo molte cose stavano cambiando: ad Amburgo avevano imparato a calibrare i volumi dei loro strumenti per espressa esigenza del titolare dell’Indra, si erano fatti le ossa con performance che duravano delle ore e, soprattutto, Paul McCartney stava per appendere la chitarra al chiodo dato che la sua Rosetti stava per tirare le cuoia.
La capigliatura dei cinque di Liverpool, poi, era ancora una banana uscita male per il semplice gusto di imitare in modo maldestro quell’Elvis Presley che un giorno avrebbero incontrato, ma che in quegli anni era ancora “semplicemente” una fonte di ispirazione.
Un giorno Astrid, fidanzata di Stuart, mise le mani sulla testa del suo ragazzo e quel ciuffo divenne un caschetto che in un primo momento fece ridere la band. Passò poco tempo fino a quel giorno in cui i Beatles adottarono la stessa acconciatura destinata a diventare tipica. Pete Best non volle allinearsi al nuovo look e mantenne il suo ciuffo fino alla fine della sua militanza nei Beatles.
I Beatles, al Cavern Club di Liverpool, ritornarono con una nuova linfa e la loro piccola rivoluzione pronta a germogliare. Nel frattempo George Harrison era diventato maggiorenne – il 25 febbraio – e questo poteva rappresentare un primo via libera della band per un ritorno in Germania. Come detto prima, ciò avvenne grazie a un contratto ma non dobbiamo dimenticare che la riammissione ad Amburgo avvenne anche grazie alla madre di Pete Best, Mona, che fece da intermediario tra i futuri Fab Four e le autorità tedesche.
I Beatles al Cavern Club di Liverpool
Fu la stessa Mona, poi, a fare da portavoce della band per la programmazione del primo nighttime show dei Beatles al Cavern Club di Liverpool. Lo ricorda Ray McFall, allora proprietario del locale, che riporta alla memoria quella telefonata di Mona: “Ciao! Mio figlio suona in una band meravigliosa, sono molto bravi, che ne diresti di ingaggiarli?”.
Si mise in mezzo Bob Wooler, il disc jockey del Cavern che già aveva convinto McFall a scritturare la band in precedenti occasioni, ma in quel contesto si trattava di ammetterli al nighttime show che durante la settimana era destinato a eventi ben precisi: nella maggior parte dei giorni le serate erano destinate al modern jazz mentre nel weekend il Cavern ospitava musica jazz tradizionale.
Convinto da Wooler e da Mona, McFall li ingaggiò per quel martedì 21 marzo 1961 e così i Beatles poterono esibirsi finalmente nel nighttime, quando si esibivano gli artisti più talentuosi e apprezzati.
C’era, tuttavia, un problema: la stessa sera si dovevano esibire i The Blue Genes che già avevano delle riserve sulla musica beat. Ray McFall non li aveva avvisati circa la partecipazione dei Beatles e per questo tre della band lo fermarono lungo Matthew Street – l’indirizzo del Cavern Club – e manifestarono il loro disappunto al proprietario del locale.
Lo ricorda Ray Ennis, frontman dei Blue Genes che un giorno sarebbero diventati The Swinging Blue Jeans:
“Ray McFall aveva ingaggiato i Beatles come ospiti della nostra serata senza dircelo, e ciò ci aveva dato parecchio fastidio. In quel periodo suonavano malissimo. I fan dei Beatles, inoltre, avevano irritato le persone che erano venute a sentirci arrivando presto e sedendosi in prima fila. Il nostro pubblico ci guardava come per dire: ‘Che roba è questa?’. La gente voleva i Beatles“.
Ancora, il chitarrista dei The Swinging Blue Jeans Ralph Ellis aggiunge:
“Il loro modo di cantare era ancora troppo acerbo e le loro chitarre erano stonate. Noi avevamo provato tantissimo per ottenere il suono giusto, per questo non eravamo troppo felici di vedere i Beatles cavarsela così bene con qualcosa che avevano provato solo cinque minuti prima“.
Come ogni storia del rock ci insegna, quel dissenso dei Blue Genes fu il letame dal quale nacque un fiore. Nel 1963 i Genes incisero una cover di The Hippy Hippy Shake, brano di Chan Romero inciso nel 1959 e i Beatles interpretarono anche una loro versione che piacque particolarmente a un certo Bill Harry.
Bill Harry aveva fondato la rivista Mersey Beat che in poco tempo divenne uno dei principali megafoni musicali della scena di Liverpool. Sul secondo numero del magazine i Beatles dominarono la copertina con il titolo: “I Beatles firmano il primo contratto discografico!”, e questo fece ulteriormente impennare la notorietà dei Fab Four che nel giorno del famigerato (e svantaggioso) primo vero contratto avevano ancora Pete Best in squadra per ancora pochi mesi prima dell’arrivo di Ringo Starr.
Era il 1962, infatti, quando i Fab Four firmarono il primo contratto per il quale fu necessaria l’autorizzazione dei genitori in quanto i ragazzi non avevano ancora spento 21 candeline.
La prima volta del rock’n’roll in un locale jazz
I Beatles al Cavern Club portarono la rivoluzione, dunque, perché il locale era destinato al jazz e ai suoi derivati anche se i Blue Genes, che allo stesso modo avevano maturato una certa esperienza ad Amburgo, subivano un po’ il fascino del rockabilly e per questo avevano iniziato a convertirsi al nuovo genere.
Dal jazz al rock’n’roll il passo fu breve e oggi – sì, ancora oggi – il Cavern Club deve ai Beatles la nomea di contenitore di gestazione di una delle realtà più innovative della musica internazionale: i Beatles hanno insegnato il pop al mondo con il sistema nervoso del rock’n’roll e del blues.
Paul McCartney, come già detto, di lì a poco avrebbe imbracciato il suo Hofner Violin Bass per diventare definitivamente il bassista dei Beatles dopo un breve periodo in cui si era rifiutato di usare quello di Stuart Sutcliffe, preferendo esibirsi al pianoforte dopo che la sua Rosetti era passata a miglior vita.
Il rock’n’roll dei Beatles e dei futuri The Swinging Blue Jeans, dunque, aveva trovato fecondazione ad Amburgo anche se le band avevano aspirazioni diverse. I Beatles, sostanzialmente, volevano fare ciò che volevano.
I Beatles al Cavern Club ancora non sapevano che un giorno la Polydor li avrebbe rifiutati – anche se molto spesso questo fatto si configura come una voce di corridoio – per via del loro nome: “Beatles” somigliava al vocabolo “Peetles”, uno slang per dire “pene”.
Da quella sera del 21 marzo 1961 i futuri Fab Four suonarono per altri 125 night shows fino all’esibizione finale del 3 agosto 1963 quando eseguirono una prima versione in acustico di When I’m Sixty Four che un giorno avrebbe fatto parte del capolavoro Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band (1967).
In quel primo nighttime show dei Beatles al Cavern Club di Liverpool la storia si scrisse da sola: un pubblico anarcoide che prendeva i primi posti coprendo la visuale alla gente che si trovava lì per ascoltare jazz, le chitarre scordate e un rockabilly maldestro di chi aveva conquistato Amburgo e ricominciava a giocare in casa.