La Libertà di Rocco Hunt è un piatto che si serve maturo (recensione)

Il rapper di Salerno ha appena concluso l'instore tour

rocco hunt

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La Libertà di Rocco Hunt è quel disco di rottura che ogni artista, almeno una volta nella sua carriera, deve pubblicare. Al centro di un dibattito social scatenato da lui stesso e da lui stesso restituito all’ordine, Rocco Hunt si è rivelato uno dei personaggi dell’estate, se non dell’anno italiano, con la sua ricetta di novità e hype che in questo disco trovano la loro rivelazione. Prima di tutto, il rapper di Salerno non ha scelto il suo titolo a caso: la libertà è quella emozionale e artistica, con testi più vicini al campano che all’italiano e soluzioni sonore più personali e meno soggette al mainstream.

Inoltre, Libertà è il suo palcoscenico: Rocco accoglie nella sua nuova opera bigliettoni da 90 come NeffaJ-Ax e il suo conterraneo Clementino ma anche giovani promesse come Geolier, Nicola SicilianoSperanza per dare loro la fiducia che egli stesso ha ritrovato dopo un anno difficile. Del resto, avere 25 primavere e trovarsi in cima alla classifica un punto sopra Fear Inoculum dei Tool e ben due posizioni di vantaggio rispetto a Machete Mixtape 4 non è cosa da poco. La Libertà di Rocco Hunt, sulla superficie, è questa: concedersi una vittoria con un disco che è approdato sul mercato come un uragano.

In 16 tracce il rapper esplora il pop, la dance, il reggaeton, la ballata e l’urban, con una strizzata d’occhio all’r n’ b e all’indie – è il caso di Discofunk, così disincantata e pop da accostarsi allo stile di Coez – e canta l’amore, la rabbia, l’amicizia, i valori e il suo vissuto, sempre con quell’occhio verace che è proprio dell’artista partenopeo ma lontano dal compromesso linguistico che finora ha abbracciato per avvicinare a sé tutto il pubblico che ora lo segue. Uscito il 30 agosto e distribuito da RCA vede, tra le firme, anche quella di Valerio Nazo della It’s Classic Fam in pezzi come Buonanotte AmòSe TorneraiNisciun’.

Mai Più apre il disco e anche la sessione dei duetti. Rocco Hunt rappa insieme ad Achille Lauro ed è subito ritornello con autotune – un consolidato marchio di fabbrica della trap – su una base che è un beat martellante e malinconico sul quale si poggia un testo che è una riflessione senza freni sulle sfere personali dei due artisti. I featuring continuano con l’estiva Ti Volevo Dedicare con i BoomdabashJ-Ax, che interviene con le sue rime frenetiche e scimmiotta i Thegiornalisti citando Maradona e Pelè con audacia: “Non so se Maradona era meglio di Pelè”. Le chitarre acustiche sono il mediterraneo, lo Ionio, l’Adriatico e il Tirreno del pezzo che arriva a fine estate per portare ancora un po’ di sole tra le autostrade dei grandi rientri dalle vacanze.

Si gioca in casa con Maledetto Sud, dove il timbro verace di Clementino apre l’atmosfera urban del brano. Le vicissitudini dei due rapper si abbracciano e per un attimo ci sentiamo dentro le Tarantelle di Clemente, in un simposio fatto di rime partenopee e polaroid scattate lungo la cronologia dei tempi bui appena trascorsi, impressi su pellicola e lì imprigionati per non nuocere più. Lenta e nervosa, invece, Nisciun’ con Geolier si addentra ancora di più nell’urban campano con un beat strisciante.

Tra i featuring meglio riusciti troviamo Se Tornerai in duetto con Neffa, quasi un’autorità hip hop che in questo brano mette la sua voce al servizio di un testo che riflette su ciò che l’amore comporta nella vita di un artista: “Sono uno sfigato che soffre d’amore e lo dice pure dentro i pezzi”. All’interno del brano c’è tutta la fragilità dell’uomo ferito che si riscopre duro e rabbioso in Cuore Rotto (‘Nfam Version) con Gemitaiz Speranza, che si regge su un beat distorto e violento nonostante l’autotune e la banalità di chi ostenta la propria resilienza con le groupie che accorrono al suo cospetto. Poi il pezzo si fa ancora più violento, che arriva a rasentare il mood dello stile Fight Club di Machete Mixtape 4, specialmente grazie al carillon che accompagna l’intera durata.

I duetti si chiudono con Ngopp’A Luna, dove Nicola Siciliano canta la destinazione promessa al proprio affetto su una base che è una ballata urban che ci permette di socchiudere la porta una volta terminato il disco.

Libertà di Rocco Hunt non nasconde la sua anima pop. Nun Se Ne Va sconfina nel reggaeton e conserva il sapore mediterraneo per mantenersi orecchiabile e radiofonica, ma Discofunk vince per il suo scheletro indie, così vicino a Coez e così anni ’80 che quel basso in terzine ci fa venire voglia di ballare, anche quando nel ritornello interviene un synth così vintage e così sincero. Libertà, che dà il titolo al disco, non poteva non essere un pezzo vivo, ma il titolo non deve ingannarci, perché non siamo di fronte a un inno alla gioia: Libertà è la condanna alla perdita della dignità da parte di chi si vanta di non avere preoccupazioni ma che in realtà si ritrova in piena schiavitù da stereotipi.

Benvenuti In Italy, radiofonica e balneabile, è il calcio raccontato con il sentimento degli italiani che si identificano nella propria squadra con tutta l’energia del caso. Chiusi i battenti della festa, Libertà di Rocco Hunt ha anche l’anima oscura della ballata che non si rassegna alla dolcezza: il miele di Rocco Hunt è amaro come in Street Life, un ritratto degradato scritto sul cemento e riportato su un beat acido che accompagna anche Buonanotte Amò, un racconto scritto da chi è stato divorato dall’amore.

Rocco Hunt rappa il suo lamento in Nun Me Vuo’ Bene Cchiù, dove il riverbero sulla voce ci fa immaginare un uomo dimenticato in un sottosopra tormentato da un beat quasi industrial, ma il migliore arrangiamento, è d’uopo dirlo, lo troviamo in Grande Bugia. Ci illudiamo di avere a che fare con una ballata per pianoforte, ma poi interviene il beat distorto e pulsante, arrivano i glitch e le dissonanze sui synth e un’atmosfera che si fa cupa quanto l’amore tormentato del testo, e quanto gli effetti reverse di Nun È Giusto, nello stesso mood dei brani appena elencati. Con il registro e le dinamiche del rap campano, Rocco “caccia le sue rime” su corruzione e degrado che in Italia si muovono come i tentacoli di un animale affamato e assetato di potere.

Esploso come una bomba a orologeria, Rocco Hunt ha già portato a termine l’instore per presentare il suo nuovo disco, con l’ultima data a Milano il 12 settembre. Per descrivere Libertà il rapper di Salerno ha usato l’espressione: “Mi sono tolto la cravatta del pop“, un abito che gli stava stretto e che lo ha portato alla lunga gestazione dell’album e alla crisi personale che, ancora oggi, è messa in discussione da parte della critica.

Quel che emerge, più di ogni altra cosa, è la rottura con tutto ciò che c’è stato prima: egli stesso definisce la sua opera una contaminazione di generi, libera nelle scelte e nei suoni e matura nel tipo di approccio. La Libertà di Rocco Hunt è anche quel posto in cima alla classifica ottenuto senza presunzione, con la sola capacità di raccontarsi.