Aspettando Venezia 2019, la guida per sapere tutto sulla Mostra del Cinema

Dal 28 agosto al 7 settembre c’è la 76esima edizione del festival del cinema in Laguna. Un’edizione ricchissima di nomi e di qualche immancabile polemica. Ecco i candidati al Leone d’Oro, i film italiani, gli autori cinefili e i divi da red carpet più attesi

Venezia 2019

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Ai nastri di partenza Venezia 2019, edizione numero 76 della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica, sotto la direzione, per l’ottavo anno consecutivo, di Alberto Barbera. Il festival comincia mercoledì 28 agosto, con un’anteprima il 27, e si concluderà sabato 7 settembre con l’annuncio del Leone d’oro. Che festival sarà?

Sappiamo che, a fronte della netta chiusura di Cannes rispetto ai film delle piattaforme streaming, Netflix in particolare, l’atteggiamento di Barbera è sempre stato più laico. Consentendo a Venezia colpacci come, l’anno scorso, la presenza di Roma di Alfonso Cuarón, rifiutato sulla Croisette, poi vincitore del Leone d’Oro e di tutti i premi della stagione. In generale, la maggiore vicinanza temporale agli Oscar ha reso la Mostra la piazza ideale su cui lanciare le pellicole hollywoodiane più ambiziose. Così sul Lido sono passati film che hanno fatto incetta di statuette. Solo negli ultimi anni Gravity, Il caso Spotlight, Birdman, La La Land, The Shape Of Water.

Le dichiarazioni di Barbera sull’identità di Venezia 2019 sono all’insegna d’un cauteloso ecumenismo: “A nessun appuntamento festivaliero si può chiedere di dare risposte sul futuro del cinema. Al massimo, si può pretendere che fornisca qualche esempio degli orientamenti diversi che ispirano la produzione cinematografica […]. Il rischio è quello di sembrare privi di bussola, o asserviti ad una concezione indulgente del cinema. Potrebbe invece essere il modo più consono per interrogare un cinema che agli occhi di molti appare pericolosamente smarrito”.

Così nell’eclettico programma di Venezia 2019 si trovano film d’autore e luccichii hollywoodiani, serie televisive e documentari pop, realtà virtuale e opere a basso costo. Entriamo nel vasto programma, con una bussola essenziale su film, autori e divi da non perdere.

I numeri di Venezia 2019

La selezione ufficiale annovera 21 film nella sezione principale del Concorso; 19 lungometraggi (più 13 cortometraggi) nella sezione Orizzonti, dedicata a nuove tendenze estetiche; 24 titoli nel Fuori Concorso, tra film di finzione, non fiction, proiezioni speciali e serie tv. Poi 29 titoli nella sezione Venezia Classici, tra film restaurati e documentari sul cinema; 6 film della nuova sezione Sconfini, contenitore di “opere senza vincoli di genere, durata e destinazione”; 39 titoli, tra concorso e fuori concorso, della Venice Virtual Reality; 3 film della Biennale College; 2 proiezioni omaggio per i vincitori del Leone d’Oro alla Carriera; 1 evento speciale, la proiezione della versione restaurata di Bu San (Goodbye, Dragon Inn) di Tsai Ming-liang.

Al programma di Venezia 2019 si aggiungono: la 34esima Settimana Internazionale della Critica (SIC) sezione indipendente della Mostra di Venezia dedicata alle opere prime, promossa dal Sindacato nazionale critici Cinematografici Italiani (SNCCI), con 18 titoli (9 lungometraggi e altrettanti corti); la 16esima edizione delle Giornate degli Autori, rassegna autonoma nata nel 2004 sul modello della Quinzaine des Réalisateurs di Cannes, promossa dalle associazioni dei registi e degli autori cinematografici italiani Anac e 100autori, con 12 film nella selezione ufficiale e, complessivamente, 28 titoli tra lunghi e corti.

Film d’apertura e chiusura

La preapertura della sera del 27 agosto è appannaggio della versione restaurata in 4k di Extase (Estasi) del ceco Gustav Machatý, del 1933. Si tratta di un film leggendario per i suoi, per l’epoca, inauditi brividi erotici, con la celebre scena di nudo dell’allora sconosciuta Hedy Lamarr, destinata a divenire stella di Hollywood e poi, grazie ai suoi studi di ingegneria, progettista di un sistema di guida a distanza dei siluri oggi ritenuto il padre del wi-fi. Lo scandalo deflagrò proprio a Venezia nel 1934, dove il film vinse il premio per il miglior film straniero e la regia.

Aprirà il concorso, il 28 agosto, The Truth di Hirokazu Kore-eda, primo film di produzione internazionale, girato in Francia, del maestro giapponese già vincitore della Palma d’Oro di Cannes del 2018 con Un Affare Di Famiglia. Cast importante, con le dive transalpine Catherine Deneuve e Juliette Binoche in versione madre-figlia e Ethan Hawke. Un film sull’incontro tra un’anziana star del cinema francese e la figlia, un racconto che, dice il regista, “è un dramma familiare, ma al tempo stesso una riflessione sull’esercizio della recitazione, anche dei ruoli di madre e figlia”.

Chiusura affidata il 7 settembre alle 21 in Sala Grande al film fuori concorso The Burnt Orange Heresy di Giuseppe Capotondi, thriller neo-noir ambientato in Italia in cui si scontrano il mondo dell’arte e della malavita. Un potente collezionista chiede a una giovane coppia di trafugare il capolavoro d’un artista appartato. Nel cast Donald Sutherland e, soprattutto, la rockstar Mick Jagger, in una delle sue rare sortite cinematografiche.

Concorso ufficiale

Probabilmente non sarà un capolavoro – il regista Todd Phillips non ha firmato nulla di memorabile fino a oggi – ma il Joker con Joaquin Phoenix, anticipato da efficaci teaser trailer, è il film più atteso tra i 21 in concorso a Venezia 2019. E il protagonista già prenota la Coppa Volpi come migliore attore. Accanto a lui Robert De Niro.

Nutrito il resto della pattuglia americana: Ad Astra di James Gray, che prende Brad Pitt come protagonista e si misura col gigantismo fantascientifico rivisto in cadenze filosofiche – un viaggio ai confini estremi del sistema solare – che è anche una storia intima d’un figlio alla ricerca del padre. Poi Marriage Story (attenzione, Netflix!), la nuova commedia amara di Noah Baumbach sulla coppia che scoppia Scarlett Johansson e Adam Driver; The Laundromat (ancora Netflix) dell’eclettico Steven Soderbergh, su Panama Papers, conti offshore, super ricchi e corruzione globale, con Meryl Streep, Gary Oldman e Antonio Banderas.

Tra i favoriti al Leone d’Oro, sulla carta, c’è il cileno Pablo Larraín, che ancora attende, dopo film di notevole impatto (No, Neruda, Jackie) la consacrazione festivaliera. Con Ema, che il regista definisce “una meditazione sul corpo umano, sulla danza e sulla maternità”, potrebbe essere la volta buona. Tra i volti da festival, lo svedese Roy Andersson, che un Leone d’oro l’ha già vinto nel 2014 con un film letargico il nuovo titolo About Endlessness, non promette nulla di buono; i francesi Olivier Assayas, con Wasp Network, una storia vera di dissidenti cubani con Penélope Cruz e Gael García Bernal, e Robert Guédiguian, che con Gloria Mundi torna al suo microcosmo marsigliese per parlare del mondo.

La pattuglia italiana è tutta meridionale: il napoletano Mario Martone porta la versione cinematografica d’una sua messinscena teatrale de Il Sindaco Del Rione Sanità di Eduardo De Filippo, e la trasposizione filmica diventa l’occasione per il regista di un confronto col genere crime. Poi c’è l’apparente inattualità di Martin Eden, dal romanzo di Jack London, che trasporta la vicenda dalla California a Napoli, con Luca Marinelli protagonista e la firma di Pietro Marcello, regista casertano d’un cinema di poesia di alti esiti (Bella E Perduta). Da Palermo, il cinema estetico-politico di Franco Maresco, padre di Cinico Tv, che firma La Mafia Non È Più quella di Una Volta, paradossale seguito di Belluscone, su cantanti neomelodici e criminalità organizzata, Falcone, Borsellino e Letizia Battaglia.

Batte bandiera italiana, ma è una coproduzione internazionale Waiting For The Barbarians del colombiano Ciro Guerra, tratto dal romanzo omonimo del premio Nobel J.M. Coetzee e girato in Marocco, parlato in inglese e mongolo, con un cast di grande richiamo, Mark Rylance, Johnny Depp, Robert Pattinson.

Molto atteso J’Accuse del pluriottantenne Roman Polanski, col portato di polemiche legate alle vicende giudiziarie e le accuse di violenze sessuali, che hanno portato alla sua espulsione dalla Film Academy che assegna gli Oscar. Barbera rivendica la scelta: “I problemi che Polanski ha con la giustizia o con la sua coscienza sono suoi personali, quello che per me conta è solo il fatto che ha realizzato un film fantastico”. E Polanski sembra voler alludere alla sua questione personale parlando del celebre affaire Dreyfus, il capitano di origini ebraiche accusato in Francia sul finire dell’Ottocento di alto tradimento, e invece innocente.

Jean Dujardin, protagonista di J’Accuse di Roman Polanski

Alla presenza controversa di Polanski si aggiunge, molto criticata, la selezione di due sole registe su 21 film, la saudita Haifaa al-Mansour e Shannon Murphy. Barbera si è difeso sottolineando che metà dei titoli nella sezione Orizzonti sono diretti da donne e che tanti film hanno al centro personaggi femminili, ribadendo il suo scetticismo verso l’imposizione delle quote rosa.

The Truth, Hirokazu Kore-eda 

The Perfect Candidate, Haifaa al-Mansour

About Endlessness, Roy Andersson

Wasp Network, Olivier Assayas

Marriage Story, Noah Baumbach

Guest of Honour, Atom Egoyan

Ad Astra, James Gray

A Herdade, Tiago Guedes

Gloria Mundi, Robert Guediguian

Waiting for the Barbarians, Ciro Guerra

Ema, Pablo Larrain

Saturday Fiction, Lou Ye

Martin Eden, Pietro Marcello

La Mafia Non È Piu Quella Di Una Volta, Franco Maresco

The Painted Bird, Vaclav Marhoul

Il Sindaco del Rione Sanità, Mario Martone

Babyteeth, Shannon Murphy

Joker, Todd Phillips

J’accuse, Roman Polanski

The Laundromat, Steven Soderbergh

No. 7 Cherry Lane, Yonfan

I film italiani a Venezia 2019

Concorso a parte, il cinema italiano ha una folta presenza. Fuori concorso c’è Gabriele Salvatores con Tutto il Mio Folle Amore, con Valeria Golino e Claudio Santamaria, dal bestseller di Fulvio Ervas Se Ti Abbraccio Non Aver Paura, dedicato all’autismo; e Vivere di Francesca Archibugi, con una coppia economicamente precaria (Adriano Giannini e Micaela Ramazzotti), che lo diviene anche sentimentalmente quando ospita una ragazza alla pari irlandese.

Nella sezione documentari c’è Il Pianeta In Mare di Andrea Segre, scritto dal regista insieme a Gianfranco Bettin, per parlare di Marghera, il pianeta industriale della laguna veneziana, attraverso le storie di chi quel posto lo vive ogni giorno. Tutt’altra musica nella sezione Sconfini, in cui ha trovato posto tra i mugugni il documentario sulla influencer Chiara Ferragni, Unposted, firmato da Elisa Amoruso. Ma c’è anche l’Alessandro Rossetto di Effetto Domino, tratto dal romanzo omonimo di Romolo Bugaro, su Nord Est, edilizia e finanza, ritratto a tinte fosche dell’Italia di oggi. Nella sezione Orizzonti ancora Napoli, col film d’esordio Nevia di Nunzia De Stefano, ex moglie di Matteo Garrone, che produce anche questo racconto di formazione d’una diciassettenne cresciuta in un campo container nella periferia est di Ponticelli.

Dalle parallele Giornate degli Autori una citazione d’obbligo per l’atteso 5 È Il Numero Perfetto di Igort, tratto da una sua graphic novel con un trasformato Toni Servillo, ancora un affresco partenopeo crime su di un sicario di seconda classe della camorra che torna in pista dopo l’omicidio di suo figlio. Sempre dalle Giornate degli Autori, Mondo Sexy di Mario Sesti, sui documentari erotici degli anni Sessanta (il primo fu Europa Di Notte di Alessandro Blasetti, 1958), un viaggio nel mondo dello strip-tease, dei desideri e degli immaginari di un’altra Italia.

Serie tv a Venezia 2019

Anche quest’anno Venezia dà spazio alla tv, con anteprime delle serie italiane più attese della stagione. Dopo The Young Pope, passato qui nel 2016, è la volta di The New Pope (Sky Atlantic e HBO, produzione Wildeside e Mediapro), ancora con Jude Law a cui si affianca John Malkovich, otto puntate scritte dal regista Paolo Sorrentino con Umberto Contarello. Molti volti del vecchio cast, Silvio Orlando, Cecile De France, Javier Camara, Ludivine Sagnier, guest star come Sharon Stone e Marilyn Manson. Ma la storia è avvolta nel mistero, forse è un sequel forse no. A Venezia si vedranno, chissà perché, la seconda e la settima puntata, domenica 1 settembre.

L’altra serie, targata Sky, è ZeroZeroZero, tratta dal reportage omonimo di Roberto Saviano, showrunner Stefano Sollima, coi primi due episodi proiettati in anteprima il 5 settembre. È la storia dei signori della cocaina, di traffici internazionali, ’ndrangheta e uomini d’affari corrotti. ZeroZeroZero è stata girata in quasi un anno di riprese in tre continenti (America, Europa e Africa) e in 6 lingue, con otto episodi diretti da Sollima, Pablo Trapero e Janus Metz.

Due Leoni d’oro alla Carriera a Venezia 2019

I premi alla carriera sono stati assegnati a due figure diversissime, ma accomunate dall’essere delle icone camp. Julie Andrews, attrice quasi ottantaquattrenne, è una leggenda di Hollywood. Bambina prodigio e star di Broadway, al cinema è stata Mary Poppins, la zuccherosa protagonista di Tutti insieme appassionatamente, ma anche, nei film del marito Blake Edwards, un’artista trasformista (Victor Victoria) capace di sovvertire l’immagine virginale che le era stata cucita addosso (il sulfureo S.O.B.). Per questo Alberto Barbera ha sottolineato che il Leone d’Oro è “il riconoscimento doveroso di una carriera straordinaria che ha saputo ammirevolmente conciliare il successo popolare e le ambizioni artistiche senza mai scendere a facili compromessi”.

L’altro premiato è il regista spagnolo Pedro Almodóvar, tornato quest’anno al suo cinema migliore con l’autobiografico Dolor Y Gloria. “Almodóvar – ha dichiarato Barbera – è stato capace di offrire della Spagna post-franchista il ritratto più articolato, controverso e provocatorio. I temi della trasgressione, del desiderio e dell’identità sono il terreno d’elezione dei suoi lavori, intrisi di corrosivo umorismo e ammantati di uno splendore visivo che conferisce inediti bagliori all’estetica camp e della pop-art a cui si rifà esplicitamente”. “Sono molto emozionato e onorato – ha commentato Almodóvar – per il regalo di questo Leone d’oro. Diventerà la mia mascotte, insieme ai due gatti con cui vivo”.

La madrina di Venezia 2019

Dopo il biennio dei padrini Alessandro Borghi e Michele Riondino si torna a un volto femminile. A condurre le serate di apertura e chiusura di Venezia 2019 sarà Alessandra Mastronardi, attrice di cinema e tv dalla carriera internazionale: è stata nel 2011 nel film di Woody Allen, To Rome With Love, poi nella seconda stagione della serie di Netflix Master Of None, che le ha fruttato una candidatura ai Critics Choice Awards 2018. In Italia, più recentemente, è stata ne L’Allieva 2 e I Medici 2 (tornerà nel nuovo ciclo di episodi in onda in autunno).

Giurie di Venezia 2019 e questione femminile

Le quote rosa, non rispettate nella selezione dei film, sembrano invece esserlo nella formazione delle giurie. Quella del concorso ha una presidentessa, la regista argentina Lucrecia Martel (La Ciénaga, Zama), appena insignita del premio Robert Bresson e capace di rifiutare la proposta di dirigere Black Widow perché la Marvel non voleva farle girare le scene d’azione. Donne sono l’attrice britannica Stacy Martin e la regista canadese indipendente Mary Harron. Accanto a loro lo storico del cinema canadese Piers Handling, il direttore della fotografia messicano Rodrigo Prieto, il regista giappponese Tsukamoto Shinya e Paolo Virzì in quota italiana.

Anche la giura di Orizzonti ha una presidentessa, l’italiana Susanna Nicchiarelli, già vincitrice della sezione nel 2017 con Nico. Accanto a lei il direttore artistico Mark Adams, i registi Rachid Bouchareb e Álvaro Brechner, il direttore artistico Eva Sangiorgi. Il Premio Venezia Opera Prima “Luigi De Laurentiis” sarà assegnato al miglior esordio tra i film della selezione ufficiale dalla giuria presieduta dal regista Emir Kusturica, affiancato dai registi Antonietta De Lillo e Terence Nance, l’attrice Hend Sabry e il produttore Michael J. Werner. La giuria del Venice Virtual Reality è composta dalla presidentessa Laurie Anderson, il fotografo Francesco Carrozzini, il designer Alysha Naples. La giuria di Venezia Classici è presieduta dalla regista Costanza Quatriglio.

Arrivano i divi

Il red carpet è uno dei momenti più attesi dei festival del cinema. E il Lido di Venezia non delude. Ecco le star femminili: nel concorso Catherine Deneuve e Juliette Binoche per Kore-eda, Scarlett Johansson in Marriage Story, Meryl Streep in The Laundromat, Penélope Cruz (ufficialmente senza Javier Bardem) per Wasp Network, Emmanuel Seigner moglie e protagonista di J’Accuse di Polanski. Fuori concorso Kristen Stewart, con il biografico Seberg, sulla diva statunitense morta suicida; Monica Bellucci, che torna per la nuova versione rimontata del film scandalo Irréversible di Gaspar Noè; la giovane Lili-Rose Depp (figlia di Johnny, c’è anche lui), al Lido per The King, rielaborazione di David Michôd dei drammi shakespereani Enrico IV ed Enrico V.

Kristen Stewart alla Mostra di Venezia del 2015

Sezione uomini del concorso molto affollata: Joaquin Phoenix-Joker e il coprotagonista Robert De Niro; il Brad Pitt di Ad Astra, insieme a Tommy Lee Jones, Johnny Depp colonnello in Waiting for the Barbarians (assente la co-star Robert Pattinson), Antonio Banderas e Gary Oldman in The Laundromat, Ethan Hawke in The Truth, Jean Dujardin e Louis Garrel (con la compagna Letitia Casta?) in J’Accuse, Adam Driver in Marriage Story. Brividi anche fuori concorso: Jude Law-Papa per Sorrentino, Vincent Cassel per Irréversible (con l’ex moglie Bellucci), Timothée Chalamet e Joel Edgerton con The King. Dulcis in fundo le rockstar: Mick Jagger mefistofelico mercante d’arte di The Burnt Orange Heresy e Roger Waters, l’ex Pink Floyd che presenta Us+Them, documentario che racconta il suo ultimo tour mondiale.

Jude Law e Paolo Sorrentino alla Mostra del 2016, quest’anno ritornano con The New Pope

Naturamente poi di sono i due Leoni d’Oro alla carriera, Andrews e Almodóvar, tutti i registi in concorso e non, Sorrentino e Sollima compresi. E la folta truppa degli italiani: Toni Servillo, Valeria Golino, Claudio Santamaria, Luca Marinelli, Micaela Ramazzotti, Valeria Bruni Tedeschi, Adriano Giannini, Elio Germano, Silvio Orlando, Alessandro Gassmann, Diego Abatantuono, Isabella Ragonese, Chiara Ferragni.

Per finire, uni’cona di stile senza tempo, Paul Newman alla Mostra di Venezia del 1963