Best Comedy Emmy 2019, su quali titoli puntiamo in vista delle nomination alla miglior serie comedy

Potremmo parlare di semplici pronostici, e invece no. Qui elenchiamo le sette serie che noi sogniamo ottengano una nomination.

Best Comedy Emmy 2019, Fleabag tra i possibili candidati

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Le nomination agli Emmy 2019 si faranno attendere ancora per un mese – fino al 16 luglio, precisamente –, ma le previsioni sono all’ordine del giorno da settimane. È dura ricordare molte annate più combattute di questa, tuttavia abbiamo deciso di non limitarci ai semplici pronostici e di mettere il cuore prima della mente. Iniziamo oggi con una lista di titoli che sogniamo riescano a ottenere una nomination nella categoria Best Comedy agli Emmy 2019.

Veep (HBO)

Non serve sognare per credere che Veep sia in testa per il titolo di Best Comedy agli Emmy 2019. La serie creata da Armando Iannucci e diretta nelle sue ultime stagioni da David Mandel è stata infatti nominata per sei anni di fila, dal 2012 al 2017, ed è pressoché certo che ottenga una nuova nomination per la sua settima e ultima stagione.

Perché vogliamo che sia nominata: 184 nomination e 60 vittorie in sei anni sono una motivazione sufficiente? Sicuramente sì, e la dice lunga sulla qualità complessiva della serie.

Veep è uno splendido esempio di satira politica portata all’estremo, nonché una forma riuscitissima di mockumentary. La tecnica del finto documentario è davvero un mezzo ideale per osservare da vicino – studiare, quasi – la mostruosità delle macchinazioni politiche e dei giochi di potere, così come la viltà di chi ne prende parte per il proprio tornaconto.

L’asso nella manica di Veep rimane comunque il cast, un ensemble che dà corpo alle aspirazioni della serie in modo egregio. E che come se non bastasse rende ancora più straordinario il lavoro di Julia Louis-Dreyfus, la Selina Meyer che da sette anni odiamo amare (o amiamo odiare?).

The Marvelous Mrs Maisel (Amazon)

Non ci fosse The Marvelous Mrs Maisel, Veep vincerebbe senza alcuna difficoltà. E invece la serie creata da Amy Sherman-Palladino c’è eccome e proprio l’anno scorso è riuscita a ottenere l’Emmy per la miglior serie comedy.

La storia di Midge Maisel e del suo ingresso dirompente nel mondo della stand-up comedy americana degli anni ’50 ha conquistato la giuria in qualsiasi categoria fosse candidata. Certo, l’assenza di Veep ha aiutato, ma non c’è dubbio che questa serie originale Prime Video abbia i suoi meriti.

Perché vogliamo che sia nominata: costumi elaborati e fedeli alla moda del tempo, coreografie minuziose, una fotografia e una regia da lasciare a bocca aperta e un cast eccezionale sono il marchio di fabbrica di The Marvelous Mrs Maisel e le ragioni per cui ce ne siamo innamorati al primo sguardo.

Non sarà facile proteggere il titolo conquistato lo scorso anno, ma l’intesa irresistibile di Rachel Brosnahan con Alex Borstein (Susie) e Tony Shalhoub (Abe) mette The Marvelous Mrs Maisel in posizione di vantaggio rispetto alla maggior parte degli altri possibili candidati.

Russian Doll (Netflix)

Proprio pochi giorni fa abbiamo riflettuto su come Russian Doll rimanga una delle migliori serie comedy del 2019. E non siamo gli unici a pensarlo, perché la serie co-creata da Natasha Lyonne, Amy Poehler e Leslye Headland per Netflix ha subito riscosso un enorme successo di critica e pubblico.

La storia delle inspiegabili morti e resurrezioni della protagonista Nadia pongono la serie a metà strada fra il drama e la comedy, ma la piattaforma ha optato per la promozione in questo secondo ambito.

A ben guardare si tratta di una decisione inevitabile, più che di una scelta azzeccata. La componente drammatica di Russian Doll, per quanto ben visibile, è infatti collocata all’interno di un più ampio impianto comedy. Dark comedy, per l’esattezza.

Perché vogliamo che sia nominata: è davvero complicato immaginare uno scenario che non contempli la nomination di Russian Doll tra le Best Comedy agli Emmy 2019. I suoi meccanismi narrativi sono così equilibrati, l’intreccio sviluppato così piacevolmente che non ci sembra possibile bypassare la serie a favore di qualcosa di già visto e sentito.

E poi c’è Natasha Lyonne, che in Nadia trova un alter ego inevitabile, calzante almeno quanto il ruolo di Nicky Nichols in Orange is the New Black. L’attrice riesce a far proprie con disarmante efficacia queste donne complesse, segnate dal trauma e dal dolore, nichiliste e oscuramente comiche. Più di quanto riescano a farlo parecchie colleghe da alcuni anni a questa parte.

Barry (HBO)

Barry ci regala così tanto che una nomination per la Best Comedy agli Emmy 2019 sembra persino troppo poco. Lo scorso anno la serie di Alec Berg e Bill Hader ha esordito col botto, raccontandoci la storia di un killer freelance e della sua passione per la recitazione con un mix senza pari di azione e irresistibile black humour. E quest’anno ha fatto lo stesso, anzi di più, espandendosi in nuove direzioni fra dramma e sovrannaturale.

Non ha mai voluto soltanto divertirci, Barry, e lo ha dimostrato una volta di più nella seconda stagione. Fra gli omicidi, la malavita, l’egocentrismo abbiamo scorto il trauma, il desiderio di ricominciare, il contrasto tra i propri desideri e le aspettative altrui, la morte, i legami familiari non convenzionali. La prospettiva della serie non è mai stata puramente comica, quanto piuttosto umoristica.

Perché vogliamo che sia nominata: innanzitutto perché non sono tante le serie che sanno muoversi con una tale agilità fra la comicità pura, la tensione tipica dei thriller e l’intensità emotiva dei drama. E poi perché è sfuggita al destino delle seconde stagioni, quel calo fisiologico di cui molti titoli soffrono dopo una partenza a razzo.

Contro ogni previsione Barry ha saputo mantenere ciò che l’ha resa speciale e al contempo aprirsi alla possibilità di sperimentare soluzioni nuove. Lo abbiamo visto sia nello sviluppo del suo nucleo duro di personaggi sia nell’arrivo di nuove (dis)avventure per questi stessi antieroi.

Nonostante la concorrenza più che agguerrita, siamo convinti che Barry otterrà le stesse nomination dello scorso anno, ossia Best Comedy, Outstanding Lead Actor e Outstanding Supporting Actor. Nelle ultime due categorie hanno conquistato il premio proprio Bill Hader e la sua eccezionale spalla, Henry Winkler nei panni di Gene Couisenau.

In un mondo ideale otterrebbe la nomination anche Anthony Carrigan, il NoHo Hank della serie, sgangherato mafioso ceceno dalla forza comica potentissima. Il nostro cuore batte per lui.

Fleabag (Amazon)

Forse Fleabag non riuscirà ad avere la meglio sulle astruse dinamiche che regolano le nomination agli Emmy, e al solo pensiero vorremo urlare vendetta. Alla seconda stagione del capolavoro di Phoebe Waller-Bridge assegneremmo d’ufficio ogni premio possibile, ma è probabile che i diritti di precedenza di altre produzioni finiscano per scalzarla.

Quest’anno la trentenne più irriverente della tv ci ha spezzato il cuore con una storia d’amore impossibile e la consapevolezza di differenze inconciliabili, per poi ricucirlo con la coscienza dolceamara della sopravvivenza. Lo aveva già fatto nella prima stagione e ha concluso il suo breve, intensissimo percorso con sei episodi di rara bellezza e di cui sentiamo già la mancanza.

Perché la Fleabag-personaggio, in fondo, non è mai stata una millennial posh in visita da chissà quale universo. Dal primo sguardo all’ultimo saluto è stata qualcosa che ha vissuto in noi, il disastro che siamo o avremmo potuto essere, il caos che abbiamo creato o che ci siamo appena lasciati alle spalle.

Perché vogliamo che sia nominata: per tre motivi. Uno, perché è un esempio eccellente di scrittura e interpretazione. Due, perché ha portato sullo schermo una storia compiuta, ricca e intensa con 12 episodi da 30 minuti ciascuno, senza inutili allungamenti. Tre, perché Phoebe Waller-Bridge è un talento senza pari sulla scena attuale, un’artista con un punto di vista fresco, sfrontato e personalissimo sulla vita e le relazioni.

Se non fossero sufficienti, ecco altri due nomi: Andrew Scott e Olivia Colman. Il primo è l’intenso, anticonvenzionale, irresistibile hot priest. La seconda è l’insopportabile, calcolatrice, ambigua godmother. Più che semplici personaggi secondari, due perni della storia e simboli universali di presenze che ognuno di noi può ritrovare in qualche modo nella propria vita.

Kidding (Showtime)

Parlare di Kidding come possibile candidata agli Emmy significa andare oltre i pronostici, persino oltre il tifo da stadio, per ritrovarsi nella pura fantascienza. Per motivi incomprensibili il gioiello creato da Dave Holstein e prodotto da Michel Gondry e Jim Carrey è rimasto infatti una serie per pochi, qualcosa che in futuro si ricorderà più come una leggenda che come un fatto reale.

Eppure ce ne sarebbero di lodi da tessere. La storia, dolorosissima eppure tenera e commovente, è quella di Jeff Pickles, amatissimo presentatore di un programma tv per bambini, che alla morte di uno dei due figli deve fare i conti con una sofferenza paralizzante e rimettere in discussione ogni cosa.

Come la maggior parte dei contendenti di quest’anno, anche Kidding occupa la zona grigia delle dramedy, solo che la componente tragica è più pungente e pura, meno stemperata nella comicità.

Perché vogliamo che sia nominata: perché ci piace immaginare una competizione in cui la qualità prevalga su qualsiasi altra variabile. Kidding è scritta, diretta e interpretata magistralmente e sarebbe il minimo riconoscerne il valore con una nomination agli Emmy.

La presenza e l’intepretazione di Jim Carrey sono l’altra grande meraviglia della serie. Chi è abituato a conoscere il volto chapstick di un attore comico tende a sorprendersi davanti a qualsiasi deviazione dalla norma. Eppure non è la prima volta che Jim Carrey dimostra di essere un artista multisfaccettato, particolarmente abile nel rendere la variabilità delle emozioni umane.

In Kidding la sua forza è la nostra forza, la sua debolezza la nostra debolezza. Siamo partecipi del suo dolore profondo e respiriamo di sollievo quando la vita sembra concedergli un attimo di tregua. Sembra esserci molto di Jim Carrey in Jeff Pickles, e della sua grandezza saremo certi qualsiasi sia il verdetto della giuria degli Emmy.

Broad City (Comedy Central)

Il nostro dream team di potenziali Best Comedy agli Emmy 2019 si conclude con Broad City, sitcom creata da Abbi Jacobson e Ilana Glazer e prodotta dalla Paper Kite di Amy Poehler. Più di ogni altro, questo è l’esempio del nostro approccio più sentimentale e meno razionale alla lista. Broad City, infatti, è stata tutto fuorché un clamoroso successo tra il pubblico.

Le premesse della serie sono semplici e tutt’altro che innovative: Abbi e Ilana sono due venticinquenni squattrinate che provano a sopravvivere giorno per giorno nel caos metropolitano di New York. Difficile trovare una vera morale della storia o riscontrare un clamoroso percorso di crescita interiore in uno qualsiasi dei personaggi, eppure la serie funziona benissimo.

I suoi punti di forza sono il rapporto simbiotico – anche nella vita reale – tra Abbi e Ilana, l’assurdità delle situazioni in cui si vengono a trovare più e più volte al giorno, la comicità oggettivamente stramba della serie nel suo complesso. Mescolando tutti questi elementi ci ritroviamo una serie per certi versi femminista, sfrontata e tanto, tanto divertente.

Perché vogliamo che sia nominata: perché poche serie sono riuscite meglio di Broad City a rimanere attuali e rilevanti dal primo all’ultimo episodio. Pur nel quadro del suo umorismo assurdo, la serie è riuscita ad affrontare tutte le piccole grandi gioie e preoccupazioni della vita dei millennial.

La difficoltà di trovare – e tenersi – un lavoro, di convivere, di affrontare relazioni lavorative e amorose in cui si cercano cose diverse, di accettare o eventualmente cambiare l’immagine che si ha di sé trovano in Broad City uno spazio e una legittimità che serie come Girls non sono mai riuscite a garantire.

Scegliere questi sette titoli non è stato semplice. Sono rimaste fuori ottime produzioni come The Good Place, Glow, Forever, Unbreakable Kimmy Schmidt e Grace and Frankie, ad esempio. Ma abbiamo solo ascoltato il cuore e pensato che quelle sette serie meritassero giusto un pizzico più delle altre la nomination per Best Comedy agli Emmy 2019.

Se dovessimo limitarci ad annusare il terreno ci ritroveremmo con una lista alquanto diversa, che includerebbe probabilmente Veep, The Marvelous Mrs Maisel, The Kominsky Method, Barry, Glow, Russian Doll e The Good Place.

Aspettiamo il 16 luglio con fiducia. Se le cose dovessero mettersi male ci consoleremo ripensando a tutte le grandi serie snobbate dai critici e rimaste comunque nel cuore degli appassionati.