La terra sotto i piedi di Daniele Silvestri è il disco di cui l’Italia ha bisogno, tra contestazione e ironia (recensione)

Il cantautore romano ci protegge dall'odio dilagante che è diventato tipico di questo Paese, e ci dona un po' di bellezza.

La Terra sotto i Piedi

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Ben venga il nuovo cantautorato e ben vengano gli artigiani della musica, e ben venga “La terra sotto i piedi” di Daniele Silvestri, più che mai. Un disco appena sfornato ma che era già scritto nelle coscienze, che tuttavia non trovavano le parole giuste. Il cantautore romano le ha trovate e ora sono tutte nostre. Sì, avevamo bisogno di questo disco, perché non se ne può più: siamo immersi nell’odio e nelle sfide, viviamo un Paese non più diviso come la storia insegna, ma belligerante. La peggiore arma di cui disponiamo è la parola, e da circa dieci anni ne abbiamo affilato le lame. Non ci confrontiamo, non dialoghiamo: attacchiamo, denigriamo e odiamo. I cantautori esistono per questo, e con il loro singolare modo di fare poesia dimostrano che esistono ancora parole d’amore anche quando si dissente da una realtà.

“La terra sotto i piedi” di Daniele Silvestri arriva a tre anni di distanza da “Acrobati” (2016) ed è stato anticipato in tre tempi: “Dance pack”, “Rap pack” e “Love pack”, tre uscite tematiche in 45 giri per indirizzare i fan all’album che sarebbe arrivato. Il disco, infatti, è un prontuario assortito nei temi affrontati e nei generi selezionati. All’ironia tagliente di Tempi modesti Complimenti ignoranti si affianca la serietà nervosa della sanremese Argentovivo, ma troviamo malinconia e profondità in ConcimeQualcosa cambia.

“La terra sotto i piedi” è anche il disco delle presenze eccellenti, da Manuel AgnelliRancore in Argentovivo al batterista Fabio Rondanini degli Afterhours e dei Calibro35 – che abbiamo visto partecipare al progetto “I hate my village” con Adriano Viterbini dei Bud Spencer Blues Explosion, Alberto Ferrari dei Verdena e Marco Fasolo dei Jennifer Gentle – ma anche Niccolò Fabi che ha suonato la chitarra in Rame, nella quale troviamo anche il sax di James Senese.

Eccellente, ancora, la presenza del violino di Rodrigo D’Erasmo. Il risultato è un disco che i giovani definirebbero “pieno di roba”, ma che noi vetusti definiamo “completo”, ricco di contenuti e curatissimo nei dettagli. Un album, in sostanza, che si propone in un Paese fondamentalmente in pericolo emozionale e che suona ad alta voce.

Si inizia bene, forse anche molto bene, con l’accordo di settima+ che apre Qualcosa cambia. Il sintetizzatore ci fa spalancare i timpani, poi arriva il beat elettronico. L’inquietudine è quella di One hundred years dei Cure, ma il pad continuo e i delay sulla voce ci tengono calmi. Daniele ci spiega quanto sia importante restare uniti: «Ritorneranno, come è logico, gli ostacoli. Saranno altissimi, inamovibili, e invece questo è il bello: gli andremo incontro e cresceremo, scavalcandoli». Argentovivo è sempre quel pugno allo stomaco, un rap amaro che racconta l’adolescenza vissuta dai diretti interessati. Le liriche di Manuel Agnelli sono l’evanescenza operistica che rende Argentovivo un manifesto della paura, la stessa che emerge dal flow di Rancore, dal mood apparentemente rabbioso ma, fondamentalmente, spaventato.

La cosa giusta racconta l’amore tossico, quello che lascia i lividi. Lo fa con un arrangiamento pop e leggero, nessun dramma inoculato dai suoni e nessuna scelta che non renda più leggero un tema così delicato e brutale, ma la serotonina incontra un picco notevole con Complimenti ignoranti, audace dance-rock che dissa contro i fan che diventano haters assillanti sui social network, che scrivono ossessivamente ai loro idoli senza rendersi conto che un commento su Facebook non è sempre degno di risposta: «Ti è mai venuto in mente che a forza di gridare (hai più di 50 anni) dovresti riposare? Invece ancora col megafono, ma che malinconia! Meglio puntare all’anima… de li mortacci tua». Ai sintetizzatori e al groove sparato all’ennesima potenza si aggiunge il vocoder che riprende, sul finale, le liriche del ritornello.

Entriamo in sala prove con Daniele per Tutti matti, di cui il cantautore offre un inserto “raw” con i primi secondi registrati durante le prove in studio. Siamo di fronte a una dolcissima canzone d’amore, dove il più tormentato dei sentimenti è indirizzato a una lei che si distingue dal mondo folle della gente distratta, che passa le ore sugli smartphone. Lei, invece, è diversa: «Il suono di te che ridi non entra in nessuna foto», e ancora: «Nemmeno un popolo vigliacco come questo, di cui faccio parte anche io, doveva consegnarti un mondo così brutto, amore mio». L’arrangiamento ha lo stesso brio di Close to me dei Cure (ancora loro? Sì, ancora loro) e lo stesso romanticismo de Il mondo nuovo di Neffa, ma anche tutta la passione vera e sincera che è propria di Daniele Silvestri, come accade in Concime, una riflessione malinconica sul tempo che passa inesorabile.

Concime è una ballata in 6/8 nel nome crepuscolare della rassegnazione, ma anche del coraggio. Un arpeggio con note fuori scala introduce il brano, accogliendo un cantato saggio e intenso. Siamo di fronte a un crescendo spirituale, grazie all’apporto degli archi e del ritmo sostenuto di percussioni e muting, e la maturità artistica di Daniele Silvestri, in Concime, è in una delle manifestazioni più alte. Scusate se non piango è il digestivo necessario dopo tante elucubrazioni: lui è innamorato e tutte le proteste sociali, le occupazioni e i picchetti non catturano la sua attenzione dal momento che il suo cuore batte altrove. Allegra e spensierata, Scusate se non piango è stata lanciata il 3 maggio, in corrispondenza dell’uscita del disco, con un video nel quale troviamo Valerio MastandreaGiorgio TestiMaya Sansa e tanti altri.

Deve essere chiaro che ne “La terra sotto i piedi” di Daniele Silvestri è più che manifestato l’amore del cantautore romano per gli accordi di settima+, e Prima che è una delle espressioni più riuscite insieme alla già citata Qualcosa cambia. Il pop è un concetto nobile, e questo brano è il sangue blu di tutto il disco. Daniele disegna quel tormento che arriva alla fine di ogni relazione. Lo fa con chitarre acustiche e riverberi, lo fa con la presa in carico di ogni responsabilità e lo fa guardandoci negli occhi: abbiamo avvertito tutti, almeno una volta nella vita, quel vuoto ineluttabile.

Blitz gerontoiatrico, in termini musicali, parte come una ballad ma scopriamo un testo che spara a zero contro la trap, i suoi followers, quei finti influencer che altro non sono che una realtà fin troppo fortunata e tutto il mondo giovanile più scontato e autoreferenziale. Ci va giù pesante, Daniele, dall’alto: «Ci tieni ad informarmi che ti dopi, che la ganja te la fumi in tutti laghi, in tutti i luoghi e in tutti i modi, che la sbuffi anche facendo colazione. Lo ripeti in ogni riga, in ogni verso di ogni singola canzone. L’ho capito, mi ci hai sfinito». Quelli di Daniele non sono i versi di un vecchio che non tollera la gioventù, bensì sono gli occhi di un uomo maturo che non vede una ricerca di maturità tra le persone immature, troppo confinate nel proprio ruolo di cacciatori di dissing e follower, ma fondamentalmente senza contenuti.

Daniele sa essere poetico e ispirato anche quando parla di sport, e questo accade ne La vita splendida del capitano, una dedica appassionata a Francesco Totti, storico Capitano della Roma. 6/8 acustici nei quali chitarra e pianoforte inventano un tappeto musicale morbido e intenso, fino a quando il sax di James Senese non ci fa chiudere gli occhi per questa ninna nanna. Un synth apre le danze di Rame, brano soft e intimista. Il “rame” è la materia degli spiccioli, una metafora sulle cose che in una relazione andrebbero messe via per salvare il vero tesoro che unisce due persone. Niccolò Fabi arpeggia sull’acustica, poi troviamo di nuovo il sax di James Senese, ed è subito sensualità emozionaleTempi modesti è l’atomica contro gli usi e i costumi degli “addicted” di oggi, quelli che vivono di username e password, di quell’egocentrismo social che fa perdere il buonsenso. Groove e basso distorto – ci piace pensare che quel “fuzz” sul basso sia l’effetto del Triangle di casa TanTan o il Petra di effettidiclara – disegnano l’atto II di Complimenti ignoranti, e le invettive di Daniele Silvestri non sono mai scontate.

L’ultimo desiderio è oscura, triste e misteriosa, e vi troviamo le parole di chi è consapevole che qualcosa sta finendo. Alla persona più cara, dunque, chiede di promettere che qualcosa resterà, almeno nell’aria. Suoni fiabeschi e spazzole sulle pelli vibrano come lucciole sulle nostre teste. Il principe di fango (solo un lieto finechiude il disco, ed è il momento dei fazzolettini. Una dedica d’amore, forse, o una lettera alla madre, o ancora meglio una fiaba nata per diventare una canzone meravigliosa. Il destinatario della ballata ha i capelli segnati dal tempo e un vuoto nel petto, dentro il quale Daniele promette di tuffarsi, e noi con lui.

L’instore tour con firmacopie è partito il 3 maggio da Roma, mentre il tour nei palasport partirà il 25 ottobre, sempre dalla Capitale. L’unica data estiva del cantautore romano è prevista per il 5 luglio al Collisioni Festival di Barolo (Cuneo).

Quando parliamo de “La terra sotto i piedi” di Daniele Silvestri parliamo di musica d’autore e sì, lo ribadiamo: ne abbiamo bisogno, perché la musica d’autore è bellezza, genuinità, rifugio spirituale. Con questo disco ci tappiamo le orecchie dal rumore assordante dell’Italia di oggi e ci concentriamo solo sulle parole di Daniele, che ci offre un mondo ancora possibile, una musica ancora viva e un pensiero ancora sano. “La terra sotto i piedi” di Daniele Silvestri arriva al momento giusto con 14 brani altrettanto giusti.