Non voglio prendermi meriti che non sono miei, o non sono necessariamente miei. Anni fa, quando avevo da poco ripreso a scrivere di musica con una certa regolarità, nello specifico per Il Fatto Quotidiano, uno dei primi articoli che ho scritto, forte di una certa popolarità che lo scrivere con una certa veemenza misto all’arrivo dei social mi aveva concessa, era stata una lettera aperta a Sara Mazo, storica voce degli Scisma. Una lettera aperta nella quale dichiaravo il mio amore, ovviamente artistico, per la cantante di Rosemary Plexiglas e L’equilibrio, invocando un suo ritorno sulle scene, possibilmente proprio al fianco di Paolo Benvegnù e il resto della band bresciana. Un modo per tributare pubblicamente stima a una grande artista che nel mentre si era dedicata ad altro, e al tempo stesso, tentar non nuoce, un tentativo estremo di veder realizzato un miracolo. Conoscevo personalmente Sara, la conosco ovviamente tutt’ora, e avrei serenamente potuto farle questa richiesta a voce, al telefono, ma vuoi mettere l’impatto di una lettera aperta, specie se forte di una certa rilevanza in termini di lettori e di hype?
Nei fatti, non voglio prendermi meriti che non sono miei, anche se nel dirlo, così, en passant, in qualche modo me li vado a prendere, leggenda vuole che leggendo quelle mie parole Paolo e Sara si siano ritrovati dopo un po’ di tempo a parlare dei bei tempi andati, e da lì a ritornare in studio, frutto di quel ritorno l’EP Mr Newman, uscito circa un anno dopo per Woodworm, e anche live, una manciata di date in giro per l’Italia, io presente in quella di Brescia, alla Latteria Monloy, e dove se no?, è stato davvero breve. Dopo, era scritto nel destino, Paolo ha ripreso la sua carriera solista, fatta di pezzi pregiati e preziosi, Sara ha ripreso il suo lavoro, credo la cosa più distante dall’idea di rock ‘n’ roll che uno potrebbe farsi venire in mente, tornando credo una sola altra volta a incidere, un duetto con le Bikinirama, Una per una, brano destinato a finire nel dimenticatoio, come la band fittizia in questione, io autore e ideatore del tutto.
Tutto questo per dire che sì, è vero, a volte i miracoli succedono, quello che sembrerebbe impensabile, il rimettersi insieme di cocci che sembravano rotti per sempre o quantomeno talmente distanti da non potersi ricongiungere, accade e il tutto scaturisce in qualcosa di molto bello, assolutamente da non perdersi. E nel dirlo, lo confesso, anche un po’ per vantarsi, sapete che sono una brutta persona.
Ma non è di Sara Mazo e degli Scisma che vi parlerò oggi. Certo, l’ho appena fatto, e un ulteriore reunion, o anche un semplice ritorno come solista sarebbe davvero una bella cosa, ma non è di questo che vi parlerò, ripeto, non stavolta, almeno.
Parlerò di miracoli.
I miracoli succedono, partiamo da qui, i miracoli succedono ma a volte per vederli realizzare tocca chiederli a gran voce, anche alzando un pochino la voce, a rischio di risultare arrogante o inopportuno.
Un passo indietro. Non così indietro come settembre 2014, quando cioè ho scritto la lettera aperta di cui vi ho parlato poco fa, diciamo indietro di qualche mese, a San Valentino 2021, il 14 febbraio. Nel giorno convenzionalmente riservato a festeggiare gli innamorati, o destinato a che gli innamorati festeggino tra loro, ho dedicato le mie pagine del diario pandemico, qui, a parlare di sesso (qui ne trovate prova provata, https://www.optimagazine.com/2021/02/14/oggi-e-san-valentino-regalatevi-sexophilia-di-serena-ganci-e-simona-norato/2070864). A indurmi a questo passo, parlare di turbamento a partire da una canzone, certo, e l’arte dovrebbe sempre turbare, ma soprattutto a partire da chi quella canzone l’ha scritta, l’ha incisa e l’ha interpretata, facendo chiaro riferimento a un passato remoto, una decina d’anni prima, il 2011, e via via, fino a quel 2014 che per altro, ma le due cose non sono in relazione tra loro, mi ha visto riprendere a scrivere di musica, compresa la lettera aperta a Sara Mazo degli Scisma, il fatto che appunto fosse appena uscita, fuori dai circuiti mainstream, ovviamente, una canzone che turbava, il sesso in primo piano, per bocca e mani e altro di due artiste che in passato erano state una band che avevo molto amato e che stavolta si ripresentavano in duo, coi rispettivi nomi, senza lasciare però intravedere un futuro diverso dalle parti dell’orizzonte. In quell’occasione, leggete e prendetene tutti. Nello scrivere di Sexophilia, la canzone e la mostra che alla canzone donava il titolo (e viceversa), brano conturbante di quelle due splendide artiste che rispondono al nome di Serena Ganci e Simona Norato, raccontavo di come la loro band, le Iotatola, letteralmente “Io da sola” come lo avrebbe detto una bambina di quattro anni, a vedere come erano da adulte direi decisamente una bambina ribelle, mi avevano stregato ai tempi del loro esordio, l’album Divento viola un must mentre io mi accingevo a compilare e accompagnare il progetto Anatomia Femminile, prima antologia di cantautrici italiane dedicata al corpo della donna, album quello nato dopo la vittoria di Serena a Musicultura 2010, col brano Addio, al suo fianco, ancora non Iotatola, Simona Norato, come lei palermitana ma con tutto un altro background alle spalle, Serena jazzista migrata a Parigi, Simona polisturmentista underground, una laurea in medicina a prendere polvere da qualche parte, a seguire Io Da sola, profetico titolo che avrebbe visto di lì a poco, siamo nel 2014, Serena proseguire in solitaria quel progetto, Simona impegnata in una carriera solista alternata a collaborazioni importanti, dopo Dimartino è stata la volta di Cesare Basile e ora di Iosonouncane. Di più, nello scrivere di Sexophilia, brano conturbante di quelle due splendide artiste che rispondono al nome di Serena Ganci e Simona Norato, raccontavo anche di come proprio un video che Simona mi aveva mandato dal mio Conero, un brano live registrato al volo durante il soundcheck di un concerto di Basile, mi aveva ispirato per dar vita al Festivalino di Anatomia Femminile, andando in qualche modo a chiudere un cerchio, le Iotatola non avevano preso parte a Anatomia Femminile, e in qualche modo, pur Simona non prendendo mai parte al Festivalino, Serena sì, avevano contribuito a quel progetto tutto dedicato al cantautorato femminile, capace di vivere di vita propria, altra da me. Quello che non ho detto esplicitamente, perché mi sembra, questo sì, estremamente inopportuno, l’auspicare un ritorno sulle scene delle Iotatola. O meglio, l’ho detto, facendo finta di non dirlo, esattamente come sopra mi sono vantato dell’aver ispirato reunion degli Scisma dicendo che non era merito mio. Ho infatti detto che speravo in nuove canzoni di Serena e Simona, anche se vedevo davvero dura ipotizzare ne tornassero a fare sotto quel marchio lì, quello delle Iotatola, band, perché di band si trattava, a tutti gli effetti, altro che duo, capace di coniugare leggerezza e cultura, alto e basso, ironia tagliente e naivete, erotismo, perché sentitele quelle voci e poi ne parliamo, e poesia, femminilità buttata in faccia a quattro mani e spirito infantile, Frank Zappa e Sophie Marceau, per dirla con due nomi, magari detti anche un po’ a cazzo di cane, lo so, ma fanno effetto letti uno dietro l’altro, lo so. Del resto, io le Iotatola non le avevo potute avere nel mio progetto, pur amandole alla follia di quell’amore vero, fisico e mentale, con il quale si amano gli artisti e le loro opere, e nel tempo ho avuto modo di conoscerle, molto più Serena che Simona, ma non le ho mai viste dal vivo, come non avevo mai visto dal vivo gli Scisma, pur conoscendoli dai tempi in cui erano stati la prima band underground a firmare con una major, parliamo della fine dei Novanta, sperare in una reunion per poterle finalmente vedere insieme su un palco non mi sembrava niente di così disdicevole. Anzi, credo fosse non solo naturale farlo, così, tra le righe, ma addirittura necessario, e non parlo per puro egoismo, anche, ma per quello spirito divulgativo che muove tutto quel che scrivo, che il mondo sappia della loro genialità e bravura.
Nei fatti, come era successo per gli Scisma, nessuno mi è parso aver cagato più di tanto il mio invito, in questo caso decisamente tenuto sottotraccia.
Nei mesi successivi ho conosciuto Serena, di persona, venuta a Milano per prendere parte alla manifestazione Il tempo delle donne, in Triennale, per altro permettendomi di constatare come il conoscersi di persona non sia affatto diverso dal conoscersi con gli strumenti che la contemporaneità ci rende quotidiani, io Serena la conoscevo benissimo anche prima di poterla abbracciare di persona, e viceversa, non è certo la distanza che copre la tratta Milano-Palermo a rendere una amicizia meno amicizia, Simona la avevo conosciuta prima della pandemia, a portare la sua splendida musica a Campo Teatrale, a pochi passi da casa mia, un concerto incredibile cui ho assistito con mia figlia Lucia, Simona raro caso di artista in grado di metterci d’accordo.
Nei mesi successivi ho continuato a ascoltare le bellissime canzoni che compongono la tracklist del suo prossimo album, Non ti amerò per sempre, lavoro strepitoso giunto dopo tanti lavori fatti a teatro e al cinema con la regista Emma Dante, come il pluripremiato Le sorelle Macaluso, lavoro di cui ho scritto qui https://www.optimagazine.com/2021/02/14/oggi-e-san-valentino-regalatevi-sexophilia-di-serena-ganci-e-simona-norato/2070864, amici discografici, ripeto, se non inseguite strisciando sulle ginocchia una artista come Serena implorandola di firmare un contratto con voi, per pubblicare il suo album, temo, siete morti da tempo e io che parlo con voi altri non sono che un clone del bambino che parla con Bruce Willis nel Sesto senso (sì, amici, Bruce Willis era un morto, in quel film, dopo ventidue anni mi perdonerete lo spoiler). Nei mesi successivi ho continuato in cuor mio a sperare nel miracolo, perché da cosa nasce cosa, mi sono detto, pur non sapendo esattamente perché la band si era sciolta immaginavo qualcosa legato a scazzi personali, e se da cosa nasce cosa, mi sono detto, vuoi vedere che prima o poi le due tornano a farci un pensierino?, in fondo Sexophilia, brano che ribadisco a distanza di quasi un anno io avrei intitolato Figa meccanica, o al limite Fica meccanica, del resto loro in Salvatore parlavano di un vibratore momentaneamente rimasto senza pile, il sesso è sesso, in fondo Sexophilia, dicevo, era un divertissement, certo, ma era pur sempre una ventata di aria fresca in epoca in cui di aria ne abbiamo bisogno come l’aria, appunto, neanche c’è bisogno di metaforizzare, perché non sperare, mi sono detto, è andata bene con gli Scisma, che erano cinque, loro sono solo due.
Veniamo a noi, la foto che ci mostra Serena Ganci e Simona Norato, dieci anni dopo, in vestaglia color panna, sempre lì a turbare, Parigi evocata proprio nelle mise, come del resto il titolo di questo testo vi ha già detto tutto quel che ho cercato di procrastinare fino a adesso, io a pensare a cose poco gradevoli per ritardare il momento del piacere, spoilerato da mere faccende di redazione, quella foto e quel titolo dicono tutto quel che c’è da sapere.
Le Iotatola sono tornate. Momentaneamente. Senza speranze ulteriori per il futuro, dicono, ma vai a credere alle artiste. Ma sono tornate. E sono tornate per due concerti, due, a Palermo, la notte di Natale e quella del 26 dicembre. La location è quella dei Candelai, l’orario le ventidue, il prezzo molto più che popolare. Serena e Simona tornano nella loro città, nel mentre esposta a attenzione nazionale per un’altra band che di due persone è composta, La Rappresentante di Lista, realtà che alle Iotatola deve più che qualcosa, almeno in termini di ispirazione (quella che i fratelli maggiori praticano verso i fratelli minori, anche se credo che avrei dovuto usare la parola sorelle, porco cane). Un miracolo di Natale, direi se fossi Dickens e volessi ammantare questo racconto di quell’aura di magia a lume di candele (o lucine degli alberi) da intravedere attraverso vetri appannati dal calore. Un miracolo di Natale non fosse che io, a Natale, sarò nella mia Ancona, a festeggiare con la mia famiglia, così come il 26, la pandemia ha reso la frequentazione dei miei cari e anche dei miei amici anconetani più difficoltosa, non posso perdermela anche sapendo che rinuncio, di fatto, a assistere a questo evento unico. Conto sempre, gliel’ho scritto e detto a più riprese, che questo miracolo arrivi anche a Milano, ho pure offerto la mia sala come location per un House Concert, in caso, come si dice in questi casi, sia parlando di concerti che di miracoli, non c’è due senza tre, mai disperare. Chi è a Palermo o in Sicilia e non va invece a vederle, beh, che dire, si merita davvero di avere Ana Mena e Rocco Hunt che vadano a tormentare i suoi sogni con un reggaeton di merda. Serena, Simona, vi aspecto.
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