Era l’epilogo scontato della storia dei Green Pass falsi su Telegram, venduti singolarmente o nel formato dei pacchetti famiglia per centinaia di euro in bitcoin. Nel corso del mese di luglio, da queste pagine, era partito l’avvertimento più sensato, ossia stare alla larga da simili tentativi di frode con cui molti no-vax hanno cercato di aggirare il problema del certificato verde obbligatorio nei luoghi chiusi, a partire dallo scorso 6 agosto. Ebbene, chi si è affidato ai sedicenti venditori dei documenti si è ritrovato praticamente minacciato e ricattato proprio in queste ore, come evidenziato anche nei tweet di fine articolo di Matteo Flora.
Ricostruiamo la vicenda: la vendita dei Green Pass falsi su Telegram deve essere andata avanti a gonfie vele per i venditori fino all’entrata in vigore dell’obbligo del certificato, ossia quanto è apparso più che evidente di come i QR Code forniti non fossero validi per la validazione nei luoghi pubblici al chiuso. Da qui è nata la protesta degli acquirenti che hanno minacciato di denunciare i loro referenti per la vendita. Naturalmente da questi ultimi è partito un vero e proprio ricatto con annessa richiesta di un pagamento in bitcoin.
Chi aveva acquistato un Green Pass falso su Telegram, ora si è ritrovato ad affrontare minacce ben gravi: in primis, quella di essere egli stesso denunciato presso le forze dell’ordine e il Ministero della Salute per utilizzo di documenti falsi. Ancora, è stato paventato anche il pericolo di vedere i preziosi dati forniti (carta d’identità e codice fiscale) messi alla mercé del deep web per altri utilizzi impropri e truffaldini. Il riscatto richiesto per evitare il tutto si aggira intorno ai 350 euro in bitcoin. Insomma, un doppio incubo che mette in luce quanto preventivabile fin dall’inizio: essersi affidati a simili escamotage per ottenere un documento così importante è stato azzardato e pericoloso, che sia da lezione almeno per episodi simili in futuro.