Ammore e Malavita, l’intelligente “musical crime” dei Manetti Bros., con Serena Rossi e Giampaolo Morelli

Musical, commedia sentimentale, noir, sceneggiata: i fratelli Manetti si divertono a mescolare i generi e firmano il loro film più riuscito, vincitore del David nel 2018. Alle 21.10 su Rai Movie

Ammore e Malavita

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Tra i vari meriti del cinema dei Manetti Bros adesso possiamo annoverare anche quello, grazie al dittico di Song ’e Napule (2014) e Ammore E Malavita (2017), di aver scommesso sulle doti da primattrice di Serena Rossi. Prima di allora interprete di soap (Un Posto Al Sole) e miniserie tv e che invece, dopo la “cura” di Marco e Antonio Manetti, è assurta al ruolo di protagonista. Cosa che l’ha condotta a impersonare Mia Martini in Io Sono Mia e adesso Mina Settembre nella fiction del momento da sei milioni di spettatori. E se sulla qualità di quest’ultimo prodotto della serialità Rai ci sarebbe da ridire, nel suo mix improbabile di impegno civile, commedia sentimentale, soap e Sex And The City, vanno rilevate le capacità della Rossi di mascherare difetti e ingenuità della ricetta con la sua presenza accattivante, coadiuvata da quel fondale caleidoscopico di sicura presa che è Napoli.

Anche per i Manetti Bros. la città partenopea ha rappresentato un fattore essenziale nell’ultimo tratto della loro carriera. Possiamo anzi dire che, nell’attesa curiosa del Diabolik con Luca Marinelli, la cui prevista uscita natalizia è stata posticipata per il Covid, Napoli ha costituito per i due fratelli uno straordinario catalizzatore e moltiplicatore della loro ispirazione fieramente legata al cinema di genere. In questo senso soprattutto Ammore E Malavita costituisce un titolo spartiacque. E non solo perché è stato il film della consacrazione, con la partecipazione nel concorso principale della Mostra di Venezia 2017 – impensabile fino a qualche anno prima – e i cinque David di Donatello ottenuti nel 2018, tra cui quello per il miglior film. Ammore E Malavita, infatti, funziona prima di tutto come un esperimento felicemente disinvolto, che scardina la separazione tra i generi e conduce il loro cinema un po’ più in là, in un territorio che ha il sapore del pastiche, preannunciato sin dal titolo che parla di romanticismo e criminalità.

Ammore E Malavita
  • Morelli, Gerini, Rossi, Buccirosso (Actor)
  • Audience Rating: Non valutato

Il tono di voluta contaminazione lo si percepisce sin dall’inizio folgorante del film, in cui un poveraccio abbondantemente defunto (Carlo Buccirosso) dall’interno della cassa da morto si chiede, cantando, chi siano quegli sconosciuti intervenuti al suo funerale. Rispetto quindi al precedente Song ’e Napule, nel quale la presenza delle musiche era giustificata dal fatto che il protagonista Lollo Love fosse un cantante neomelodico, qui viene operata una netta rottura della verosimiglianza. Così si entra in un autentico universo musical, un mondo in cui è naturale che la gente canti in situazioni quotidiane perché tra vita e canzoni non sussiste soluzione di continuità.

Ammore E Malavita funziona come un grande condensatore di generi incastrati l’uno dentro l’altro, musical, commedia, noir, tenuti in sorprendente equilibrio. Un’operazione simile sarebbe stata difficilmente possibile senza l’aggiunta di quell’ingrediente che è Napoli. La quale è di suo una portatrice di generi che hanno matrice e origine a quelle latitudini.

La parte del leone la fa la tradizione musicale partenopea, memori anche del fatto che nasce qui l’unico capolavoro musical della storia del cinema italiano, Carosello Napoletano (e quando qualcun altro ha provato a sperimentare il genere, la Roberta Torre di Tano Da Morire, nonostante l’ambientazione fosse siciliana, per le musiche si affidò al napoletano Nino D’Angelo). La struttura del film poi, ricorda a grandi linee quella della sceneggiata, con la classica storia di triangolazioni insieme tragiche e sentimentali tra isso, essa e ’o malamente. E c’è poi l’uso di un giacimento di riferimenti e citazioni che vanno dal poliziottesco anni Settanta, nella sua variante partenopea con contrabbandieri, motoscafi blu e viaggi a New York, fino a folli siparietti kitsch – l’interprete di canzoni di malavita Pino Mauro esposto come un’icona e una reliquia pop –, che possono funzionare solo in un contesto identitariamente forte come Napoli, capace di digerire e diluire qualunque infrazione alle regole del buon gusto che suggerirebbero di non mescolare troppe cose.

Con Ammore E Malavita i Manetti Bros entrano in un dialogo vivacissimo con la città, assorbendone le suggestioni narrative e tematiche e riutilizzandole consapevolmente in un film segnato da una sbrigliata cifra priva di preoccupazioni realistiche. A quel punto, grazie alla solidità dell’impianto di partenza, possono permettersi un racconto che accoglie elementi eterogenei senza però franare mai, nonostante la periclitante bulimia stilistica.

Così ci godiamo la vicenda dello spietato killer Ciro (l’attore feticcio dei Manetti, Giampaolo Morelli), responsabile dell’assassinio del disgraziato di cui sopra, commissionatogli dal boss don Vincenzo (ancora Buccirosso) detto ’O rre d’ ’o pesce, il quale l’ha fatto uccidere approfittando della sua straordinaria somiglianza con lui, in modo da far credere d’essere morto e squagliarsela con la consorte donna Maria (una disinvolta Claudia Gerini, a suo agio col dialetto napoletano) per godersi finalmente la vita. Purtroppo l’omicidio ha una testimone, l’infermiera Fatima (Rossi), che riconosce don Vincenzo. Ciro dovrebbe uccidere anche lei: solo che scopre, come fossimo in un fotoromanzo (altro genere), che si tratta della sua fidanzatina dei quindici anni. E ora il killer deve decidere tra la fedeltà al clan e quella al ragazzino dai sentimenti puliti che è stato tanto tempo fa.

Il gioco sugli stereotipi gomorristi della “Scampia Disco Dance”

La confezione da musical, con la colonna sonora curata dal cantautore partenopeo Nelson, Pivio e Aldo De Scalzi è il basso continuo che dà ritmo alla narrazione e compatta la propensione alla contaminazione continua, in cui possono trovare spazio la messa a distanza degli stereotipi gomorristi della “Scampia Disco Dance” – coi turisti elettrizzati all’idea di subire lo scippo godendosi l’emozione verace della “ultimate touristic experience” di fronte alle Vele – quanto il romanticismo fotoromanzesco della versione napoletanizzata di What a feeling da Flashdance (ideale per le corde di Serena Rossi). E la centralità tematica della musica è confermata dalla presenza di cantattori a sorpresa come Raiz e il neomelodico duro Franco Ricciardi.

Ammore e malavita ha una durata esagerata, questo è vero, ma il senso dello spettacolo non viene mai meno, come l’innegabile gusto del fare cinema dei Manetti Bros., che dà vita a un racconto d’amore e morte insieme drammatico, buffo, romantico, che trascina e fa ridere nello stesso momento in cui commuove e inquieta.