Un po’ B-Movie, un po’ commedia italiana non all’italiana, un po’ horror sci-fi vintage, La Guerra Del Tiburtino III, porta con tono canzonatorio sul grande schermo un’invasione aliena nella periferia romana. Un esperimento nuovo e divertente che va finalmente nella direzione del cinema di genere e di una commedia diversa da quelle a cui siamo tristemente abituati a guardare e peggio, a produrre in Italia.
TRAMA
Pinna (Antonio Bannò) è un piccolo spacciatore di Tiburtino III, periferia di Roma est. Non ha mai avuto un buon rapporto con il padre, “E’ sempre stato un po’ un coglione” dice Pinna nel film, “ma così mi sembra troppo”.
Perché, di punto in bianco, suo padre, Leonardo De Sanctis (Paolo Calabresi) ha imbracciato un megafono e ha cominciato a fare proselitismo e ad urlare ai quattro venti che è il momento di chiudere il quartiere a chi viene da fuori, che non se ne può più degli immigrati e così via.
Quello che il Pinna non sa ancora, è che è tutto dovuto ad una larva extraterrestre, che si è impossessata di Leonardo e sta infettando l’intero quartiere. Così prima il trenta e poi il cinquanta percento dell’intera comunità viene infettata da questi organismi alieni e le prime barricate vengono erette nei punti di ingresso dei parchi residenziali di Tiburtino III.
Obiettivo alieno è prendere il controllo del pianeta, quartiere per quartiere. L’unico pericolo è proprio dovuto alle capacità degli umani di fare rete, riscontrare l’invasione aliena e trovare un rimedio, un antidoto. Gli alieni sono facilitati nel loro intento da fatto che “convincere le scimmie (gli umani) ad isolarsi dai propri simili è facilissimo”.
Spetta allora a Pinna, alle donne del quartiere e a Lavinia Conte (Sveva Mariani), una fashion blogger di Roma Nord a caccia di visibilità, cacciare e sterminare i veri intrusi alieni e riportare finalmente la normalità nel quartiere di uomini arrabbiati.
IL FILM
Sono tantissimi i riferimenti cinematografici all’interno della piccola pellicola La Guerra Del Tiburtino III. Il primo e più evidente è però un’autocitazione, visto che la regista Luna Gualano ha già giocato e raccontato la periferia, l’Italia e gli italiani attraverso un’invasione.
E’ il caso del suo secondo lungometraggio Go Home – A Casa Loro, con protagonista sempre il bravo Antonio Bannò. In quel caso un gruppo di manifestanti di estrema destra protestava contro l’apertura di un centro d’accoglienza, ma un gruppo di zombie se li mangia tutti, costringendo il protagonista e attivista di destra a “rifugiarsi” proprio all’interno del centro di accoglienza per immigrati, scoprendo così un’umanità mai vista prima.
Nel caso di quest’ultimo lungometraggio il gioco sembra essere lo stesso, ma l’allegoria non è così chiara e marcata e perde un po’ di forza all’interno della pellicola, che finisce per concentrarsi sull’avventura in se’.
Raccontare con un’avventura teen l’invasione sulle periferie era riuscita bene ad esempio nel prodotto Netflix Vampires VS The Bronx, dove un gruppo di visi pallidi, vampiri bianchi, vogliono succhiar il sangue al quartiere popolare di New York, ammazzando gli abitanti e impossessandosi degli immobili. Allegoria che gioca, dietro un’avventura ben congeniata, sul fenomeno della gentrification, sull’espulsione degli abitanti dai propri quartieri, grazie a speculazioni immobiliari di grandi investitori, capaci di modificare il volto della città.
E’ chiaro che La Guerra Del Tiburtino III non vuole in nessun modo prendersi troppo sul serio, ma il cameo di buona parte del cast della fortunata serie TV Boris, Francesco Pannofino, Carolina Crescentini, non sembra aver apportato qualcosa in più al film che si lascia in ogni caso guardare con piacere, lasciando lo spettatore con un sorriso a visione terminata.
La Guerra Del Tiburtino III non è affatto un film perfetto, per dialoghi, silenzi e costruzione dei personaggi, ma è finalmente una commedia diversa da quelle che siamo abituati a produrre in quantità in Italia. Coglie il punto e la voglia di novità di cui necessita il cinema italiano, ci fa sorridere e lasciare la sala pensando agli antidoti al virus che si è diffuso nel belpaese. Basterà il primer per unghie?