Nicole Kidman porta il peso delle sue donne sofferenti, da Grace in The Undoing a Celeste in Big Little Lies

Nicole Kidman ammette di non riuscire a lasciare sul set i traumi delle donne che interpreta, e di pagarne serie conseguenze

Nicole Kidman racconta The Undoing

[HBO, YouTube]


INTERAZIONI: 1

La carriera di Nicole Kidman, oggi più solida che mai grazie a una serie di straordinari ruoli televisivi, sembra avere un certo peso sulla salute mentale dell’attrice. In una recente intervista concessa al comico Marc Maron per il podcast WTF with Marc Maron, l’interprete che più di ogni altra sembra decisa a incarnare l’immagine della donna sofferente ha ammesso di pagare a cari prezzo queste scelte.

In particolare, si è soffermata sull’impatto psicofisico del ruolo di Grace Fraser in The Undoing. Nella miniserie HBO Nicole Kidman veste i – sontuosi, memorabili – panni di un’agiata terapista newyorkese, la cui vita personale e familiare è sconvolta dalle azioni del marito Jonathan (Hugh Grant), accusato di aver ucciso la giovane donna (Matilda De Angelis) con cui intratteneva una relazione clandestina. Le pressioni cui Grace è sottoposta riecheggiano la sofferenza di Celeste Wright, l’avvocato vittima di abusi cui ha prestato il volto in Big Little Lies.

Proprio questi due ruoli sembrano essere riusciti a intaccare la salute psicofisica di Nicole Kidman, che durante l’intervista ha ammesso: Con The Undoing è successa la stessa cosa [che mi era capitata con Big Little Lies], all’improvviso mi sentivo strana, mi sentivo inquieta e angosciata, come se portassi un peso. […] Sono stata davvero molto male, penso sia un grosso problema degli attori. Mi sono sentita male per una settimana, perché il sistema immunitario non riconosce la differenza tra quando stai recitando e quando sei semplicemente te stessa.

Il problema, in The Undoing come in Big Little Lies, è stato insomma quello di aver portato a casa i problemi delle donne interpretate. Non ho imparato una tecnica per dire al cervello e al corpo: “Hey, stiamo solo recitando”, ha spiegato. Non ho imparato a ripulirmi [del mio lavoro]. [Queste tecniche] per me non funzionano. Torno a casa, non riesco a dormire e mi sento male.

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Qualcosa di simile era già successo nel 2018, ai tempi di Destroyer, film in cui interpreta una detective che si vendica di una gang di ladri. È stato un momento terribile. Sono rimasta nel personaggio, non volevo che si capisse che stavo recitando. Non facevo che brontolare e lamentarmi. In quel periodo ero una persona insopportabile, ha ammesso.

A incidere sui suoi stati d’animo, però, sono anche le notizie che riguardano i professionisti con i quali collabora sul set. Ha ammesso ad esempio di aver paura delle chiamate notturne, perché è proprio con una telefonata nel cuore della notte che ha scoperto della morte di Stanley Kubrick, regista di Eyes Wide Shut. [Quando l’ho saputo] mi sono messa a urlare e sono caduta. Ero vicinissima a lui. Ora ho una gran paura delle telefonate notturne perché al telefono ho ricevuto una serie di notizie bruttissime, compresa la morte di mio padre. Sono diventate traumatiche per me, ha spiegato.

Perché continuare ad accettare parti così impegnative, allora? La domanda di Marc Maron ha avuto risposta immediata: per godersi ancora di più il contrasto con ruoli freschi e gioiosi come quello di Angie in The Prom, il film Netflix prenatalizio di Ryan Murphy. [Quando ho girato The Prom] non ho fatto che pensare “Fantastico, posso ballare e voler bene a tutti” e “Vieni qui, fatti abbracciare”, ha detto, richiamando il tema della speranza che domina il glitterato adattamento del celebrato spettacolo teatrale.

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