You 2, il paradosso dello stalker gentile in una trama sempre più surreale (recensione)

Dal 26 dicembre è arrivata su Netflix You 2: la nostra recensione della seconda stagione della serie


INTERAZIONI: 55

Nuova stagione, stessa storia, con qualche diversivo. You 2 è arrivata su Netflix il 26 dicembre, forte del carico di aspettative generato dall’enorme seguito ottenuto dalla prima, esattamente un anno fa.

Nonostante le polemiche sulle modalità con cui la serie ha rappresentato lo stalking in tv, che hanno perfino spinto il protagonista Penn Badgley a chiarire di essere disgustato dal suo personaggio, You ha saputo raccogliere decine di milioni di spettatori in poche settimane dal debutto, ottenendo un rinnovo per una seconda stagione e presumibilmente anche per una terza, che dovrebbe essere annunciata a breve.

Come anticipava il trailer, la storia del libraio sociopatico Joe Goldberg si ripete: diventato l’assassino della donna di cui si diceva innamorato pazzo dopo averla stalkerata, manipolata e aver ucciso i suoi amici o conoscenti più prossimi, ora è in fuga da se stesso, dalle sue responsabilità e soprattutto dalla sua ex Candace, che credeva di aver ucciso e che invece è riuscita a salvarsi.

Il primo episodio di You 2 confonde subito lo spettatore: trasferitosi a Los Angeles col nome di Will, Goldberg appare motivato dalle migliori intenzioni, in cerca di un cambiamento radicale che lo allontani dai suoi impulsi ossessivi, ma ben presto la buona volontà si rivelerà del tutto contaminata dalla sua vera natura, mai guarita. Un percorso ad ostacoli, quello intrapreso da Joe/Will ora “innamorato” (ma sempre nel suo modo malato) dell’aspirante chef Love Quinn, una giovane dalla famiglia problematica e dal passato difficile. Un tentativo di rinascita che risulta incoerente e infondato, visto che il protagonista agisce sempre sul filo, ondeggiando tra una struggente tensione verso il bene e la deliberata volontà di arrecare del male.

La voce fuori campo del protagonista è così onnipresente nel raccontare le sue paturnie da risultare non solo invadente, ma anche a tratti ridicola. La mente convulsa e malata di Goldberg è un tale incredibile crogiolo di pensieri negativi, istinti criminali, ossessioni patologiche, ma anche rari sprazzi di saggezza, ironia e buon senso che finiscono per rendere indefiniti in modo surreale i confini della sua personalità.

La rediviva Candace, invece, sembra essere il personaggio che riporta la serie al suo senso originario, ovvero raccontare rapporti tossici nati da storie apparentemente idilliache, ma il suo innesto in questa seconda stagione funziona solo a metà, visto che la forza propulsiva della sua storia finisce per restare latente e la sua voce non è mai espressa pienamente, se non in quanto rigettata dal punto di vista di Joe.

La trama di questa stagione è più ricca della precedente, perché la nuova storia di Joe non è solo una relazione sentimentale problematica, ma la sceneggiatura incrocia diversi temi. Il problema è che lo fa in modo confuso. C’è un affastellarsi di questioni introdotte e sviluppate un po’ alla rinfusa, che emergono di episodio in episodio: la piaga sociale della violenza di genere, le molestie sessuali considerate la norma nel mondo dello spettacolo, il fenomeno del #metoo, il fanatismo di certe nuove tendenze e stili di vita, le ossessioni di tipi umani hollywoodiani in cerca di affermazione e potere. Un intero filone della storia è dedicato al tema della denuncia dei molestatori seriali che per anni sono rimasti impuniti nella complice omertà dell’ambiente hollywoodiano in cui hanno sguazzato (“un nuovo caso Weinstein“, lo definisce Delilah, la vicina di Joe che scrive di gossip e vuole diventare la nuova Ronan Farrow), ma il tutto finisce per essere trattato in modo superficiale, quasi come fosse un argomento di moda da cavalcare, col paradosso che il protagonista Joe – a sua volta un manipolatore e assassino dai comportamenti ossessivi nei confronti delle donne – finisce per apparire come un vendicatore coraggioso pronto a punire il violentatore seriale, ergendosi a buono della storia.

Questa confusione tra il lato maniacale del protagonista e i suoi tentativi di fare del bene era uno dei fattori più disturbanti di You anche nella prima stagione: Goldberg è un uomo che non conosce il significato di un amore sano e rispettoso dell’altra persona, un uomo che limita le libertà delle donne che dice di amare, le isola, le manipola, le controlla e impedisce loro di essere libere, poi però appare anche come il gentil cavaliere che fa di tutto per salvare una quindicenne dalle grinfie di un orco pronto ad abusare di lei. Joe è un uomo dai comportamenti violenti che però sente di dover proteggere persone indifese dalla violenza, a causa della sua infanzia segnata da un padre violento e una madre instabile. Un cortocircuito certamente voluto, perché lo scopo dichiarato degli sceneggiatori è dimostrare come anche i mostri abbiano degli isolati scatti di bontà che impediscono di classificarli come tali, soprattutto se sono giovani, bianchi, socialmente privilegiati, apparentemente posati e docili. Il problema è che la questione del #metoo entra nella seconda stagione di You quasi sottotraccia e finisce per perire sotto i colpi di scena che portano Goldberg a non sapere se abbia commesso o meno nuovi delitti, spostando il focus dell’attenzione nuovamente sul dilemma della bontà delle intenzioni del protagonista.

Se il problema della prima stagione di You era stata la romanticizzazione dello stalking, senza una chiara distinzione tra i piani del racconto, quello di You 2 è il clima di giustificazionismo che viene a crearsi intorno al protagonista, per via della macabra convinzione che il fine (il suo presunto bisogno di amore) giustifichi i mezzi. E ciò è possibile perché l’unico punto di vista di questo racconto è quello del protagonista: nessuna voce è data alle sue vittime, rappresentate sempre come frutto dell’immagine che Joe si è fatto di loro. Una grave indelicatezza per una serie che pretende di trattare credibilmente il tema della violenza di genere. E pure la nuova protagonista femminile, nei suoi risvolti grotteschi, sembra essere un personaggio scritto per alleviare le colpe di Joe, renderle meno gravi, certamente non accettabili ma più comprensibili.

Joe è un assassino che si convince di voler cercare una redenzione ma commette gli stessi gesti insani e malati del passato, si dice pentito dell’omicidio di Beck ma è pronto ad uccidere chi potrebbe averlo scoperto, fugge da Candace che pure aveva tentato di uccidere senza affrontare le conseguenze del male che ha creato, crede fermamente di essere innamorato di Love ma pensa di eliminare suo fratello che rappresenta un ostacolo al loro amore. I flashback sulla sua infanzia da bambino cresciuto in un clima di violenza non fanno che suscitare una tendenza alla compassione verso l’antieroe della storia, che continua a ripetere a se stesso e allo spettatore di aver fatto tutto per amore, di aver sbagliato perché mosso dal bisogno di essere amato. Di fatto, la presunta redenzione di Goldberg è solo nella sua testa, non corrisponde ad alcun reale percorso di cambiamento né ad un’accettazione della sua condizione patologica che lo porta – ancora – a maturare sentimenti ossessivi a prima vista. Fino alla fine.

Complessivamente You 2 apre molte strade percorribili per i suoi protagonisti, perché la nuova ambientazione losangelina è lo spunto per molte novità (tutte perlopiù surreali ed esagerate al punto da non essere minimamente credibili, tra scambi di persona, finti rapimenti e famiglie disfunzionali all’ennesima potenza), ma resa fedele al tema originale della serie. Molti aspetti di Joe, dalle sue azioni ai suoi pensieri, risultano per questo prevedibili, anche se una componente femminile meno passiva rispetto alla stagione precedente inserisce qualche elemento d’azione in più che risulta apprezzabile ma non sufficiente, visto che il punto di vista del racconto resta sempre e solo quello di un protagonista che vive fuori dalla realtà.

Se ci sarà una terza stagione, sarà interessante capire come proseguirà la vicenda umana di quest’uomo che fa di tutto per giustificare a se stesso i suoi comportamenti violenti e subdoli (e talvolta induce il pubblico a cercare di compatirlo, in modo fastidioso e scorretto). A meno che la storia non si ripeta tale e quale a se stessa. Ancora e ancora, come suggerisce il finale aperto della seconda. Perché già questa stagione è risultata tanto surreale nelle scelte drammaturgiche quanto prevedibile nelle sue svolte principali.

You (versione italiana)
  • Kepnes, Caroline (Author)