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When They See Us su Netflix è il ritratto impietoso delle ingiustizie razziali che deturpano la società americana (recensione)

Ava DuVernay porta sullo schermo il clamoroso caso dei Central Park Five e ci lascia con un inquietante interrogativo: tali ingiustizie, oggi, sarebbero ancora possibili?

di Ambra Romanazzi
05/06/2019
INTERAZIONI: 40

INTERAZIONI: 40

Recensione della miniserie When They See Us su Netflix dal 31 maggio

Era prevedibile che guardare When They See Us su Netflix avrebbe scatenato sentimenti conflittuali, ma non altrettanto semplice immaginarne il devastante impatto emotivo. Perché la miniserie ideata, scritta, prodotta e diretta da Ava DuVernay non è la semplice rivisitazione di un clamoroso errore giudiziario, quanto piuttosto lo straziante ritratto dei suoi effetti su cinque giovani innocenti.

When They See Us ripercorre la tragica vicenda dei cosiddetti Central Park Five. Antron, Kevin, Yusef, Raymond e Korey sono dei ragazzi qualunque, trascorrono i loro pomeriggi in compagnia degli amici, passano del tempo al parco. E il 19 aprile del 1989 sarebbe stato un giorno qualunque, per loro, se la polizia non li avesse fermati per l’aggressione e lo stupro della jogger Trisha Meili nel grande parco newyorkese.

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La polizia non riesce in alcun modo a collegarli al crimine – non corrispondono le loro posizioni, non collimano i tempi –, ma quelli sono anni difficili a New York. Il numero di aggressioni ai danni delle donne è altissimo, l’opinione pubblica reclama, c’è bisogno di colpevoli. E per dei poliziotti zelanti e violenti non c’è nulla di più semplice che indurre cinque giovani, poco più che bambini, a confessare un reato mai commesso, implicando coetanei che neppure conoscono. Vivono ad Harlem, sono afroamericani e latinoamericani, capri espiatori perfetti.

Ava DuVernay ricrea con particolare brutalità le scene delle confessioni estorte, un incubo in cui i ragazzini – tutti fra i 14 e i 16 anni – vengono allontanati dai genitori e costretti a subire una violenza psicologica senza tregua. Sono privi di qualsiasi difesa quando finalmente ammettono di aver commesso il reato. La promessa dei detective è quella di liberarli, di mettere fine a quella notte terribile, ma invece i giovani si ritrovano a firmare la propria condanna.

https://youtu.be/u3F9n_smGWY

Trascorrono lunghi anni in carcere prima che lo stupratore e assassino seriale Matias Reyes confessi di essere stato l’unico a violentare la jogger in quella notte di aprile. E nonostante il DNA raccolto sul luogo del crimine convalidi le sue parole, il procuratore Linda Fairstein si ostina a non ammettere di aver deragliato le indagini incriminando i cinque ragazzi a tutti i costi.

When They See Us è dunque la storia straziante di un’inaccettabile ingiustizia razziale, sociale, giudiziaria. Il focus di Ava DuVernay è tutto sui Central Park Five e sull’assurdo e inutile dolore inflitto alle loro giovani vite. L’empatia degli spettatori è talmente assorbita dalle loro vicende che anche la sofferenza degli altri passa in secondo piano. Persino quella dell’altra grande vittima, la jogger Trisha Meili, sbiadisce.

È il prezzo che la serie paga per aver scelto legittimamente di puntare su un’altra umanità, quella delle minoranze afroamericana e latinoamericana. Perché questa storia, a ben vedere, non appartiene solo all’America degli anni ’80, ma anche a quella attuale.

Ora come allora, le domande più scottanti rimangono le stesse: cosa succede se e quando l’America stabilisce che sei colpevole di un certo reato? Cosa succede se lo fa per via di pregiudizi inestirpabili verso la tua pelle scura? Cosa succede se lo fa pur non avendo alcuna prova nei tuoi confronti?

Time to demand change. @Ava DuVernay, the cast, and the exonerated five take you behind the scenes of When They See Us and shed light on the criminal justice system. pic.twitter.com/44v9orHiom

— When They See Us (@WhenTheySeeUs) June 2, 2019

When They See Us, su Netflix, prova a rispondere a queste domande rievocando con crudo realismo la storia di questi cinque ragazzi, e le consapevolezze che ne derivano sono agghiaccianti. L’evidenza, infatti, è quella di un apparato statale fatto di istituzioni che dovrebbero proteggere tutti i cittadini, e che invece voltano loro le spalle per manifesta meschinità o mera incompetenza.

La capacità della serie di arrivare dritta al cuore sta anche nelle ottime interpretazioni del cast. I cinque imputati, in particolare, trasmettono con semplicità e immediatezza una mescolanza di emozioni forti, dall’ingenuità alla disperazione, dalla paura all’indignazione.

Jharrel Jerome, l’unico a interpretare lo stesso personaggio – Korey – da ragazzino e da adulto, è straordinario nel mettere in scena l’ampio ventaglio di sentimenti del ragazzo. Gli sguardi, i gesti, il tono di voce rendono con estrema efficacia il senso di confusione, shock, incredulità e risentimento che un giovane di 16 anni può aver provato in un momento così sconvolgente della propria vita.

Korey just wanted to go home. pic.twitter.com/jP6yjzKjU3

— When They See Us (@WhenTheySeeUs) June 1, 2019

Pungente e incisiva anche la prova di Felicity Huffman, il cui indegno personaggio scopre infelici quanto ironici legami con la propria interprete. Il procuratore Linda Fairstein è infatti avvolto dallo stesso alone di odioso privilegio che protegge Huffman, una ricca donna bianca colpevole di corruzione ma graziata da un sistema duro solo per i più deboli.

In conclusione, When They See Us su Netflix è la rievocazione ben riuscita di uno straziante fatto di cronaca dalle conseguenze devastanti. Nonostante gli anni abbiano restituito la libertà e l’integrità ai cinque giovani ingiustamente condannati, la realtà di fondo resta ugualmente desolante. Perché nulla, nella società attuale, lascia intendere che una tale ingiustizia fosse possibile solo trent’anni fa.

Antron, Raymond, Yusef, Kevin, and Korey…it's their turn to shout. A glimpse at where the exonerated five are now. pic.twitter.com/39VSo6mpzR

— When They See Us (@WhenTheySeeUs) June 3, 2019
Tags: netflix

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