Scorrendo i titoli dei film più belli del 1967 secondo Roger Ebert, uno dei più influenti critici cinematografici statunitensi di sempre, si intuisce come quello, un attimo prima del Sessantotto, costituisse un anno di soglia, scandendo un punto di passaggio tra vecchia e nuova Hollywood. Ebert metteva al primo posto il “total movie”, così lo definiva, Gangster Story di Arthur Penn, che col suo tortuoso ritratto degli antieroi Bonnie e Clyde (Faye Danaway e Warren Beatty), seducenti e respingenti, raffigurava un’America dell’epoca della Grande Depressione apparentemente lontana, eppure così contemporanea, in un racconto senza sconti d’una violenza che sullo schermo non s’era mai vista dipinta con tale franchezza.
Poi cera Il Laureato di Mike Nichols, che attraverso la storia del giovane Dustin Hoffman, diviso tra il ruolo di amante d’una donna sposata (la celebre Mrs. Robinson di Anne Bancroft) e una passione autentica per una sua coetanea (Katharine Ross), tratteggiava illusioni e perbenismi d’una società anni Sessanta giunta al capolinea, sul punto d’essere travolta dalla rivoluzione di costumi e dei rapporti tra uomo e donna. Dello spirito dell’epoca è consapevole anche un autore della generazione precedente, Stanley Donen, che nel bellissimo Due Per La Strada – altro titolo segnalato da Ebert – narra con stile erratico e moderno, tutto flashback, la crisi intrisa di amarezza di due maturi coniugi, Albert Finney e Audrey Hepburn, consapevoli di non poter più recitare ipocritamente la parte della coppia perfetta.
Ecco, all’interno di un panorama di questo tenore, pieno di opere adulte e controverse, destinate a un pubblico, come scriveva Ebert, “che pare voler prendere i film più sul serio”, A Piedi Nudi Nel Parco (Barefoot in the Park) rischia di sembrare decisamente anacronistico. Diretto da Gene Saks, era tratto da una pièce del commediografo più celebrato della sua epoca, Neil Simon, che aveva raggiunto il successo con i suoi ritratti garbati e umoristici delle piccole manie e delle piccole ubbie della borghesia americana, nei quali faceva capolino anche l’aria dei tempi che stavano cambiando, però filtrata in una forma ovattata e priva di scossoni, che non poneva mai davvero in crisi l’assetto di quel mondo.
E puntualmente quasi tutte le sue commedie passavano dal palcoscenico al grande schermo, come il cavallo di battaglia La Strana Coppia (al cinema con Jack Lemmon e Walter Matthau), Sweet Charity, Appartamento Al Plaza. Tra questi c’è anche, appunto, A Piedi Nudi Nel Parco, che aveva esordito con gran rumore a Broadway nel 1963, interpretato da un giovane che stava cercando di farsi spazio tra la tv e le prime comparsate cinematografiche, un certo Robert Redford.
- Attori: Robert Redford, Jane Fonda, Charles Boyer, Mildred Natwick,...
- Regista: Gene Saks
Sarà ancora lui a indossare al cinema il ruolo del protagonista, il giovane e compunto avvocato Paul, neosposino innamoratissimo della bella e anticonformista Corie – di quell’anticonformismo un po’ di facciata del teatro di Neil Simon – che a cinema con intuizione felicissima venne interpretata da Jane Fonda. Lei invece di altissimo lignaggio, in quanto figlia del divo Henry ma ancora alla ricerca di una sua vera identità d’attrice – prova ne è il passaggio dal matrimonio con Roger Vadim e il ruolo sexy nel leggendario oggetto di modernariato pop Barbarella, alla sua stagione impegnata, accanto al secondo marito, l’attivista Tom Hayden e i ruoli in film come Non Si Uccidono Così Anche I Cavalli, Una Squillo Per L’Ispettore Klute, persino Crepa Padrone Tutto Va Bene diretto da Godard.
La ragione per cui ancora oggi rivediamo con indulgenza una commedia innocua e datata come A Piedi Nudi Nel Parco, credo in buona sostanza dipenda soprattutto da questo: dalla dolce ala della giovinezza che rifulge sui volti e i corpi di questi due non ancora divi – avevano già lavorato insieme in un film di tono tutto diverso, La Caccia di Arthur Penn –, che recitano la parte dei perfetti innamorati, prima di attraversare una improvvisa crisi coniugale tutta fasulla, che si conclude con l’inappuntabile lieto fine.
La commedia di costume è leggerissima e funziona proprio per questo. E possiede alcune note gustose, che costituiscono la cifra del talento specifico di Neil Simon. A partire dall’esilarante microappartamento in cui la coppia va a vivere, appollaiato all’ultimo piano senza ascensore d’un vecchio stabile al Greenwich Village, con reiterata, divertente gag dell’arrivo a casa in evidente debito d’ossigeno di qualunque visitatore, a partire dalla mamma di Corie, la comedian Mildred Natwick. In verità c’è un tale capace di resistere brillantemente alla scalata: ed è Victor Velasco, attempato bon viveur che abita, diciamo così, nell’attico del palazzo, che raggiunge attraversando l’appartamento di Paul e Corie e inerpicandosi lungo il cornicione. Ed è un autentico piacere vedere in questo ruolo il quasi settantenne Charles Boyer, elegante e sornione, d’una eccentricità tutta recitata che a tratti fa pensare a un suo ruolo di tanti anni prima, il professor Belinski dello splendido Fra Le Tue Braccia di Ernst Lubitsch – per lo spettatore italiano c’è il valore aggiunto di sentirlo doppiato da un gigante del teatro leggero nostrano, Gianrico Tedeschi.
Pure per questo A Piedi Nudi Nel Parco intriga ancora: per la sua aria rétro che guarda al confortevole passato, del paese e del cinema, più che al futuro. Il pubblico non crede mai al supposto conflitto tra i coniugi agli antipodi Paul e Corie – in realtà molto simili e molto conformisti. Certe situazioni – lei confinata nel ruolo della mogliettina casalinga – e certi dialoghi – i consigli della madre su cosa deve fare una donna per tenersi accanto un uomo – faranno sorridere o, a scelta, accapponare la pelle in un’epoca passata attraverso il femminismo e la questione di genere. In effetti dell’anacronismo di quel modello di rappresentazione di lì a poco si rese conto lo stesso Neil Simon, che nel 1971 firmo una pièce, Prigioniero Della Seconda Strada (puntualmente tradotto al cinema nel 1975 con Lemmon e Bacroft), in cui il piccolo nido casalingo cominciava a trasformarsi nell’incubatore di allarmanti alienazioni metropolitane.
Comunque, nonostante tutto, anzi proprio per questo, da spettatori, concedendoci un’ingenuità fuori tempo massimo, continuiamo a guardare con diletto A Piedi Nudi Nel Parco. Che, grazie al perfetto tempismo dell’uscita, il 1967, un attimo prima della rivoluzione, si concede il lusso di raccontare, come se nulla fosse, un mondo che appare ancora lieto, innocente e senza scossoni. Come diceva il Talleyrand citato da Bernardo Bertolucci, “chi non ha vissuto negli anni prima della rivoluzione non può capire che cosa sia la dolcezza del vivere“. Questo cerchiamo, la dolcezza del vivere: che, oltretutto, avendo il volto dei giovani Fonda e Redford, ci fa davvero dimenticare tutto il resto, facendoci scivolare nella favola.