Chi scrive non è mai andato fuori di testa per i tre di Man Overboard, ad eccezione della traccia appena citata e qualche altra robetta sporadica come Stay Together For The Kids, First Date, Dammit e quella versione sgraziata ma felice di A Letter To Elise dei Cure portata sul palco dell’MTV Icon. Eppure la curiosità di fronte a una novità discografica di questa portata è stata tanta fino al 20 ottobre.
Perché quando ascoltiamo One More Time dei Blink 182 l’amarcord è d’obbligo, si innesca come farebbe una fotocellula con una luce esterna. Il 2023 è un anno strano ma intenso, se pensiamo che dalla California Tom DeLonge è ritornato a suonare con Mark Hoppus e Travis Barker mentre dal Regno Unito è stato lanciato nel cosmo “il nuovo dei Rolling Stones” nonché il primo senza Charlie Watts. Che fare?
Il disco suona pop punk. Non troviamo gli strani artifici di California (2016) e Nine (2019) che – diciamolo – sono stati due album scarsi in termini di mordente e fantasia. Ricordiamo singoli memorabili? No, ecco. Aspettarci da One More Time dei Blink 182 una rivoluzione non conviene, piuttosto è d’uopo celebrare il ritorno di una band ai suoi fasti. Non ci saranno i picchi d’eccellenza di Enema Of The State e Take Off Your Pants And Jacket, perché quando suoni pop punk in un certo senso finisci per ripeterti, e devi saperlo fare.
I Blink 182 lo sanno fare, e lo abbiamo imparato con You Don’t Know What You’ve Got. Mark Hoppus racconta il suo tumore in un giro armonico che ci rimanda ai tempi di Adam’s Song, una delle canzoni più paracu*le dei tre ex ragazzi che giustamente viene ripresa per chiudere un cerchio. Sì, abbiamo già usato l’espressione “chiudere un cerchio” e dobbiamo dire che con questa cerniera emozionale si apre l’intero album.
Stiamo parlando di Anthem Part 3, puro hardcore melodico che sigilla una trilogia iniziata con Enema e Take Off. Che significa? One More Time è il terzo capitolo di qualcosa? Pensiamolo liberamente, non fa certo male. Travis Barker pesta ancora come un ossesso e Tom DeLonge sa essere dritto e preciso, ma soprattutto ha sempre ottime intuizioni in termini di riff.
Ecco, quindi, la ritrovata affinità dei Blink 182 che a questo giro ritroviamo sempre un po’ ca**oni da cabaret politicamente scorretto – Tom Delonge parla di masturbazione nell’incipit di Dance With Me – e inguaribilmente romantici in Fell In Love, ma c’è spazio anche per la ballad strappalacrime e strappastorie che è la title-track, in cui la band spiega nero su bianco i motivi della reunion.
L’amore, certamente, ma tutto era già nell’aria da quando Travis Barker è sopravvissuto all’incidente aereo del 2008. Poi è stata la volta di Mark Hoppus e della lotta contro il cancro. Negli anni Tom DeLonge ha dato priorità ai suoi studi sugli UFO e alla sua band Angels & Airwaves, per questo ora tutti e tre si chiedono: “Devo morire per sentirti dire che ti manco?”. Forse sì, forse no, ma nei fatti ogni cosa è stata sepolta sotto una pietra tombale.
Fortunatamente One More Time dei Blink 182 non è un disco di tre vecchiazzi che si lagnano dei tempi andati: lo dimostra Turn This Off che spara hardcore punk per 24 secondi, poi c’è Blink Wave che è una strizzata d’occhio alla nuova ondata indie, notevole F*ck Face, che è bella marcia.
Il disco si chiude con Childhood che sì, è la ballatona nostalgica che dai Blink 182 ci aspettiamo sempre dopo tre quarti d’ora di musica, il che significa che il ritorno c’è tutto. È quindi un buon album? È un disco dei Blink 182, di quelli che si facevano una volta.