Il Teatro Area Nord di Napoli ha registrato il sold out nei due giorni di programmazione dello spettacolo “Ex – esplodano gli attori” di Gabriel Calderón, acclamato drammaturgo e regista uruguayano a livello internazionale, con la regia di Emanuele Valenti, in scena Monica Demuru, Christian Giroso, Lisa Imperatore, Marcello Manzella, Daniela Piperno, Lello Serao ed Emanuele Valenti. Lo spettacolo che ha debuttato con successo in anteprima nazionale al Metastasio di Prato, con il sostegno di Teatri Associati di Napoli / Teatro Area Nord, è andato in scena nell’ambito della stagione #ConfiniAperti 2023. Le scenografie sono di Giuseppe Stellato, i costumi di Daniela Salernitano, il disegno luci Massimo Galardini.
Una stanza bianca polverosa con l’arredamento coperto da lenzuola altrettanto bianche accoglie la giovane Ana desiderosa di conoscere la storia della sua famiglia. Il giovane fidanzato, che di mestiere fa lo scienziato, accogliendo la sua angoscia organizza una riunione e fa arrivare per la cena di Natale tutti i familiari per capire cosa li ha portati a odiarsi e ad evitare di parlarsi per anni. E’ un regalo di Natale e una occasione per mostrare quanto si è buoni, cosi il giovane fidanzato fa arrivare a tavola tutti i protagonisti attraverso un esperimento di fisica quantistica che utilizza una macchina del tempo che riporta in vita dal passato i membri di questa famiglia che deve fare i conti con le conseguenze del passato politico del proprio paese. Potrebbe trattarsi dell’Uruguay, o di un altro paese del Sudamerica o di una qualsiasi nazione del mondo segnata dalla violenza di una dittatura e da tutto quello che ne deriva, una volta ristabilito l’ordine democratico.
La rappresentazione gioca su un doppio registro di realtà e fantascienza, un andirivieni continuo. Come in un film la macchina da presa scarnifica e ricostruisce i diversi passaggi tra passato e presente dei protagonisti, ricostruendone la loro identità e gli episodi della vita. Lo scenario è la dittatura uruguayana, la denuncia dei suoi crimini e dei colpevoli, ma è anche una continua immersione nella storia recente, la guerra e i paesi, come l’Iran che negano i diritti delle persone. Ad avvolgere le scene di ieri e quelle di oggi ci pensa Emanuele Valenti, “il tempo è ora”, contemporaneamente regista, voce narrante e protagonista nelle vesti del fratello Josè morto per le torture e fatto finire in un pozzo, tradito dal padre per salvare la famiglia. Graziela, Antonio, Julia, José, Jorge, riappaiono uno ad uno dal passato ma confondendosi con il presente. Il primo è il nonno Antonio alias Lello Serao, attore di grande esperienza assai convincente nel rappresentare i segni della decadenza fisica e mentale. Una ferita aperta nel passato della giovane Ana, una energica Lisa Imperatore, che vuole a tutti costi ritrovare il filo della verità. Per questo implora il nonno, la mamma, la nonna, il padre, lo zio a raccontare ciascuno un pezzo di verità. Insomma una frattura che non si ricompone, non basta affidarsi al tempo che può sanare tutto “non c’è una seconda possibilità”, calmi le acque, risolva le contrapposizioni, indichi i colpevoli e possa restituire almeno la storia familiare. Non è così, e i personaggi che riemergono dal passato finiscono letteralmente per esplodere quando vanno via portati a forza da Tadeo, convincente nel ruolo dello scienziato innamorato Marcello Manzella, diventano espressione tragicomica della vicenda, così come la sua sparizione. Come se la storia e la scienza quantistica si facesse gioco di lui fagocitandolo in un’atmosfera metatemporale della costruzione scenica che diventa confusione e caos con eccessi di atteggiamenti troppo isterici di Graziela (Monica Demuru) nell’interpretare il ruolo della madre che assegna troppi schiaffi a Tadeo che per la verità li prende a più riprese un pò da tutti facendolo diventare una vera e propria gag che suscita fin troppe risate. Altrettanto convincenti i due fratelli Jorge e Josè, interpretati rispettivamente da Christian Giroso e dallo stesso Valenti, e la nonna Julia, una trasognante Daniela Piperno.
Anche se la chiave della rappresentazione è sicuramente farsesca, il testo cerca di interrogarsi sulla possibilità di superare e risolvere i conflitti sociali legati alla storia violenta e drammatica di una dittatura. Si può chiedere ai protagonisti di una storia così complessa di ritrovarsi allo stesso tavolo e chiarirsi prendendo parte a una cena di Natale? Il tempo riporterà tutto al suo posto?
“L’autore racconta che l’idea del testo è nata interrogandosi sulle risposte che l’ex presidente uruguaiano Pepe Mujica dava quando gli si chiedeva come sarebbe stato possibile superare lo scontro sociale conseguente alla dittatura. Mujica rispondeva che forse l’unica soluzione era che tutti gli attori della storia morissero, anzi più precisamente, esplodessero. Da qui l’interrogativo: l’uomo non è abbastanza intelligente e pronto per risolvere le cose quando i suoi protagonisti sono ancora in vita? E, il tempo, può davvero guarire le ferite?”
“Anche se prende le mosse dal racconto di una famiglia segnata da una dittatura e dall’analisi di un trauma collettivo – dichiara il regista Emanuele Valenti – questo testo può parlarci, in realtà, di una famiglia qualsiasi e del tentativo di rimetterne assieme i cocci, collocandosi, quindi, su un terreno assolutamente universale. Questa è una delle cose che più mi ha colpito quando l’ho letto. Da una parte quindi la prepotenza della Storia, dall’altra la possibilità di raccontare una famiglia come tante che non può esistere senza rimorsi, accuse, colpe da elaborare e da cui affrancarsi. Le parole di Calderon non danno via d’uscita, mettono spalle al muro. E così è nato il lavoro di messa in scena. Una stanza, due porte, un esperimento, una riunione familiare e una ragazza che vuole sapere; che ha una necessità e un dolore nel petto; che vuole ascoltare parole mai dette; parole che spieghino; parole che possano aiutarla.”
La regia di Emanuele Valenti è molto incalzante, il ritmo è pressante, gli attori e le attrici inseguono con altrettanto vigore il testo e si calano con agilità in quel doppio registro tra passato e presente. Un esperimento sicuramente riuscito e il pubblico ha applaudito a scena aperta.