Non sono mai stato attratto particolarmente dalle tette. Intendiamoci, non ho preconcetti o pregiudizi a riguardo, faccio un discorso generico, quasi cronachistico. Senza che io sappia ricondurre il tutto a qualcosa di logico o esistenziale, non sono mai stato attratto particolarmente dalle tette.
Tempo fa, parlo di qualche annetto, ho pure reso questa cosa pubblica, prima sui social e poi scrivendone sul giornale col quale collaboravo all’epoca. Credo sia anche una storiella piuttosto nota, almeno per chi mi legge abitualmente. Stavo condividendo su Facebook alcuni libri di un certo valore di cui sono in possesso, prime edizioni, rarità. Sono un bibliofilo, come un Dell’Utri a piede libero, e mi sembrava carino condividere questa mia passione con la mia bolla. A un certo punto ho pubblicato la mia prima edizione di Gilles ragazzo-capra di John Barth, oltre che una rarità anche un vero e proprio capolavoro. Ero convinto, povero scemo, che avrei ricevuto chissà quanti commenti favorevoli, chissà quanti like. Invece niente. Neanche un commentino striminzito, nessun tipo di reazione. La cosa mi ha scosso, così ho deciso, per provocazione, di lanciare un sondaggio, con il chiaro intento, almeno per me, di evidenziare la nostra meschina natura umana. Ho chiesto, senza tante spiegazioni, di scegliere tra tette e culo. Una provocazione, ripeto. Una provocazione che ha però scatenato l’inferno, oltre quattrocento commenti, non so quanti like, gente entusiasta che commentava, faceva la hola, qualche distinguo polemico, ovviamente da parte di donne. Anche parecchi vip intervenuti a dire la loro, molti, come me, a tifare per il culo. Infatti, questo il punto, tra tette e culo io non ho avuto mai dubbi, voto culo. Spinto dalle tante reazioni a questo post, che subito dopo ha generato un ulteriore post in cui lamentavo la notevole differenza di reazioni rispetto a quello su John Barth, autore che, per altro, padre del massimalismo, apprezzerebbe immagino questo mio agire, ho scritto un articolo. Anzi, due. Nel primo, sono ancora online, sostenevo che gli uomini intelligenti preferissero guardare le donne coi culi grossi. Nel secondo, scritto sull’onda dell’entusiasmo per i numeri giganteschi ottenuti col primo articolo, parliamo di svariate centinaia di migliaia di lettori, alzavo il tiro e dicevo che gli uomini intelligenti non solo guardavano le donne col culo grosso, ma anche quelle col seno piccolo. Tutto nasceva, ripeto, è una storiella che ho raccontato anche troppe volte, da quegli articoli scemi che si trovano spesso online, articoli acchiappaclick, quelli nei quali si dice che se sei pelato, con la pancia, disordinato, se ti piace la Nutella o qualsiasi cosa non rientri nel buonsenso o nel canonico, sei intelligente. Il tutto, in genere, supportato da un qualche studio di fatidiche università americane, mai esistite. Uno scherzo, dichiarato come scherzo ma preso molto sul serio, al punto che quegli articoli sono stati citati in non so quanti altri articoli, anche di inserti scientifici e medici, di non so più quanti quotidiani, di carta o online.
Sta di fatto che io votavo e voto culo. Quindi ribadisco, non sono mai stato attratto particolarmente dalle tette. Per altro, nella mia città natale, Ancona, non si dice tette, né zizze, né sise, ma pocce, e converrete con me che la parola poccia sia sgradevole anche solo a scriverla, volgare, grossolana, niente a che vedere con la parola culo. Mica sarà un caso che l’incarnazione più vicina a noi del woman enpowerment, Lady Godiva, vera incarnazione di tutta una serie di figure semimitologiche di cui sono infarcite le culture di tutto il mondo, nel decidere di affrontare e quindi sconfiggere il patriarcato usando il proprio corpo come arma contundente, coprirà le tette con i lunghi capelli, nell’iconografia ovviamente rossi, come quelli delle streghe, lasciando però ben scoperto il culo, lì appoggiato su una sella di stoffa, come usava al passaggio dell’anno mille. Una versione aggiornata dell’anasyrma, il mito che vuole la donna capace di fermare la tempesta o i nemici alzando la gonna e mostrando i genitali, presente in tante tradizioni. Qui però la tempesta è fermata col culo. Il culo vince, sempre.
Torno però a parlare di tette.
Perché una delle ultime volte che sono stato bloccato sui social è per colpa delle tette. Anzi, le ultime due. E per essere uno che non è mai stato attratto particolarmente dalle suddette, direi che è due volte di troppo. Mi fa venire in mente, poi giuro che la smetto di divagare, la mia avversione verso le spiagge. Intendo quelle con la sabbia. Nato in una città di sassi e scogli, Ancona, e frequentatore della zona del Conero, quando si tratta di andare in spiagge con la sabbia soffro, al punto che da che i miei figli sono grandicelli, ho proprio smesso. Per questo motivo ho sempre frequentato poco la vicina Senigallia, vicina alla mia Ancona, città della Spiaggia di Velluto. Troppa sabbia per i miei gusti. Ma una delle due volte che ci sono andato, per andare a trovare parenti di mia moglie, che lì avevano preso una casa per l’estate, sono stato punto da un pesce ragno mentre, a fatica, cercavo di conquistare un punto della spiaggia in cui il mare raggiungesse almeno il costume, e considerate che al mare porto i boxer. Un dolore atroce, che ha, se servisse, cementato in me l’idea che la sabbia non va affatto frequentata.
Come le tette sui social, pena un ban, corrispettivo di una puntura di pesce ragno che non puoi neanche arginare con della ammoniaca.
È lì che torno.
È successo quando ho pubblicato un pezzo sull’ultimo album di Amanda Palmer, There Will Be no Intermission, ma lì va detto che nella copertina c’era sì esibito un paio di tette, quelle della cantante, ma anche il pube, assolutamente non depilato, quindi non saprei dire con certezza a cosa sia stato dovuto il ban, l’altra quando ho condiviso la copertina del mio libro Venere senza pelliccia, nella cui copertina campeggia una versione contemporanea e ultrapop della Venere di Milo, in titolo mica stava lì per caso. A interpretare la Venere di Milo ultrapop, apposta per me, Romina Falconi, cantautrice romana di stanza a Milano che aveva posato generosamente, lasciando che poi dei supergrafici lavorassero a rendere il suo nudo molto simile a quella che a ben vedere è una delle statue più famose di sempre, niente braccia, quindi, e niente busto. Ma tette sì, e siccome nello specifico erano le tette di Romina Falconi, anche tette piuttosto generose, credo almeno una quarta. Lei, ovviamente, Jenny from Tor Pignattara, le chiamerebbe e le chiama sise.
Ci ho ripensato quando mi è capitato, mesi fa, di andare alla presentazione di lancio del prossimo lavoro della stessa Romina Falconi, oltre che del suo sodale Immanuel Casto, il primo dal titolo sintomatico Rottincuore, il secondo, nel mentre uscito, Malcostume. Ci ho pensato perché, e non poteva che essere così, visti i due artisti coinvolti, si è a lungo parlato di politicamente corretto e scorretto, di approccio alla provocazione, di come comportarsi rispetto a questa polarizzazione che oggi induce chiunque a prendere una posizione subito e senza mezze misure.
Nel pensarci, sono fatto così, mi sono iniziato a chiedere perché mai, e ovviamente non parlavo di me, anche se dicessi che non sono affatto attratto dalle tette, temo, non sarei onestissimo intellettualmente, ne facevo più una questione di primato, non certo di esclusività, nel pensarci, dicevo, sono fatto così, mi sono iniziato a chiedere perché mai l’uomo è attratto dalle tette. Ho anche pensato, vedi a avere tanto tempo a disposizione per pensare, o a non fare una fava, che probabilmente questa faccenda dell’essere attratto dalle tette è una cosa solo dell’uomo, inteso come essere umano, non ne sto mica facendo una questione di generi, suppongo ci siano donne attratte dalle tette. Certo porno patriarcale non fa che reiterare questa convinzione. Ovviamente, nel pensarlo, nel pensare e nel chiedermi, cioè, se questa cosa dell’essere attratti dalle tette è solo una cosa che riguarda gli esseri umani, mi sono pure cominciato a chiedere come mai avrei potuto avere risposta a quesito tanto anomalo. Me lo sono chiesto seriamente, intendo, non tanto per dire. Ho iniziato a pensare che forse avrei dovuto cercare tra i miei contatti un sessuologo o una sessuologa, anche se immagino che fare una domanda del genere a una donna mi avrebbe messo a disagio, sono pur sempre nato nel Novecento e in provincia, o magari semplicemente a uno o una psicologo/a. Poi, vedi tu come gira a volte il pensiero, mi sono anche detto che probabilmente avrei anche dovuto consultare uno zoologo, perché altrimenti avrei avuto solo un lato della medaglia, quello relativo agli umani. Non sia mai, proprio ultimamente mi sto facendo una abbuffata di libri antispecisti, quasi sempre scritti da neofemministe, figuriamoci se casco da solo in questo trabocchetto.
Insomma, è finita che, come praticamente avrebbe fatto chiunque, sono finito a fare una ricerca su Google, andando a scoprire cose interessanti, anche se non esattamente ferree da un punto di vista scientifico, immagino. Siccome, però, me lo chiedevo a partire da un sondaggio fatto su Facebook tra tette e culo, certo nobilitato dal mio aver citato John Barth e il suo Giles ragazzo-capra, passando poi per una citazione en passant di Romina Falconi a tette poppizzate (poppizzate non nel senso di poppe, che è un altro modo di dire tette, non so di che parte d’Italia, ma nel senso di “rese pop”) per aria sulla copertina del mio Venere senza pelliccia, e atterrando sul lancio di Rottincuore e Malcostume, direi che anche risposte poco ferree di Google ci possono stare.
Ho quindi scoperto, dicevo, che l’uomo, inteso prevalentemente come essere umano di genere maschile, ma ovviamente non solo, qui però è del maschio che ahinoi si parla, è attirato dal seno femminile per una questione vagamente primitiva. Uno potrebbe dire, bene, vedi che tu che voti culo sei più evoluto, figlio del progresso e dell’illuminismo. Mhmmm, le cose non stanno esattamente così. Perché l’uomo è attratto dal seno femminile, ho letto, in quanto il seno femminile si è sviluppato una volta che l’uomo, inteso come essere umano, ha assunto una posizione eretta, così da simulare agli occhi del maschio le rotondità tipiche del culo.
Avete capito bene.
L’uomo, anche quello che nel sondaggio ha votato tette, è attratto dalle tette perché la donna ha sviluppato le tette perché non poteva più mostrare con la stessa naturalezza il culo. So che sto camminando in un campo minato, ma il campo minato è esattamente l’oggetto di questo mio scrivere, fidatevi. L’uomo, etc etc, guarda le tette perché nelle tette rivede il culo. E l’uomo guardava al culo perché, prima di conquistare la posizione eretta da homo sapiens, era al culo che guardava per accoppiarsi. Anche qui, niente di nuovo, gli animali tendono a accoppiarsi in quello che fossimo in America chiameremmo doggy style, parlo di mammiferi. Anche l’uomo un tempo lo faceva. Lo fa anche oggi, sia chiaro, ma un tempo lo faceva come unica possibilità. Camminava a quattro zampe, vedeva un culo, ci montava sopra e si accoppiava a quattro zampe. Che poi non fosse nel culo che finiva è il motivo per cui non ci siamo estinti milioni di anni fa, ma è altra faccenda. Ci siamo salvati per una questione di culo, stavolta inteso nel senso di fortuna, e anche sul perché il culo indichi la fortuna sarebbe da indagarci sopra, sicuramente ha a che fare con questo.
Quindi il culo femminile era un modo per attrarre il maschio, per la riproduzione, i seni femminili sono diventati il suo corrispettivo una volta che si è diventati bipedi e si è passati dalla doggy style alla posizione del missionario. Una attrazione pret-a-porter. Che poi ci sia dietro anche la faccenda dell’allattamento, del simbolo massimo di fertilità e maternità, Freud e affini, è altra faccenda. Non sono uno psichiatra e neanche un seguace di Darwin, andatevi a fare le vostre ricerche su Google da soli.
Questa, ovviamente, è solo una piccola parte di quel che ho scoperto, vai poi a sapere se è tutto vero. Perché nel leggere ciò mi sono chiesto, nessuno mi può giudicare, se la faccenda che gli animali, a differenza dell’uomo, facciano sesso solo per riprodursi, salvo rare eccezioni, fosse in effetti vera. Sapevo, come tutti, che era vera parzialmente, perché più volte ho letto della presenza anche piuttosto diffusa dell’omosessualità nel mondo animale, come tutti ho visto la giovane biologa in tv, divenuta per qualche ora una influencer, quindi sapevo che il dire “contro natura” è una puttanata, frutto del ventilato bigottismo di gente che, fossimo ancora in natura, sopravvivrebbe a stento ventiquattro ore, anche perché, questo la tipa in tv non l’ha detto, anche l’essere umano è parte della natura, e tanto basterebbe a rendere qualsiasi pratica praticata secondo natura, anche andare in giro con un auto a colza lo è, sia messo agli atti, ma sapevo anche, come tutti, la storiella dei Bonomo, che si accoppiano anche quando non sono in calore, per il gusto di farlo, quindi la domanda che mi stavo ponendo era più curiosa di quanto potrebbe non sembrare.
Ho così scoperto che no, non è vero che gli animali si accoppiano tutti solo per riprodursi. Ho scoperto che esiste l’omosessualità tra animali, che spesso porta coppie di animali omosessuali o lesbiche, sempre che si dica così anche degli animali, a diventare genitori o rubando o adottando uova e figli di altre coppie, o facendosi fecondare da maschi, a volte coinvolti in menage a trois, a volte semplicemente ingannati, ho scoperto che esiste la masturbazione negli animali, inteso come autoerotismo e anche come petting, così come le orge, il travestitismo (ho letto un articolo su un tipo di serpente che fa orge in mezzo ai quali ci sono maschi che spruzzano feromoni femminili, per essere scambiati per femmine, roba interessantissima). Insomma, tutta una serie di variabili, dallo stupro, ricorderete che vi ho parlato delle libellule (qui https://www.optimagazine.com/2020/02/24/lunico-modo-di-sopravvivere-al-nuovo-album-di-francesca-michielin-e-fingersi-morti/1726550), ma sembra che la faccenda nelle cimici sia anche peggiore, con i maschi che infilano il loro cazzetto affilato non solo nell’apparato genitale femminile delle cimici, ma in tutto il corpo, come fosse un coltello, della serie, primo o poi ci becco, un po’ come del resto è andato all’uomo primitivo che mirava al culo, alla necrofilia come al cannibalismo, o alla pedofilia, ci sono animali che si accoppiano con esemplari della loro specie non ancora sviluppate, cuccioli, in pratica, Humbert Humbert a quattro zampe che concupiscono o sono concupite dalle loro Lolite, senza un Nabokov che elevi il tutto a arte, passando per pratiche meno estreme ma quantomeno discutibili, nel senso che ci fanno rivalutare una nostra certa schiettezza, penso al sesso orale e alla faccenda dei pesci ciclidi, con le femmine che tengono gli ovuli non fecondati in bocca e i maschi che per convincerle a poterli fecondare infilandoci il pistolino lo nascondono sotto pinne multicolori, sorpresa!, chissà se anche loro diranno qualcosa che suoni come la famosa massima di Jay McInerney “Mai fidarsi di chi ti dice ‘ti ho appena fatto un bonifico’ e ‘non ti verrò in bocca’”, ovuli conservati in bocca e che necessitano di una fellatio per essere fecondati, insomma, una storia che a averla saputa ai tempi di Gola profonda uno avrebbe guardato a Linda Lovelace come a una sorta di Piero Angela giusto un po’ più allenata nell’apnea. Riguardo il sesso orale, poi, ho scoperto che a praticarlo, vai a capire perché, sono soprattutto pipistrelli del sud est asiatico, poi uno dice che la narrazione legata al Covid era parziale e farraginosa.
Studiando in rete ho appreso che molte razze di volatili, che non sono quasi mai muniti di peni ma di fori chiamati cloache, termine che noi, vai a capire perché, associamo alle fogne, ma quando hanno peni li hanno enormi e anche bizzarri, uno ce l’ha più lungo della propria altezza, tendono a munire detti peni di setole atte a ripulire gli organi genitali femminili dallo sperma dei rapporti avuti precedentemente, della serie, va bene essere aperti e liberi, ma almeno facciamolo in condizioni igieniche accettabili. Chissà se in natura esiste una razza che pratichi lo stesso tipo di igiene intima che si dice praticasse Mao Tse Dong, fare sesso quotidianamente con giovani ancelle al fine di farsi un bidet usando i loro umori, vedi tu che a volte il mondo è davvero un luogo strano e mal frequentato.
Insomma, aprire quel vaso di Pandora, cioè chiedere alla rete ragguagli rispetto alla sessualità animale, è davvero porsi di fronte a un universo a se stante, e fortuna che non sono incappato in video amatoriali o meno che presentano accoppiamenti tra esseri umani e animali, del resto è noto che anche senza registi e telecamere gli animali a volte si accoppino con razze diverse dalle loro, per questioni relative al predominio sul territorio, per sancire patti di non belligeranza, quindi, o anche solo per piacere, chi sarò mai io per stabilire se a un cavallo piaccia o meno sodomizzare un essere umano, e chissà dove gli animali hanno il loro punto G, e fortuna che non sono incappato in video che mostrino la cosiddetta pratica del gerbilling, nome che trae origine ovviamente dal gerbillo, pratica che consisterebbe nell’infilare da qualche parte, e con qualche parte si intende la vagina o l’ano, quasi sempre l’ano, un animale di più o meno piccole dimensioni, vivo, al fine di provocare piacere o anche dolore, quindi come pratica sessuale o di tortura, poi è chiaro che il concetto di dolore non è necessariamente slegato a quello di piacere, ma qui andiamo in altro territorio, e comunque tutti avete sentito dire del noto attore brizzolato dal cui culo sarebbe stato estratto un criceto, vai a sapere se vivo o meno, e non leggete queste mie parole come un gesto imprevisto di moralismo, siamo partiti parlando di tette, ma come un semplice disinteresse verso certe pratiche, anche se qualche dubbio sul fatto che a un gerbillo piaccia essere infilato nel culo di un attore hollywoodiano, seppur piacente e brizzolato, così, a occhio, ce l’avrei pure.
Ho scoperto un sacco di cose, trovando materiali per non so quanti altri racconti che potrò ricondurre al magico mondo dello spettacolo, i cavalli che affogano dal culo a confronto sono quisquilie, ma non ho trovato nulla riguardo le tette. Cioè, ho letto a più riprese che gli animali non le hanno sviluppate in quanto non hanno avuto una evoluzione come quella dell’essere umano, quindi continuano a attrarsi alla vecchia maniera, immagino mostrando il culo, ma nessuno ha specificato da qualche parte la faccenda delle tette. Che poi, a dirla tutta, animali con le tette ce ne sono, credo, a meno che le mucche non le abbiano così sviluppate in quanto costantemente in fase puerpera proprio al fine di far loro produrre latte, maledette aziende casearie.
Delle tette e degli animali non ho trovato nulla, davvero, e anzi, devo ricordarmi di cancellare la cronologia di Google, non sia mai che i miei figli adolescenti se ne appassionino troppo. Comunque non so quindi se qualche animale ci si intrattiene, con le tette, né se esiste una qualche pratica sessuale che le coinvolga, tipo quella che noi umani chiamiamo spagnola, anche lì, non so esattamente perché. All’ultimo Eurovision, infatti, Chanel, che rappresentava gli iberici, mostrava assai di più il culo che le tette, anche se lei è in effetti cubana, quindi magari non praticissima di immaginari spagnoli e di tette. O meglio, ti pare che non andavo a fare una ricerca a riguardo, clamoroso, in Spagna la spagnola si chiama “cubana”, anche perché suppongo che chiamarla “spagnola” avrebbe generato un po’ troppi fraintendimenti e corto circuiti, quindi per loro la spagnola è la cubana, vacci a capire qualcosa, e soprattutto qualcuno avvisi Chanel per la prossima volta.
Torno quindi al punto di partenza, come un qualsiasi animale non sono particolarmente attratto dalle tette. Ma so ben capire se sotto due sise anche piuttosto corpose batte un cuore, e se questo cuore è connesso con la testa e in grado di generare visioni che, di questi tempi, andrebbero celebrate con fuochi d’artificio e balletti spettacolari, altro che Eurovision.
Rottincuore, il prossimo album di Romina Falconi, e il suo Rottocalco, come Malcostume di Immanuel Casto, entrambi prodotti dalla Freak & Chic, sono due progetti estremamente visionari, out of the box, direbbe chi invece dentro la scatola ci sta, assolutamente fuori dalle logiche dei nostri tempi e anche per questo assolutamente da sposare e da seguire con attenzione. Un modo di fare arte personale, e come mai si potrebbe fare arte se non in questa maniera, affrontando temi centrali del nostro esistere, ma con lo sguardo ironico e anche cinico, a tratti, di chi ha capito sulla propria pelle che stare nel flusso è comodo, ma è troppo spesso intellettualmente disonesto, quindi falso.
Viviamo in tempi strani, noi, oggi. Interessanti, per chi si prende briga di raccontarli e studiarli, beati gli antropologi, forse meno per chi ci si trova a viverli e basta.
Siamo costantemente chiamati a scegliere sotto che bandiera stare, e spesso l’idea di mettere in campo un pensiero proprio, che non coincida necessariamente con tutte le istanze di uno dei due schieramenti, ci porta a essere inglobati d’ufficio nello schieramento opposto. Per intendersi, chi è progressista, come chi scrive, come Romina Falconi e Immanuel Casto, è stato scippato nella contemporaneità della possibilità di praticare il politicamente scorretto, la provocazione atta a insaporire la propria narrazione, pena l’essere scambiato per un becero conservatore. Questo perché è il mondo della destra, dei conservatori, oggi, a aver sposato in toto il politicamente scorretto, anche pretestuosamente, non per evidenziare delle crepe in istanze di per sé giustissime, quanto per distruggere il tutto senza distinguo, del tutto disinteressati a salvare un qualsiasi passaggio. Per questo oggi una canzone come Da grande sarai frocio, Tropicanal o Che bella la cappella non potrebbe assolutamente proporle, non in quel modo lì, il rischio di venir frainteso e soprattutto di venire bloccato o bannato dai social e dai canali di distribuzione video e streaming lì, praticamente certo.
Dover scegliere se stare dalla parte dei Gen Z, decisamente votati al gender fluid, a una sensibilità senza pelle, un’idea di mondo inclusiva e libera o dei boomer che gestiscono la politica e i centri di potere economico, i primi assolutamente titolari dei nodi culturali, si pensi a Netflix o Spotify che ne sposano costantemente la poetica, gli altri lì a legiferare col freno a mano tirato, via di Istruzione e merito, via di Sovranità Alimentare intendendo in realtà protezionismo e nazionalismo, andando contro una qualsiasi idea di progresso, sarebbe in sé semplicissimo, non fosse che appunto essere portatori di punti di vista differenti dovrebbe sempre stare a cuore di chi vuole provare a portare un proprio contributo alla rappresentazione dello spirito dei tempi.
Una nuova sfida, quindi, quella che i due artisti hanno deciso di affrontare coi loro nuovi lavori, Immanuel Casto a promuovere inizialmente il suo album Malcostume attraverso una doppietta di singoli Wasabi Shock, brano che gioca su una non troppo ricercata metafora riguardo il pesce ma che si riscatta con la citazione finale del noto romanzo di Douglas Adams, e soprattutto Amore ariano, non esattamente una canzone che fa suo lo spirito di questi tempi, ora con Insegnami la vita, scritta con Romina e che darà il nome al tour che vedrà i due artisti dividere il palco assieme, e Romina Falconi, dopo aver dato voce a chi si trova dalla parte del torto col singolo La Suora, a elevare a figura poetica la già mitologica figura del Lupo Mannaro, incarnazione, rominafalconianamente parlando, dell’ombra che ci abita un po’ tutti, quella appunto del Lupo Mannaro, essere a tratti anche cattivo, ma destinato a una solitudine che porta in evidenza anche tratti di fragilità, quindi in assenza di speranza. Canzone che vede Romina affiancata da Roberto Casalino al songwriting e che, come nel caso de La suora, è accompagnata dall’uscita di un nuovo numero di Rottocalco, il libro/magazine che raccoglie racconti e scritti originali atti a sviscerare di volta in volta il tema affrontato nel brano. Un’idea talmente originale da non poter essere raccontata qui, in poche parole, tocca proprio che ve lo prendiate sulla fiducia. E che vi vediate il video, quello di Lupo Mannaro, un video cartoon, ovviamente, e non a caso presentato all’ultimo Lucca Comics. Per l’album Rottincuore, invece, toccherà aspettare il 2023, ma non manca poi troppo.
Godiamoci per ora Lupo Mannaro. Provare a forzare la mano al pensiero unico e al tempo stesso agli algoritmi, ma contrapponendo la propria visione del mondo a qualsiasi forma di spirito reazionario, ma soprattutto facendoci sorridere mentre muoviamo il culo al ritmo di ottimo electropop. Chi le ha, crepi l’avarizia, si troverà a muovere a tempo anche le tette.
Ciao Michele – spero non ti dispiaccia se ti do del tu. Ti leggo sempre, amo i tuoi punti di vista fuori dal coro, affatto polarizzati e i tuoi voli pindarici. Ma questa volta sono ancora più grata per averti letto, perché attraverso i tuoi scritti mi hai fatto scoprire Romina Falcone e Immanuel Casto. Testi strepitosi, provocatori e intelligenti. Grazie!