Sex and The City promette di riempire uno dei suoi vulnus, ma attenzione all’effetto figurine

Il revival Sex and The City promette di riempire il vulnus di diversità della serie originale con tre donne di colore tra le new entry: ecco perché potrebbe non funzionare


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Una delle critiche più frequenti tra quelle mosse a Sex and The City negli anni della messa in onda su HBO ma soprattutto a posteriori, quando il tema dell’inclusività dei media è diventato dominante nell’agenda relativa allo show business, era quella di essere elitaria e poco variegata nella rappresentazione delle sue protagoniste. Per banalizzare, tutte troppo bianche, troppo ricche, troppo eterosessuali. Su quattro protagoniste, non una che si differenziasse dalle altre per etnia, orientamento sessuale o posizione sociale. Critiche mosse anche verso altre serie iconiche della tv, come Friends, ad esempio, accusata a più riprese di essere “invecchiata male e di risultare oggi uno specchio della totale mancanza di diversificazione che vigeva nella tv generalista a cavallo tra i due secoli.

Stavolta, col revival di Sex and The City in lavorazione per HBO Max, la promessa è quella di riempire quel vulnus di rappresentatività: And Just Like That… avrà metà del team di sceneggiatori, guidato dallo showrunner della serie originale Michael Patrick King, composto da autori e autrici non bianchi. E secondo TVLine il frutto del loro impegno nella diversificazione rispetto allo show originario sarebbe l’aggiunta di tre donne alla cerchia di amicizie di Carrie, Miranda e Charlotte: di circa sei nuovi personaggi, tre saranno regolari e si tratta di donne di colore. Un modo per rimediare ad un difetto evidente e rispondere a rinnovate esigenze di ampliamento dei confini della rappresentazione femminile in tv, certo, ma attenzione all’effetto figurine.

Se per pararsi dalle critiche di un’idea molto parziale e statica dell’universo femminile in Sex and The City, racchiusa in cliché fatti prevalentemente di privilegi esibiti, si finirà semplicemente per avvicinare tre donne bianche a tre donne di colore – come a volersi rimettere in pari con le mancanze del passato – il rischio è quello di scrivere un compitino percepito come necessario e doveroso solo perché richiesto dall’opinione pubblica. Semplicemente non basta un 3 a 3, palla al centro (tre new entry nere per tre protagoniste bianche) per rimediare al fatto che, per esempio, nessuna protagonista della serie abbia mai avuto una storia di rilievo con una persona di colore, o che l’unico personaggio nero nel secondo film di Sex and The City fosse l’assistente di Carrie Louise (Jennifer Hudson), una sua dipendente precaria a cui regalare come buona uscita l’agognata Louis Vuitton perché torni al paesino per Natale con una borsa di marca. La questione sta nella rappresentazione a tutto tondo dei personaggi e nelle loro interazioni reciproche, cosa che non si risolve semplicemente scegliendo delle new entry non bianche per i nuovi personaggi che entreranno – non è ancora chiaro a che titolo – nella vita di Carrie e le altre, come a voler aggiungere delle figurine al proprio album.

A maggior ragione perché i nuovi ingressi nel revival di Sex and The City serviranno a riempire il vuoto lasciato da Samantha, un personaggio storico e molto amato della serie: l’assenza di Kim Cattrall peserà tantissimo sul nuovo format e non potrà certo essere controbilanciata da personaggi scritti appositamente solo per rimediare ad una carenza di diversità. In via di principio un ampliamento della tipologia dei personaggi che apra le porte a diversità etniche, sociali, di genere ed orientamento sessuale è sempre cosa buona e giusta, ma è la premessa di riempire un vuoto durato sei stagioni a non deporre a favore dell’operazione. La speranza resta quella di essere stupiti in positivo, ma con poca fiducia nel fatto che accadrà.