Cobra è uno dei più discutibili (ed esemplari) action movie degli anni Ottanta

Su Rete 4 alle 21.30 Sylvester Stallone nel cupissimo ruolo di Marion Cobretti, poliziotto al di là della legge, metà Callaghan, metà giustiziere della notte. Un cinema che si prende così sul serio da sfiorare il ridicolo

Cobra

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Si può prendere sul serio un film come Cobra? Vale a dire uno dei titoli più discutibili degli anni Ottanta, con Sylvester Stallone in versione poliziotto spietato dall’improbabile nome di Marion Cobretti, che con Ray-Ban a specchio e stuzzicadenti (dettaglio citato come omaggio da Nicolas Winding Refn in Drive, bontà sua) uccide brutti ceffi a ripetizione nel più totale disprezzo della legge. Un film oltretutto, pieno di sentenze proverbiali: “Tu sei il male, io sono la cura”, “Qui la legge si ferma, e comincio io”, recitate da Stallone con un’espressione così accigliata da scadere nella parodia involontaria (talvolta la lugubre vena comica è persino cercata, come quando al cattivo che minaccia una strage di ostaggi in un supermercato dice: “Che aspetti, non devo mica fare la spesa”).

Diretto da George Pan Cosmatos, già regista di Rambo 2, Cobra è un film mediocre, a tratti ridicolo. È interessante, però, per la sua capacità di mettere insieme alcuni degli ingredienti più retrivi del cinema action degli anni Ottanta, uno dei generi di maggiore successo del decennio (infatti il film andò bene, incassando 160 milioni globalmente).

Sylvester Stallone dopo il successo di Rambo era all’apice della sua immagine di macho guerriero e aveva imposto il tipo dell’uomo indistruttibile, ripetuto lungo il decennio in infinite variazioni, non solo da lui, ma da attori come Schwarzenegger e Chuck Norris. Un personaggio che spinse la studiosa Susan Jeffords a formulare la categoria degli “hard bodies”, in un libro che metteva in collegamento l’era reaganiana alla rinnovata voglia di eroi sovraumani (dell’allora presidente degli Stati Uniti non si può non ricordare la famigerata battuta, riferendosi a una possibile guerra: “la prossima volta manderò Rambo”).

Il personaggio protagonista, Marion Cobretti detto Cobra, inoltre, filtra e attualizza istanze che vengono sin dagli anni Settanta. Il suo tenente di polizia è chiaramente disegnato sulle pulsioni reazionarie dell’ispettore Callaghan (film che all’uscita fu apertamente tacciato di fascismo), cioè il tutore dell’ordine insofferente ai limiti imposti dalla legge (“Fino a quando giocheremo secondo queste stupide regole, mentre i criminali non lo fanno, perderemo”, dice Cobra).

L’altra metà del personaggio è modellata invece sul disfattismo populista del giustiziere della notte alla Charles Bronson, di cui Cobretti eredita lo spirito paranoico del cittadino che imbraccia il fucile perché ormai le metropoli sono diventate luoghi fuori controllo nei quali, per ottenere giustizia, bisogna fare da soli. Infatti, il film comincia con la voce plumbea di Stallone che enumera le statistiche d’un paese al collasso: “In America c’è un furto ogni 11 secondi, una rapina a mano armata ogni 65 secondi, un crimine violento ogni 25 secondi, un omicidio ogni 24 minuti e 250 stupri al giorno“.

Singolare poi, che l’origine di Cobra si leghi a un film lontanissimo come Beverly Hills Cop. A Stallone, infatti, era stato proposto il ruolo di protagonista in quel progetto. Ma trovando la sceneggiatura poco consona alle sue corde, aveva deciso di riscriverne intere parti, dando al protagonista il minaccioso nome di Cobretti e alla storia un sapore molto più cupo. I produttori, perplessi, a poche settimane dall’inizio delle riprese decisero di abbandonare la carta Stallone e puntare sulle corde più ironiche di Eddie Murphy, centrando uno dei grandi successi del decennio.

Cobra
  • Andrew Robinson (Actor)
  • George Pan Cosmatos (Director)

Stallone però non dimenticò il suo personaggio e lo riciclò non appena gli si presentò l’occasione di Cobra, un progetto a medio budget targato Cannon, ossia la casa di produzione che negli anni Ottanta, guidata dalla coppia Golan e Globus, s’era specializzata negli action dalle venature fascistoidi, sfornando i sequel del Giustiziere Della Notte e i film di Chuck Norris.

Questi film offrono un’immagine precisa della ricetta del cinema action anni Ottanta. Un filone nel quale i film bellici puntano su paure da guerra fredda (immaginando i sovietici, l’“impero del male”, come lo definì Reagan, che invadono l’America in Alba Rossa o Invasion U.S.A.) e su missioni in Vietnam in cui ritrovare i soldati prigionieri (Rambo 2, Rombo Di Tuono, Missing In Action, avventure che funzionano come risarcimento e occasione di vittoria di una guerra nella realtà persa).

Il presidente Reagan e la moglie Nancy con Stallone e Brigitte Nielsen

Trasposto in ambiente metropolitano, il film d’azione insiste invece sull’idea della città ridotta a una giungla, ostaggio dei criminali, di fronte ai quali l’unica risposta è il pugno di ferro, in uno stato di eccezione che richiede uomini eccezionali. Infatti, per giustificare il comportamento a dir poco sopra le righe di Cobretti, i cattivi di Cobra sono descritti come maniaci butterati di ferocia insensata, che commettono delitti per il puro gusto di farlo. Nel film imperversa una misteriosa setta, le belve della notte, che mira a imporre un non chiaro “Nuovo ordine” e che si diletta in sinistri (e un po’ ridicoli) rituali durante i quali tutti agitano delle asce, simbolo dell’organizzazione.

Ne risulta una storia al grado zero, senza sviluppi narrativi o personaggi dotati di motivazioni riconoscibili, in cui il racconto è interamente schiacciato sulla dinamica delle scene d’azione (così violente che il film venne scorciato di mezz’ora) e sul supposto rispecchiamento con le pulsioni d’uno spettatore nutrito delle stesse paure e della stessa visione nichilista della società.

In quella condizione estrema ad assicurare l’ordine restano solo individui come Marion Cobretti. Il quale non possiede nemmeno più l’aria sardonica, rabbiosa ma ancora riconoscibilmente umana di un Callaghan, ma è una figura robotica e inespressiva, mossa da una ferocia fredda, unilaterale e inappellabile, che esegue meccanicamente le sue sentenze. Un uomo privo di psicologia, senza una vita privata (nonostante la supposta attrazione con la coprotagonista Brigitte Nielsen), un personaggio borderline non meno inquietante degli psicopatici cui dà la caccia. Così quando, mentre Stallone elenca le statistiche dei delitti, si vede una pistola puntata verso gli spettatori, non è chiaro se la minaccia provenga da un criminale o dal suddetto tutore dell’ordine che dovrebbe difenderci.