La meritata vittoria di Chernobyl agli Emmy, non solo una serie ma la miglior narrativa d’inchiesta in tv (video)

La vittoria di Chernobyl agli Emmy 2019 come Miglior Miniserie è la doverosa consacrazione di un progetto che è molto più di una semplice serie tv


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La vittoria di Chernobyl agli Emmy 2019 nella categoria Miglior Miniserie è un atto dovuto non solo verso la miglior produzione originale dell’anno, ma verso un esempio meritorio di narrativa d’inchiesta adattata in forma seriale. Un’operazione di estrema qualità per scrittura, interpretazione e regia che ci ricorda come l’industria dell’audiovisivo possa e debba avere (anche) una missione divulgativa, intesa nel senso più ampio di favorire la conoscenza di fenomeni, fatti, eventi storici che trovano nell’adattamento televisivo una forma più affascinante per essere raccontati al grande pubblico.

Criticata per alcune presunte inesattezze, radiografata a caccia di errori nei suoi espedienti narrativi, seguita perfino da annunci di contro-narrazioni in una serie tv alternativa che dovrebbe essere prodotta dalla Russia, Chernobyl è certamente un’opera di finzione e questo va ricordato, ma la sua capacità di raccontare un disastro ecologico e un dramma umano che ha coinvolto centinaia di migliaia di persone è degna della migliore cinematografia d’inchiesta.

Il modo in cui la miniserie ha drammatizzato gli eventi del disastro della centrale nucleare del 1986 nell’allora Unione Sovietica, a partire dal libro-testimonianza Preghiera per Chernobyl di Svjatlana Aleksievič, sembra dare ragione al premio Pulitzer Joby Warrick quando definisce “i libri d’inchiesta i veri romanzi dei nostri anni“. La materia viva della nostra storia che si trasforma in racconto televisivo. Non è un caso, probabilmente, che tutti gli spettacoli nominati agli Emmy nella categoria Miglior Miniserie, ad eccezione di Sharp Objects, fossero ispirate a fatti realmente accaduti e persone realmente esistite.

La produzione originale di Sky ed HBO, interpretata in modo magistrale da Jared Harris, Stellan Skarsgard ed Emily Watson, ha trovato la giusta consacrazione sul palco degli Oscar della tv: ha battuto le miniserie When They See Us di Netflix (altra papabile vincitrice della statuetta), Sharp Objects della HBO, la serie Showtime Escape at Dannemora e Fosse / Verdon di FX.

Dieci i trofei per Chernobyl, che a dimostrazione dell’apprezzamento della Television Academy aveva ricevuto ben 19 candidature agli Emmy: la serie ha vinto, tra gli altri, anche il premio per il Miglior regista di una miniserie o film per la televisione per Johan Renck e la Miglior sceneggiatura di una miniserie o film per la televisione per Craig Mazin.

Quest’ultimo, creatore e sceneggiatore di Chernobyl, è salito sul palco a ritirare il premio per la Miglior Miniserie ringraziando lo Stato della Lituania per il lavoro di produzione svolto perlopiù in quel paese, ma soprattutto ha ribadito proprio il valore del progetto in quanto racconto di uno spaccato di realtà, insistendo sull’ideale di verità – prima negata, poi affermata con conseguenze tragiche – che è uno dei pilastri della trama della serie.

“Ho cercato di convincere qualcun altro a fare il discorso e ho fallito! Spero che in qualche modo il nostro spettacolo abbia contribuito a ricordare alla gente il valore della verità e il pericolo della menzogna. Far conoscere e immortalare delle storie per sempre è un potere e una responsabilità straordinari per tutti noi”.

Mazin ha poi dedicato il suo Emmy per la Miglior Sceneggiatura alle vittime del disastro.

In onda la scorsa primavera su Sky Atlantic e disponibile su Sky Box Sets, i diritti per la trasmissione in chiaro di Chernobyl sono stati acquistati da La7, dove la serie sarà trasmessa prossimamente.