Oscar 2019, stasera la cerimonia: chi vincerà la statuetta per il miglior film?

8 concorrenti per il premio più importante. Quello per cui le case di produzione spendono decine di milioni di dollari in campagne promozionali. Perché vince il più bravo, ma anche il più forte. Vediamo le chances di tutti i candidati.

Oscar 2019

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Il conto alla rovescia è giunto alla fine: stasera, ci sarà la cerimonia degli Oscar 2019 (stanotte per l’Italia, diretta su Sky Cinema Oscar Sky Cinema Oscar e in chiaro su Tv8). Vi rimandiamo alla esaustiva guida che abbiamo preparato per sapere tutto l’essenziale sulla premiazione più attesa dell’anno. Qui ci concentriamo sulla domanda essenziale: chi vincerà il premio per il miglior film? Analizziamo le chance degli otto nominati, partendo dal più improbabile e findendo con il grande favorito.

8. Vice – L’uomo nell’ombra

Sembrava dovesse fare mirabilie, anche grazie alla fama che Adam McKay s’era guadagnato con il bellissimo La grande scommessa. Ma Vice, per stile e contenuti, è una specie di variazione sul tema, meno brillante e più didascalica. Certo, sono arrivate 8 candidature, ma la sensazione, visti anche i modesti risultati ai precursors, è che il soufflé si sia sgonfiato. E allora sì, straordinaria l’abnegazione di Christian Bale, che per trasformarsi in Dick Chaney è ingrassato di venti chili e si è sottoposto a lunghissime sessioni di trucco prostetico. Però… E pure Amy Adams, eccezionale in questa sua Lady Macbeth in versione aggiornata. Però… E così via. Qualche premio lo porterà a casa, forse proprio la Adams, la sceneggiatura, di sicuro il trucco. E però…

7. Bohemian Rhapsody

Diciamo la verità, il film su Freddy Mercury ha poco di che lamentarsi. Più di 850 milioni d’incasso globale, 5 nomination, una statuetta per il migliore attore praticamente in tasca con Rami Malek, pure i Queen che apriranno la notte degli Oscar 2019. E tutto questo per un film gradevole, ma non certo indimenticabile, che confeziona la vita di Freddie Mercury in una sceneggiatura che svicola, pialla, semplifica, sfuma. Il film è anche sopravvissuto indenne alle polemiche legate al suo regista, Bryan Singer, accusato di abusi sessuali su minori e licenziato poche settimane prima della fine delle riprese. Insomma, è andata di gran lusso. L’Oscar per il miglior film, però, proprio no.

6. A Star is Born

La Warner Bros ci sta provando in tutti i modi, spendendo un mucchio di soldi in campagna promozionale. Niente da fare: nonostante la supposta coppia dei sogni Bradley Cooper (Dirige! Canta! Scrive!) e Lady Gaga (Recita!), e gli oltre 400 milioni incassati globalmente, A Star is Born, quarta versione di un classico del cinema hollywoodiano, non ha fatto breccia nell’establishment. Così, nonostante le numerose nomination, ha bucato tutti i premi dei precursors: a parte i riconoscimenti per le canzoni, è arrivato solo un Critics’ Choice Award per la migliore attrice a Lady Gaga (in condominio con Glenn Close), mentre Bradley Cooper non s’è aggiudicato nemmeno il riconoscimento come miglior regista esordiente ai Dga Awards, il premio del sindacato di categoria. Nel frattempo s’è beccato pure una rampogna da parte di Camille Paglia, influente figura dell’intellighenzia statunitense, che ha definito quella di Bradley Cooper “la più sessista di tutte le versioni di A Star is Born”. Per cui, delle 8 nomination porterà a casa ben poco, forse solo la canzone di Lady Gaga, Shallow. Miglior film neanche a parlarne.

5. BlacKkKlansman

Sarà l’anno dell’Oscar nero? Si chiedeva OM qualche giorno fa. Possibile, grazie a due candidati che hanno voce in capitolo. Il primo è BlacKkKlansman, il film con cui per la prima volta Spike Lee è arrivato alla nomination per miglior regia e miglior film (6 in tutto le candidature). Pazienza che, come spesso accade agli Oscar, si ottenga il massimo riconoscimento per un film che non è esattamente il proprio capolavoro (avrebbero dovuto darglielo per Fa’ la cosa giusta, La 25ª ora, Inside Man). Pazienza, appunto: l’importante è che sia arrivato, anche dopo un Oscar onorario nel 2015 e la polemica #OscarsSoWhite che vide in prima fila il regista nativo di Atlanta e newyorkese d’adozione. Che ha raccontato la storia vera d’un poliziotto nero che finge di essere un bianco per infiltrarsi nel Ku Klux Klan. Un paradosso urticante alla Spike Lee, che stavolta gli ha aperto le porte dell’Academy: ma, crediamo, senza riuscire proprio a spalancargliele. Difficilmente vincerà, sia per il film che per la regia.

4. Black Panther

7 nomination e molte frecce al suo arco: è nero, è della Disney (come la tv che produce e trasmette la cerimonia degli Oscar 2019, la Abc), è un blockbuster la cui vittoria farebbe felici il grande pubblico e gli inserzionisti pubblicitari. Ha pure vinto il premio per il miglior cast ai Sag Awards, chi se lo aggiudica spesso bissa con l’Oscar per il miglior film. I bookmakers lo danno 8/1, non male. Però deve scontare il fatto di essere un “film di supereroi”, genere ritenuto troppo pop, non adeguato agli Oscar. In più, detto tra noi, Black Panther non è proprio di straordinaria sottigliezza. Ma è un film esplicitamente sul riscatto e l’orgoglio nero. E se i giurati volessero mostrare il segno di un netto cambiamento nella politica dell’Academy, questo sarebbe il film perfetto da premiare agli Oscar 2019.

3. La Favorita

Poi c’è Yorgos Lanthimos, l’accigliato regista greco, autore di film di lugubre pessimismo che però, stavolta, con La Favorita, ha saputo trovare un tono più frizzante. Merito d’una sceneggiatura non sua e d’un terzetto di attrici tutte candidate, Olivia Colman, Rachel Weisz ed Emma Stone, che fanno a gara di bravura in questo film in costume ambientato nella corte della regina Anna d’Inghilterra all’inizio del Settecento. Intrighi di corte pieni d’ambiguità lesbo, sfarzo della messinscena (Oscar a scenografia e costumi quasi certi), ironia mordace con sfumature di malinconia (merito soprattutto della Colman). Un piatto d’autore che ha incassato quasi 80 milioni di dollari, non pochi per un film di nicchia, che ha finito per conquistare anche i giurati dell’Academy. Risultato? 10 nomination. Ma la campagna per gli Oscar, ricordiamolo, è una estenuante gara di fondo. E sulla lunga distanza, dopo i precursors (Golden Globe, Sag, Bafta), La Favorita ha cominciato a mostrare un po’ la corda. Quindi, nonostante il titolo, non è più il film favorito per la statuetta più importante.

2. Green Book

Il film diretto da Peter Farrelly ha ottenuto “solo” 5 nomination, ma tutte pesanti (film, attore protagonista e non protagonista, sceneggiatura, montaggio), e gode di una fama crescente. Che si tratti di un avversario pericoloso lo dimostra il fatto, sostengono le malelingue, che gli strateghi delle campagne promozionali stiano facendo di tutto per metterlo in cattiva luce. Sono uscite, nell’ordine: le rimostranze della famiglia di Don Shirley, il musicista di cui si racconta la storia, che si lamentano del film troppo romanzato; vecchi tweet offensivi verso i musulmani di Nick Vallelonga, sceneggiatore e figlio dell’altro protagonista di Green Book, Tony Lip; proteste perché l’attore che lo interpreta, Viggo Mortensen, ha detto la parola “negro” in un’intervista, citata però proprio per sottolineare come nessuno, fortunatamente, la usasse più. Le polemiche non sono bastate, e la storia dell’amicizia tra un bianco italoamericano e un raffinato artista nero negli Stati Uniti razzisti dei primi anni Sessanta sta spopolando. Ha vinto anche i Pga Awards, il premio assegnato dall’associazione dei produttori statunitense, e le statistiche dicono che chi trionfa lì 7 volte su 10 si aggiudica anche l’Oscar per il miglior film. E allora, giorno dopo giorno, Green Book si avvicina alla vetta, con una quotazione, secondo i bookmakers, di 11/2.

1. Roma

Il film di Alfonso Cuarón è il più accreditato, infatti ha ottenuto il pieno di candidature, ben 10. Si è ormai già detto tutto di Roma, anche OM ha dedicato alla questione un articolo per sottolineare quali conseguenze rivoluzionarie avrebbe la vittoria di un film targato Netflix, che segnerebbe un cambiamento nei rapporti di forza tra cinema e streaming. Netflix sta facendo di tutto per vincere, ha investito su una campagna promozionale da trenta di milioni di dollari orchestrata da Lisa Taback, la stratega che ha portato all’Oscar film non proprio di cassetta come Spotlight, oppure sulla carta improbabili, come un film francese muto e in bianco e nero, The Artist. Anche Roma non scherza quanto a improbabilità: è si diretto dal già premio Oscar Cuarón, ma è un film in bianco e nero messicano parlato in spagnolo e mixteco, senza attori famosi, con al centro la storia qualunque della modesta governante d’una famiglia della media borghesia di Città del Messico nei primi anni Settanta. Lo stile però è sontuoso, ricercatissimo, la storia è puntellata da picchi emotivi che, sebbene melodrammatici, commuovono. Roma e Alfonso Cuarón hanno vinto un numero infinito di premi. E pare proprio che si aggiungerà anche l’Oscar 2019 per il miglior film. A meno che lo spauracchio di Netflix non faccia vacillare i votanti. In quel caso, chissà.