Lino Guanciale ha debuttato a TvTalk dopo il grande successo de La Porta Rossa, la serie noir di Rai2 ideata e sceneggiata da Carlo Lucarelli che ha chiuso con un record di ascolti la prima stagione, in attesa del sequel.
Interrogato sulla sua crescente popolarità, Lino Guanciale si è detto disposto anche ad incorrere negli effetti collaterali del mestiere. In riferimento al tapiro ricevuto da Gabriel Garko di recente, l’interprete di Cagliostro ha risposto con ironia: “Per me è un’onorificenza di quelle più ambite, è un’istituzione a suo modo, quindi anche se da attapirato la vivrei in maniera tutto sommato positiva. Magari eviterei di riceverlo per la vita privata…” ha detto l’attore.
In studio si è poi discusso del tema del paranormale, ormai sempre più ricorrente nella serialità italiana. Introdotto da una clip sulle note dell’iconico tema musicale di X-Files, che ha riunito scene tratte dalle fiction Rocco Schiavone, Sorelle e La Porta Rossa, l’argomento è stato analizzato dal punto di vista del riscontro auditel presso il pubblico italiano: da questo punto di vista, la media del 13,7% di share con oltre 4 milioni di telespettatori per la serie con Guanciale e Pession è stata una rivelazione assoluta.
Lino Guanciale ha raccontato così la sua esperienza di personaggio-fantasma:
Credo che in larghissima parte, aldilà del il fascino del paranormale, del mistery in generale e dell’eterno tema del ritorno dall’aldilà, abbia giocato moltissimo su La Porta Rossa la componente di detection costrittiva, cioè il personaggio è appena deceduto e ha poco tempo per fare ciò che deve fare, cioè salvare la moglie e capire chi lo ha ucciso. Secondo me gran parte del merito della scrittura che ha decretato poi la risposta così positiva del pubblico sta nell’aver messo insieme questi due principi drammaturgici, da un lato il fascino dell’altrove e dell’aldilà, e dall’altro l’investigazione con un tempo che a climax incombe sui protagonisti.
Ma Lino Guanciale è intervenuto anche su un altro argomento, il rifiuto di sostituire Terence Hill in Don Matteo: in una precedente intervista si era infatti dichiarato indisponibile a vestire i panni del curato interpretato da Mario Girotti. L’attore rifarebbe quella scelta perché “la faccia non basta, una faccia non fa il successo di un programma, ma Terence Hill è un’icona, e al di là dell’insensatezza di chiudersi in un ruolo così identificativo c’era anche una forma di pudore che sottoscriverei tutt’oggi nei confronti di un’icona. E poi mi interessavano altri percorsi“.
E a proposito di rifiuti, Guanciale ha parlato anche dell’opportunità mancata di entrare in Squadra Antimafia, arrivata in un momento in cui c’erano impegni conflittuali.
Rifiutai di competere per il ruolo di Calcaterra perché ero in scena con la mia compagnia a teatro. Se poi ho iniziato a fare televisione è stato perché ad un certo punto della mia vita era necessario provare ad avere una certa iniezione di visibilità fondamentalmente per i progetti teatrali che facevo col mio gruppo: la Mediaset di allora poneva anche dei problemi di agio ideologico, ma adesso il quadro è molto mutato.
Tornando a La Porta Rossa, Guanciale ha risposto ad altre domande rivelando qualche dettaglio sulla sceneggiatura: la storia sentimentale al centro della fiction, in realtà, non doveva esserci, ma è stata innestata su richiesta della Rai. La serie, peraltro, nasceva in origine per Rai1, quindi l’esistenza di una storyline sentimentale rispondeva ad esigenze relative all’identità di rete. L’attore ha poi ricordato il suo impegno per il FAI – Fondo Ambiente Italiano, di cui è testimonial in occasione delle Giornate del FAI del 25 e 26 marzo. Infine la risposta ai lettori di TvBlog: “Fare il presentatore? Mi interessa recitare, sarei lusingato dalla proposta, ma magari con un format particolare… perché no! Sono affezionato, a parte a TvTalk – ma non voglio rubare il posto a nessuno – di programmi come Per un pugno di libri: su quel target se ne potrebbe parlare…“.
L’intervento di Lino Guanciale a TvTalk è in video dal minuto 00:42:40.