Lady Gaga ha sparigliato le carte ancora una volta. Piacerà o meno, ma Joanne è decisamente un atto di coraggio. Un album completamente diverso non solo dai precedenti della sua carriera, ma anche dalle tendenze del mercato contemporaneo. Lady Gaga non cerca la hit commerciale e non insegue l’orecchiabilità a tutti i costi, non regala canzonette alla Taylor Swift e non ripesca l’elettropop dei primi album. Ma in Joanne c’è molto altro.
Quel ritorno alle origini di cui Gaga ha parlato negli ultimi anni in merito all’album non era evidentemente un recupero dello stile dei primi dischi come The Fame o Born This Way, ma una ricerca di suoni liberi da inutili sovrastrutture. Suoni semplici e puliti, arrangiamenti essenziali ma non banali: Lady Gaga si espone più che mai in questo album perché mette la voce al primo posto. L’elettronica che la distorceva nelle grandi hit del passato stavolta lascia il posto alla voce pura: con una chitarra o un pianoforte, pochi accordi e melodie lineari (che però sottintendono una ricerca musicale evidente), Lady Gaga sembra voler tornare all’essenza di quel che per lei è la musica. Ok la trasgressione, la teatralità, i video cortometraggi e l’attitudine da regina del dancefloor, ma dietro tutto ciò che Gaga ha già dimostrato in questi anni c’è lei, Joanne. Ci sono i testi, cui Gaga ha contribuito in grandissima parte, c’è la voglia di tornare all’essenza del suono e di dimostrare a chi ancora oggi sostiene che non abbia doti vocali (impossibile dopo averla sentita in Cheek To Cheek con Tony Bennett, soprattutto nelle superbe performance dal vivo) quanto da scoprire ci sia al di là della facciata da popstar.
Sicuramente una promessa è stata tradita: in Joanne non c’è una hit alla Bad Romance, ma ci sono 14 tracce (nella versione Deluxe) tutte di qualità, che passano dal rock al countrypop al folk, con incursioni funk apprezzabilissime. Million Reasons è destinata a diventare il grande classico di quest’album, una ballata struggente e perfetta. Ma il vero capolavoro è Angel Down, che merita di essere estratta come singolo nonostante non sia prettamente un brano da airplay. L’esperimento più riuscito è Hey Girl, anche se con una voce come quella di Florence Welch si sarebbe potuto osare di più.
Chi si aspettava synth elettrizzanti e ballate dance alla prima maniera resterà probabilmente deluso, ma potrà apprezzare il coraggio di allontanarsi dalle tendenze dominanti. Joanne è il risultato di una squadra di produttori invidiabile, del calibro di Mark Ronson, Kevin Parker, BloodPop, Jeff Bhasker, Emilie Haynie. Sarà forse più arduo, per la scelta stilistica operata, cercare di scalare le classifiche come un tempo, ma proprio per questo il rischio di non conformarsi alle mode e di deludere una parte del suo stesso fanbase andrebbe premiato.