Umberto Cortese ha appena pubblicato il suo primo romanzo dal titolo Il peso del vuoto, per il piccolo e battagliero editore napoletano Marotta&Cafiero. Eppure il mestiere del neoromanziere è tutt’altro: Cortese infatti è un imprenditore, direttore di Elmeco, un’azienda di famiglia – come nella migliore tradizione dell’imprenditoria meridionale –, specializzata nella produzione di granitori, macchine per fare creme al caffè e distributori di bibite fredde per bar e ristoranti.
Un’impresa nata nel 1961, come ci racconta Cortese, da un’intuizione paterna: “Mio padre aveva una piccola azienda a San Liborio, nel cuore di Napoli. Un giorno si presentò uno dei suoi clienti, il signor Iorio dell’azienda Passalacqua – una delle torrefazioni storiche della città – chiedendogli se fosse possibile sviluppare una macchina automatica per le granite”. Perché allora la granita si faceva “grattando” il ghiaccio da enormi blocchi, un procedimento che, a ripensarci oggi, doveva possedere una sua poesia, ma era certamente dubbio dal punto di vista igienico.
“Mio padre non lasciò cadere quella richiesta e sviluppò in maniera abbastanza artigianale il primo granitore. È stata la prima macchina per granita al mondo, nata a Napoli, un piccolo primato di cui possiamo fregiarci”. Non così piccolo se pensiamo che da quell’invenzione è nato un nuovo settore di mercato, con aziende produttrici ormai sparse ovunque, dal Nord Italia fino alla Cina e la Corea. E internazionale è il mercato di Elmeco che oggi, sotto la direzione dei tre fratelli Cortese, Umberto, Alessandra e Mena, ha un fatturato per il 70% dipendente dalle esportazioni, dagli Stati Uniti – dove l’azienda ha una sede commerciale – a Spagna, Giappone e Cina.
Accanto all’imprenditore, lo scrittore. Due cose che non potrebbero sembrare più lontane, eppure non è così secondo Cortese: “Non c’è molta differenza tra lo scrivere e l’essere imprenditore: perché l’imprenditore è un uomo che deve possedere una visione e dunque, anche se per mestiere non scrive, in realtà sta scrivendo una storia”. Un’immagine suggestiva, che si sposa bene allo stile delicato e intimista di Il peso del vuoto, una storia di formazione su un adolescente che impara a conoscere la durezza e l’ipocrisia della società. Una storia che parla della scoperta della diversità e di “quel conflitto eterno tra il mondo degli affetti e quello degli uomini con le loro convenzioni”, coem recita la quarta di copertina del libro.
“Il peso del vuoto – aggiunge Cortese – è nato dalla necessità di raccontare una storia su un problema esistente e provare a dare al lettore un punto di vista diverso, cercando di spiazzarlo e sorprenderlo. Perché la vita in fondo è questo, un continuo essere spiazzati dagli accadimenti, un continuo perdere le sicurezze. E ogni volta che ciò accade, in qualche modo cresciamo”. Anche qui Cortese trova un collegamento con la sua anima di uomo d’impresa: “Perché essere imprenditore significa non avere certezze e continuamente rimettere tutto in discussione, valori, affetti, per ricostruire sempre qualcosa di nuovo. Perché la vita, in ultima analisi, è cambiamento”.