Si è conclusa l’edizione del 2014 del Salone internazionale del libro di Torino e il bilancio finale è quasi trionfalistico: più 3% di presenze rispetto all’anno scorso, vendite in netta crescita, tra il 10 e il 20%. Tutto bene quindi? Per niente: proprio durante il salone sono stati presentati dall’Associazione italiana degli editori i risultati della ricerca Nielsen sul mercato del libro in Italia, che fotografano il trend del primo trimestre 2014. Numeri impietosi: -6,8% di libri venduti, con punte del -13,2% nella saggistica, stagnazione del mercato dell’ebook, al 3% del totale.
Unici dati positivi dal settore per bambini, che ha sul 2013 segnato un più 3,3%. Ma evidentemente sono nuovi lettori che si smarriscono per strada, visto che i dati Istat 2013 sulla lettura denunciano un costante calo: solo il 43% degli italiani legge un libro all’anno, rispetto al 46 nel 2012; e il 13,9% legge un libro al mese, a fronte del 14,5 dell’anno precedente.
Insomma in Italia si legge poco. Non dipende dalla crisi economica: infatti i dati degli altri paesi europei sono decisamente migliori. Non voglio aggiungermi alla lista degli sconsolati interpreti che addebitano la crisi della lettura alla decadenza strutturale del paese. Limitiamoci al mercato del libro. Perché bisognerà pur imputare qualche responsabilità agli imprenditori del settore. Per anni tanti editori hanno pubblicato libri non in vista del loro successo, ma principalmente per far respirare fatturati asfittici. Il problema è però che la maggior parte di quei volumi, dopo essere venduti al libraio, non sono acquistati dai lettori, e quindi tornano all’editore sotto forma di rese. Risultato? L’editore resta col suo problema di bilancio e il mercato si riempie di libri che nessuno legge.
E se per rianimare la lettura ripristinassimo l’Indice dei libri proibiti? O se li vietassimo del tutto? Secondo Ray Bradbury, l’autore del celebre romanzo Fahrenheit 451, il divieto assoluto della lettura produce una passione smodata per i libri: c’è addirittura gente disposta a impararli a memoria, pur di non perderli. Oggi il libro è diventato un banale oggetto di consumo: vietandolo verrebbe immediatamente percepito, per lo meno, come qualcosa di eccitante e pericoloso. Son pronto a scommettere che acquisterebbe nuovi lettori.
E se non vogliamo vietarli, almeno facciamo qualche rogo di libri, brutti o belli che siano. Per far capire che sono importanti, e meritano tutta la nostra attenzione. Quindi anche, talvolta, il nostro odio. Bisogna essere disposti per il bene della cultura a correre qualche rischio. Anche quello – con i roghi di libri succede sempre così – di far venire in mente scenari totalitari ai fautori del politicamente corretto. Che son quelli che non fanno nulla, e poi aspettano l’anno prossimo per andare al Salone di Torino, dove discuteranno sconsolati del tracollo di un paese dove nessuno più legge un buon libro.