Povere Creature!, il film di Yorgos Lanthimos è un pedante teorema sull’emancipazione femminile

Il regista greco costruisce un’altra opera a tesi, una favola allegorica (im)morale che mescola grottesco, orrore, erotismo. Visivamente è affascinante. Ma non c’è un solo personaggio in cui pulsi la vita vera. Emma Stone, comunque, è straordinaria

Povere Creature!

INTERAZIONI: 112

Povere Creature! esce in sala fresco delle 11 nomination all’Oscar annunciate martedì scorso, che si aggiungono al Leone d’Oro vinto alla Mostra di Venezia 2023, dove l’ultima regia del greco Yorgos Lanthimos venne accolta dal plauso unanime degli addetti ai lavori. Il che spiega anche una fiduciosa uscita nelle sale italiane in ben 450 copie, numero decisamente alto per un’opera la quale, nonostante il mix di commedia grottesca e (moderato) erotismo resta comunque un impegnativo film d’autore non per tutti i gusti – è più o meno la medesima ricetta del suo precedente La Favorita, che però i gusti, sia in termini di statuette che di incassi (quasi cento milioni di dollari globalmente) fu in grado di intercettarli.

In comune con La Favorita, a parte le nomination all’Oscar (allora furono 10) Povere Creature! ha altri elementi: l’ambientazione d’epoca, che in quest’ultimo film è un’epoca vittoriana totalmente reinventata, volutamente più simile a un incubo steampunk che a una fedele riproduzione storica; la sceneggiatura, firmata ancora una volta da Tony McNamara, che ha adattato il romanzo omonimo dei primi anni Novanta di Alasdair Gray; e, infine, fondamentale nell’economia del film, la protagonista, una Emma Stone magnetica, ormai musa ufficiale di Lanthimos (è protagonista pure del suo prossimo progetto, già in fase di montaggio, Kinds of Kindness).

Povere Creature! è, coerentemente con le attitudini del suo autore, un film a tesi, che procede come un racconto filosofico illuminista (però intinto nell’inchiostro nerissimo di una storia dalle cadenze gotiche), una favola allegorica (im)morale che ruota con spirito sarcastico, pungente e amaro intorno al funzionamento sconcertante di quel legno storto che è l’essere umano, impasto contrastante e conflittuale di razionalità e desiderio, mente e corpo, ottimismo da scienziati e quel pessimismo che inesorabilmente detta la sconsolante esperienza del mondo.

Chi è dunque la protagonista di Povere Creature!, Bella Baxter (Stone)? È una donna creata ingegneristicamente dal geniale Godwin Baxter (Willem Dafoe), novello dottor Frankenstein di sconfinate ambizioni e inesausta, quasi patologica curiosità scientifica. L’individuo non è esattamente ortodosso. Il suo volto, sfigurato come quello di un mostro dei vecchi horror Universal, è il frutto degli esperimenti del di lui padre scienziato, che con spassionata e inconsapevole crudeltà usò il figlio quale cavia da laboratorio, indispensabile per provare fondamentali tesi sulla macchina uomo. Così Godwin, degno erede del genitore, prende una donna suicida incinta e la rimette in vita, alloggiando nella sua scatola cranica il cervello del feto che portava in grembo.

Bella perciò è contemporaneamente madre e figlia di sé stessa, essere dalla natura ambivalente e dal comportamento bizzarro, in cui le fattezze da donna adulta non corrispondono ai capricciosi atteggiamenti da bambina, incapace anche di controllare il proprio corpo maturo, che si muove con una rigidità da bambola meccanica. Godwin assume lo studente Max (Ramy Youssef) per registrare i progressi di quell’esperimento vivente. Le cose non vanno come da progetto. Max prende a nutrire dei sentimenti verso Bella la quale evolve molto velocemente, manifestando sia un’intelligenza pronta che, soprattutto, incontenibili pulsioni sessuali. Godwin minimizza la cosa: “Tutta la sessualità è fondamentalmente immorale”, dice. Ma la scienza nulla può di fronte alla legge del desiderio. Così quando Bella, che vive da reclusa in casa, conosce il fatuo bellimbusto Wedderburn (Mark Ruffalo), decide di seguirlo in un lungo viaggio – tra Parigi, Lisbona, Alessandria – per conoscere il mondo e sé stessa.

Attraverso le peripezie di questa avventura Bella scoprirà che tipo di donna è e vuole essere, sperimentando il caleidoscopio delle pulsioni, la gabbia della cultura patriarcale, l’ipocrisia della civiltà e delle buone maniere, le ingiustizie e disparità su cui si regge la società, la tensione insopprimibile all’emancipazione fisica e mentale.

Povere Creature! è inequivocabilmente un film di Lanthimos: ha le cadenze del teorema, le cui tappe dimostrative sono scandite secondo un inflessibile ordine geometrico. Ne consegue un preciso e rigido stile visivo. Che in primo luogo passa, senza una ragione specifica, dal bianco e nero al colore (un vezzo di tanti, troppi film recenti che vogliono imprimere un marchio “d’autore”). E poi, soprattutto, è cadenzato da un uso persistente del grandangolo, che accentuerà pure la sensazione di un mondo distorto e grottesco, ma lo fa imponendo un punto di vista sempre uguale, che non emerge dalla storia nel suo svolgersi, ma è la prospettiva del demiurgo Lanthimos, che dispone le pedine del racconto osservandole spassionatamente, con quell’attitudine che un tempo i critici amavano definire da “regista entomologo”. E questo ripetitivo stile visivo è il correlativo oggettivo della immodificabilità delle tesi del film, continuamente ribadite.

Nei suoi film Lanthimos – a parte il caso de La Favorita – si mantiene sempre a grande distanza dalla realtà, fedele più alle sue idee che alla prova concreta dei fatti. Manca nel suo cinema il gusto della costruzione di personaggi verosimili, manca l’attenzione a quei dettagli minuti del quotidiano in cui si racchiude l’autentico significato dell’esistenza. La confezione del suo cinema richiede situazioni limite e prefabbricate, che invece di costituire il punto di partenza di una interrogazione curiosa sul funzionamento imprevedibile della realtà, pongono i presupposti di una dimostrazione in cui la conclusione è già contenuta nell’assunto di partenza.

Questa è la ragione per cui la forma, pure visivamente smagliante di Povere Creature!, è quanto di più lontano da una rappresentazione realistica. Tutto è ricreato e filmato come fosse in vitro, secondo una logica da esperimento da laboratorio, con Godwin quale doppio di Lanthimos. Ogni cosa è volutamente, palesemente falsa, dalla carrozza trainata da un finto cavallo alla nave da crociera (a mo’ di esempio Lanthimos ha suggerito ai suoi scenografi di vedere E la nave va di quel maestro del falso che è Fellini).

E sono smaccatamente artificiali gli spazi urbani – la Londra da cui proviene Bella, Alessandria con i ricchi sopra e i poveri sotto, riproduzione didascalica delle disparità sociali –, creati ad arte con un uso del digitale e dei fondali dipinti ispirati al cinema di Powell e Pressburger. Ma della straordinaria coppia di autori britannici non c’è la sbrigliata inventività fantastica, lo spirito romantico e autenticamente avventuroso, lo stridente, doloroso, umanissimo conflitto tra desiderio e regole del vivere civile (si pensi a Narciso Nero o La Volpe, opere da cui certi personaggi di Povere Creature! ereditano alcuni tratti: penso al ruolo di “immorale corruttore” che ne La Volpe era interpretato da David Farrar). Il passaggio in Bella dalla passione sfrenata all’evoluzione di un’identità femminile e femminista intrisa di umanesimo e socialismo si svolge secondo un meccanismo schematico, scandito da capitoli sempre troppo esemplari. Ed è solo il talento mirabile di Emma Stone che riesce a inoculare concretezza e umori, dissumulandolo, nel cinema puramente mentale di Lanthimos.

Allo stesso modo, i personaggi maschili più che caratteri tridimensionali costituiscono delle funzioni narrative, ognuno di essi incarna una specifica figura dell’opprimente sistema patriarcale, utile a far scattare in Bella una reazione che la conduca, un incontro dopo l’altro, un capitolo dopo l’altro, a uno stadio ulteriore della sua ricerca identitaria. La protagonista sperimenta la sensualità col disinibito Wedderburn, maschio alfa che usa la donna a suo piacimento (finendone però beffardamente usato); il romantico Max mostra una gentilezza che è l’altro volto della fragilità dei presupposti del modello patriarcale; Astley (Jerrod Carmichael) è il filosofo cinico che stimola nella donna l’attivazione delle facoltà intellettive superiori; mentre Blessington (Christopher Abbott), versione suprema dell’ottusità del maschilismo, è per questo destinato a subire una ritorsione che rammenta Freaks di Tod Browning. Solo Godwin si sottrae parzialmente a questa schematicità, visto il complesso sentimento, un po’ da padre un po’ da amante, che nutre per la creatura insieme madre e figlia.

E infine, sebbene la storia derivi da un romanzo altrui, Povere Creature! ripercorre riconoscibilmente il sentiero di altri film di Lanthimos. L’esperimento scientifico-pedagogico in cui giovani inconsapevoli sono confinati nella reclusione casalinga da genitori che intendono plasmarli per salvaguardarli dal contatto col mondo esterno è preso di peso da Dogtooth; e da The Lobster viene la commistione grottesca tra uomini e animali, la quale in Povere Creature! assume una coloritura esplicitamente antipatriarcale e di emancipazione della donna (infatti rispetto al romanzo cambia il punto da vista, esclusivamente femminile). Dal che il film, ed è l’ultimo elemento che va rilevato, dimostra anche di strizzare l’occhio allo spirito del tempo, risultando assai meno anticonformista di quanto la forma autoriale altisonante vorrebbe far pensare.

Continua a leggere su optimagazine.com