Priscilla a Venezia80, Sofia Coppola racconta la donna di Elvis Presley con un biopic che non le rende giustizia (recensione)

A Venezia80, Sofia Coppola racconta Priscilla Presley in un film con molta poca sostanza che non le rende giustizia: la recensione del biopic.

Credits photo: @A24


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La vita di Priscilla Presley è raccontata nel nuovo film di Sofia Coppola, presentato a Venezia80. Un biopic tratto dall’autobiografia della stessa, volta a mostrare l’altro lato di un mito americano attraverso gli occhi della donna che gli è stata accanto più di tutte.

La loro storia inizia nel 1959, in una base dell’esercito tedesco, e prosegue negli anni successivi, culminando con il trasferimento di lei nell’immensa tenuta di Memphis. Ben presto, Priscilla si rende conto di vivere un amore da favola, anche se non è come se l’aspettava poiché si ritrova ad essere una principessa prigioniera del suo castello. Mentre Elvis è impegnato tra tour e cinema, Priscilla, ancora adolescente, è costretta a terminare gli studi per poter almeno diplomarsi.

Di giorno conduce la monotona vita di una studentessa. Di notte è la fidanzatina di Elvis Presley: si diverte ed esce con lui e i suoi amici. La doppia ed estenuante vita la porta inevitabilmente a fare uso di pillole e altre sostanze.

Sofia Coppola trasforma Elvis in una figura insopportabilmente irritante (e Jacob Elordi ha una certa esperienza in un ruolo del genere grazie a Euphoria) per evidenziare la loro relazione tossica. E’ una Priscilla appassionata, che combatte per il loro amore; si lascia inebriare in esso, per poi affogare completamente, diventando accecata da tale sentimento, tanto da non riuscire più a riconoscere se stessa. La Coppola tratta con delicatezza la figura di Priscilla Presley, merito anche del volto etereo e delle movenze graziose di Cainee Spaeny.

L’estetica è il punto di forza del film, un tratto distintivo della regista de Il giardino delle vergini suicide: c’è sempre una cura maniacale in ogni dettaglio e inquadratura, evidenziato fin dalle primissime scene. A Priscilla, però, manca quel glamour rock ‘n roll di Marie Antoniette, ed è privo dello charme di Lost in Translation. Colpa di una sceneggiatura piatta, che non dona vitalità alla narrazione, non dando alcuna giustizia alla figura di Priscilla, ritratta sempre come una donna remissiva.

Priscilla è un film imperfetto, salvato solo dal tratto distintivo della Coppola (che si vede visivamente) e dalla giovane Spaeny: da tenere d’occhio.

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