La Compagnia Nest ha portato in scena al Teatro Basilica di Roma Il Berretto a Sonagli ‘a nomme ‘e Dio, tratto da “A birritta ccu ‘i ciancianeddi” di Luigi Pirandello. Lo spettacolo nell’adattamento e traduzione di Francesco Niccolini, si avvale della La Compagnia Nest ha portato in scena al Teatro Basilica di Roma Il Berretto a Sonagli ‘a nomme ‘e Dio, tratto da “A birritta ccu ‘i ciancianeddi” di Luigi Pirandello.
È uno spettacolo dal ritmo incalzante e molto coinvolgente, supportato da una scenografia minimalista, costruito sulla dinamica trasposizione dei bravi interpreti che recitano in napoletano, nell’adattamento e traduzione di Francesco Niccolini e nell’allestimento firmato da Giuseppe Miale di Mauro. Tra gli interpreti due attori storici della compagnia, Giuseppe Gaudino e Adriano Pantaleo, accompagnati da Mario Cangiano che cambiano diverse volte ruolo e personaggio. Al centro di tutto c’è Beatrice, una Valentina Acca che disegna con grande maestria il suo personaggio giocato tutto sulla contemporaneità ed emancipazione del ruolo femminile. Decisa e determinata vuole andare fino in fondo per smascherare il tradimento del marito e costruisce intorno a sé la trappola per coglierlo in flagrante con l’amante, a sua volta sposata.
Circondata da più voci di uomini e dal consigliere amico “en travesti” un fantastico Adriano Pantaleo nel doppio ruolo dell’amico e della madre che prova a dissuaderla, insieme a tutti gli altri, chiedendole di aspettare il ritorno del marito come ha sempre fatto.
“Pupo io, pupo tu, pupi tutti”! Sta qui la battuta che identifica in pieno la concezione pirandelliana dell’uomo all’interno della società schiacciato dal peso delle convenzioni in cui il principio è che i panni sporchi si lavino in famiglia e tutti sono asserviti al predominio delle diverse maschere indossate. E nella messa in scena come pure nell’intensa interpretazione emergono le “maschere” che per Pirandello sono congenite agli uomini: maschere intinte nell’ipocrisia che restano appiccicate sui volti e nell’anima dei personaggi e che non cedono di fronte alla realtà: piuttosto provano a forzarla invocando una presunta pazzia di chi vi si oppone e parla un linguaggio di verità.
La compagnia Nest non nuova a queste sfide si misura con il testo pirandelliano fornendogli una brillante caratterizzazione dei personaggi non scadendo mai nella facile interpretazione di ruoli grotteschi a cavallo tra quelli tradizionalmente teatrali e quelli della serie gomorra.
Il continuo scambio di ruoli e costumi rappresenta quel tratto di svuotamento che opprime l’essere umano e davanti al pubblico scorrono e si scoprono le maschere accecate da quello squarcio di luce che serve a lacerare e a nascondere la verità. Giuseppe Miale di Mauro ci propone uno spettacolo riuscito nell’allestimento e nei contenuti, nel restituirci uomini pavidi che in nome del perbenismo dominate non trovano altro che una soluzione individuata tra l’altro da Ciampa, il marito dell’amante, lo scrivano/filosofo che benché tradito, non ne vuole sapere di passare per cornuto. Da qui, una serie di eventi e colpi di scena, che vedranno i clandestini colti in flagrante, ma tutti saranno intorno a Beatrice per negare l’evidenza e farle accettare il destino di pazza.
Un esperimento riuscito della compagnia Nest che affronta per la prima volta un testo del Premio Nobel e sceglie Il Berretto a Sonagli, nella versione del 1917, scritta dall’autore agrigentino in dialetto siciliano. “Con un approccio originale e fortemente identitario, la Compagnia Nest parte dal testo in siciliano e lo riscrive in napoletano, esaltando con la forza del dialetto tutta la cattiveria, l’odio e lo scherno di questa storia di ordinaria inumanità”.
‘a nomme ‘e Dio termina con un omaggio poetico che non si può evitare di riconoscere e portare via con sé, chiuso in una mano come un regalo.
«Proveremo a dare una lettura individuale al testo pirandelliano, – spiega il regista — da qui la scelta di raccontare la storia del berretto a sonagli mettendo al centro della vicenda Beatrice, una rivoluzionaria femminista ante litteram che prova a scardinare con la sua battaglia l’immobilismo della società e la visione maschilista e ipocrita del rapporto uomo – donna. Questa idea nasce anche dal forte impatto misogino del testo DI Pirandello, in cui c’è un annullamento del ruolo della donna che in questa versione sarà enfatizzato dalla presenza di una sola attrice messa in mezzo da un manipolo di uomini (a volte travestiti da donne) che la vesseranno fino a consigliarle la pazzia come unica via d’uscita”.
La scenografia è di Luigi Ferrigno, i costumi Giovanna Napolitano, le belle musiche sono di Flo, ildisegno luci Paco Summonte, grafica e foto di scena Carmine Luino, assistente scenografo Vincenzo Leone, assistente alla regia Raffaella Nocerino, organizzazione Carla Borrelli e Valeria Zinno. Una produzione Nest Napoli Est Teatro.