E’ in scena L’arte della commedia al Teatro San Ferdinando di Napoli, fino al 26 febbraio, il testo del 1964 di Eduardo De Filippo, considerato il più “pirandelliano” della sua produzione, verte sul “rapporto contraddittorio tra lo Stato e il Teatro e sul ruolo dell’arte e degli artisti nella nostra società”.
Nell’adattamento e la regia di Fausto Russo Alesi, la commedia – due atti e un prologo – è interpretata da una numerosa compagnia composta da Fausto Russo Alesi, David Meden, Sem Bonventre, Alex Cendron, Paolo Zuccari, Filippo Luna, Gennaro De Sia, Imma Villa, Demian Troiano Hackman, Michele Schiano di Cola. Le scene dello spettacolo sono di Marco Rossi, i costumi di Gianluca Sbicca, le musiche diGiovanni Vitaletti, il light designer di Max Mugnai, la consulenzaper i movimenti di scenadi Alessio Maria Romano.
La produzione è del Teatro di Napoli-Teatro Nazionale, Fondazione Teatro della Toscana-Teatro Nazionale, Elledieffe, in collaborazione con il Piccolo Teatro di Milano -Teatro d’Europa.
E come ogni volta succede che il confronto con chi ha scritto e rappresentato la commedia diventa spietato per non parlare dei commenti e soprattutto se come, in questo caso, si tratta del maestro per eccellenza, Eduardo De Filippo. L’arte della commedia nell’adattamento e la regia di Fausto Russo Alesi, a dieci anni dal suo memorabile Natale in casa Cupiello prodotto dal Piccolo Teatro, è una lunga e appassionante immersione nelle problematiche che da sempre governano il rapporto tra lo Stato e il Teatro, tra il ruolo dell’arte, la funzione e la condizione degli artisti nella società che spesso si gioca sul filo della finzione e della realtà. Su questi temi non c’è partita che tenga, Eduardo li scoperchia con estremo vigore e lucidità fino a farlo diventare il Manifesto delle sue lunghe battaglie per le sorti del Teatro San Ferdinando che lui aveva acquistato e che, nonostante le fatiche personali, necessitava di aiuti e interventi delle Istituzioni per la sua apertura.
Una coralità intensa che viene avviata dallo stesso Russo Alesi nei panni del capocomico Oreste Campese che si reca dal prefetto De Caro, interpretato dal convincente Alex Cendron accompagnato dal segretario Giacomo Franci interpretato da Paolo Zuccari e dal piantone Veronesi (David Meden), che produce una sostanziale e ricca discussione sui cardini del teatro alimentata dalla circostanza che il tendone di Campese era andato distrutto. Tra Campese e De Caro si accende una diatriba dal sapore anche pedagogico sulla funzione del teatro e dall’incantesimo del teatro sollecitata dalle parole recitate sul palcoscenico. Ecco. Diventa nuda e cruda questa prima parte della rappresentazione che si arricchisce della passione per le argomentazioni e per quella particolare sensazione – per chi assiste dal pubblico – di trovarsi sul legno del palcoscenico dove Eduardo ha calcato le scene per tanti anni. Ci arriva fino in fondo il suo appello: “Venga a teatro Sig. Prefetto! A Teatro la suprema verità è stata e sarà sempre la suprema finzione..”: tutto parte da qui”
«Ho iniziato a studiare L’arte della commedia – scrive il regista –prima della pandemia per la forza e la lucidità con cui Eduardo si occupa della condizione dell’attore. La commedia oggi mi parla ancora di più, perché è difficile rimarginare la ferita che in questi anni ci ha portato fin qui e non riesco ancora ad accettare che da quasi tre anni molti di noi non stanno più andando in scena e che molti teatri e compagnie siano costretti a chiudere definitivamente, a bruciare spettacoli appena nati, a non portare più gli spettacoli in giro per il mondo. Ognuno di noi a suo modo, ha subito e subisce ancora l’incendio di quel “capannone” a cui ha dedicato tutta la sua passione, tutte le sue energie, tutta la sua fiducia. Ed è da quelle ceneri che deve nascere la voglia e il diritto di ricostruire, rivendicando un dialogo e un ruolo determinante che, fuori da ogni censura, non sia schiavo silente delle leggi della produttività e del mercato».
Ed ecco che nel secondo tempo tutto si gioca sul filo della finzione e la realtà, sulla vera identità dei personaggi che si trovano al cospetto del prefetto, dal farmacista alla maestra Lucia Petrella, una sublime Imma Villa, dal padrone dell’osteria, tutti potenzialmente agi occhi del prefetto possono essere attori e non personaggi veri e dunque perché dargli ascolto e rispondere alle loro richieste, anche di fronte al colpo geniale di chi muore perché soccorrerlo? Una metafora contemporanea che dietro ogni decadenza di qualcosa o qualcuno ci possa essere del dolo e non una verità per principio bisogna non intervenire e lasciare che gli eventi, le tragedie ti travolgano definitivamente. E qui c’è Pirandello, come in Sei Personaggi in cerca d’autore, siamo in attesa di conoscere la verità sul finale della commedia. Intensa e partecipata l’interpretazione di Fausto Russo Alesi a cui va il merito di sapersi confrontare e sfidare l’arte e l’opera eduardiana, bravissimi tutti gli attori da David Meden, Sem Bonventre, Alex Cendron, Paolo Zuccari, Filippo Luna, Gennaro De Sia, Imma Villa, Demian Troiano Hackman, Michele Schiano di Cola.