E’ ora al cinema il film Una Femmina, per la regia di Francesco Costabile, ispirato al libro di Lirio Abbate “Fimmine ribelli, Come le donne salveranno il paese dalla ‘ndrangheta” (Rizzoli – 2013).
OM intervista in esclusiva lo stesso Lirio Abbate che è anche autore del soggetto originale con Edoardo De Angelis e cosceneggiatore insieme a Serena Brugnolo, Adriano Chiarelli e Francesco Costabile al suo primo riuscito lungometraggio dietro la macchina da presa.
Nel film, la protagonista Rosa interpretata da Lina Siciliana, è una ragazza che vive con sua nonna Berta, la zia Rita e suo cugino Natale nell’entroterra calabrese. Vivono tutti sotto il tetto e il comando di zio Tore che ben presto si dimostra uno sconfitto e mai arreso personaggio di ‘ndrangheta, violento dentro e fuori le mura di casa. Un luogo, un nuovo evento di violenza e un incubo, riportano in maniera più chiara alla memoria di Rita l’evento traumatico che ha segnato la sua esistenza: L’assassinio di sua madre ad opera della sua stessa famiglia, una femmina ribelle come lo sarà lei da questo momento in poi.
Interrompere il cerchio di violenza non è impresa facile, ma necessaria sì. E’ una scelta perseguita realmente già da molte donne cresciute in famiglie di ‘ndrangheta, che rappresentano il soggetto di questo film e al tempo stesso parte dei destinatari del messaggio ivi contenuto.
Abbate cosa può dirci della genesi del film e quanto del libro di storie vere “Fimmine ribelli” c’è in quest’opera?
Il film parla di donne, di donne che vivono in Calabria, che sono oppresse dalla ‘ndrangheta e di come queste si sono ribellate nel nuovo secolo. In questo senso il film rispecchia al 110% il libro “Fimmine ribelli”.
Secondo lei oggi lo Stato è realmente pronto a tendere una mano alle femmine ribelli che decidono di lasciare le famiglie di ‘ndrangheta? Possono immaginare le istituzioni non nelle forme repressive, ma anzi come alleate nella costruzione di una vita diversa per loro e per le future generazioni?
L’Italia è pronta ed è importante che le istituzioni siano sempre più vicine alle donne che vogliono ribellarsi e collaborare con la giustizia. Ci sono esperienze e cose accadute in questi anni che devono certamente far maturare le istituzioni e far arrivare sul territorio tutto ciò che è mancato fino ad adesso. E’ necessario aiutare chi ha bisogno di essere aiutato, afferrare la mano di chi la tende, ovvero la mano di quelle donne che vogliono ribellarsi o anche degli uomini che decidono di uscire definitivamente dalla ‘ndrangheta. Ecco le esperienze raccontate nel libro e la storia del film, devono far maturare in tutti quel bisogno di provvedere a quel che fino ad oggi è mancato. Il film dice che lo Stato può esserci e che tutto può migliorare. La cosa importante è che non manchi mai la speranza di una via d’uscita che alla fine si trova sempre.
Parlando di donne, il personaggio di Berta, ovvero Anna Maria De Luca che interpreta la nonna della protagonista, è una figura che incontriamo spesso nelle famiglie di mafia e che fanno dell’omertà il perno attorno al quale far crescere la famiglia. Secondo lei queste donne sono vittime o carnefici?
Rappresentano una parte della società, donne magari anziane che non hanno il coraggio di ribellarsi e che prestano il fianco ai mafiosi. La nonna di Rosa raffigura questo come altri personaggi all’interno del film che sono fiancheggiatori dei capimafia. In alcuni casi come avvenuto realmente, queste donne hanno creato dei veri e propri tranelli di morte nei confronti di coloro che invece volevano allontanarsi e cambiare vita. Sono in ogni caso vittime di un sistema sociale che ancora oggi fa fatica a ribellarsi e trovare uno spiraglio per venirne fuori. Sono donne abituate a stare lì e vivere all’interno purtroppo di un cosiddetto “codice d’onore”, portate finanche ad uccidere le proprie figlie. Qualcosa per tutti noi certamente contronatura, ma che è avvenuto nelle famiglie di ‘ndrangheta.
Parlando di come si è arrivati alla realizzazione del film, alla collaborazione con il regista calabrese Francesco Costabile, ci parli della scelta di girare tutte le scene in dialetto calabrese.
Il linguaggio del cinema è un linguaggio diverso da quello del saggio, di un libro o di quello giornalistico. La scelta del dialetto è stata una scelta del regista, ma che abbiamo da subito condiviso, altrimenti avremmo snaturato la realtà di quella Calabria che abbiamo voluto raccontare. Ci è sembrato il modo più adatto per rappresentare questa storia. Per quanto mi riguarda, ho cercato di riportare nella sceneggiatura, attraverso poche righe, quello che in un libro necessita invece di diverse pagine, ad esempio nella descrizione di una scena. E’ stata una bella esperienza lavorare con Francesco Costabile, ma anche con Serena Brugnolo e Adriano Chiarelli. Insieme abbiamo formato un gruppo di lavoro molto compatto, ci siamo intesi benissimo. Loro avevano studiato molto il libro “Fimmine ribelli”, ne conoscevano le idee e quindi nulla è stato travisato e portato oltre quella che era la linea guida del libro.
C’è stata una polemica in questi giorni perché al cinema il film Una Femmina è stato classificato come vietato ai minori di 14 anni dalla commissione per la classificazione delle opere cinematografiche e lo stesso regista ha commentato con dispiacere questa decisione perché a suo avviso è immorale limitare la circolazione di determinati messaggi, soprattutto in un film che denuncia la mafia e la violenza sulle donne. Poi la bella notizia di oggi: è stato accolto il ricorso della produzione e il film è tornato ad essere un film per tutti. Cosa ne pensa?
La notizia è positiva perché il Ministero ha compreso che questo è un film per tutti, è un film che aiuta a comprendere questo fenomeno perché la cultura, il cinema soprattutto, è un’arma che può contribuire a contrastare le mafie e la ‘ndrangheta. Aver tolto il divieto ai minori di 14 anni è un passo molto importante da parte del Ministero della Cultura . Possiamo dire che Una Femmina ha reso possibile anche questo piccolo miracolo e spero che possa farne degli altri, soprattutto aiutare le donne in difficoltà. Voglio ricordare che il film, che pone l’attenzione sul tema, è dedicato alle donne che hanno subito violenza e spero possa liberare in qualche modo tutte le femmine ribelli.