Nel film La Chimera, Arthur ha il potere di sentire il vuoto nel sottosuolo, di trovarvi i corredi funebri degli antichi etruschi e sembra che anche la regista Alice Rohrwacher abbia il potere di sentire lo stesso vuoto, quello del cinema italiano, riempiendolo con un film libero e perfettamente riuscito.
E’ un momento quasi magico per il cinema italiano, tanto per restare nel tema del realismo magico della Rohrwacher. In questo momento al cinema ci sono tre film che stanno salvando il cinema italiano e/o per qualità del prodotto e per incassi al botteghino. Sono tre lungometraggi di registe italiane. Parliamo di C’è Ancora Domani di Paola Cortellesi, Misericordia di Emma Dante, di cui abbiamo già parlato su Optimagazine e de La Chimera di Alice Rohrwacher.
LA TRAMA
Durante il viaggio dell’esistenza veniamo trasportati da un treno fino all’Etruria degli anni ’80. Un luogo che ben conosce la regista, dove è cresciuta e dove sono ancora vivi i ricordi dei tombaroli conosciuti durante l’infanzia. Perché questa è una storia di “tombaroli”, profanatori di tombe etrusche, un po’ improvvisati, sempre alla ricerca di una qualche chimera: oro, statue, piatti e corredi funebri degli antichi.
In quegli anni sembrava che il passato fosse solo un peso e i palazzoni di cemento si accingevano a prendere il sopravvento sulla società ancora contadina e soprattutto sulla storia di un popolo vissuto tra il IX e il I secolo a.c. in quelle terre, gli Etruschi.
Ma i tombaroli, uno su tutti il bravissimo Vincenzo Nemolato che interpreta Pirro, hanno bisogno di qualcuno in grado di capire l’esatta ubicazione delle tombe nel sottosuolo. A loro serve Arthur, il nostro protagonista, interpretato da Josh O’Connor che da tempo voleva collaborare proprio con la Rohrwacher. Arthur è un rabdomante, ma anche un uomo di altra nazione, di un mondo a parte. Si tratta di un eroe romantico che si ispira ai giovani inglesi o tedeschi che nei secoli passati si erano avventurati nel grand tour.
Attraverso la rabdomanzia, una pratica conosciuta e praticata sin dal III millennio a.C. in Cina e in Egitto, Arthur riesce ad individuare il vuoto del sottosuolo utilizzando uno strumento di legno a forma di “Y”, usato come amplificatore dei movimenti del corpo generati da supposte radiazioni emesse dagli oggetti ricercati.
Mentre la banda di tombaroli spera di colmare il vuoto delle proprie esistenze saccheggiando le tombe e guadagnando pochi spiccioli dalla razzia, Arthur ha un vuoto in sé, da cui viene chiamato. E’ il vuoto lasciato da Beniamina, la donna amata, moderna Euridice che non appartiene più al mondo dei vivi, ma alla quale resta legato ancora da un filo rosso che collega i due cuori e più dimensioni. E’ la ricerca di lei a spronarlo in quello che fa, questa è la sua chimera.
Mentre i tombaroli sembrano esser interessati solo al denaro, a quegli oggetti solo in quanto merce, tutta rivendibile senza alcuna sacralità, a capire ed empatizzare con Arthur c’è l’anziana signora Flora, mamma di Beniamina, interpretata con grande dolcezza da Isabella Rossellini e soprattutto Italia (Carol Duarte), che rappresenta una nuova fermata felice del viaggio in treno del protagonista; una donna che ha occupato una stazione ferroviaria che sembrava abbandonata per sempre, quella del desiderio di felicità di Arthur.
IL FILM
La regista di Corpo Celeste, Le Meraviglie, Lazzaro Felice, sceglie di utilizzare tre diversi formati cinematografici. In particolare il 35mm, il Super16 e il 16mm, quasi a rappresentare la ragione, l’inconscio e il mondo onirico nel film La Chimera. Certamente si tratta di una testimonianza di grande libertà espressiva per Alice Rohrwacher, che riesce nell’intento di raccontare una storia inedita, con atmosfere piovose, umide, colori tenui, a loro modo fortemente e volutamente vintage.
Nel “sottosopra”, per dirlo come la GenZ, utilizzando un termine mutuato dalla serie Stranger Things, vi sono i tombaroli realmente conosciuti e intervistati dalla regista candidata agli Oscar. “E’ il trionfo del materialismo” ha dichiarato la stessa Rohrwacher, che fa recitare la parte di una insensibile ricettatrice di arte alla sorella Alba. Eppure “la bellezza non è fatta per gli occhi degli uomini” fa ripetere nel film in un messaggio al contempo poetico e politico, riferito ad una statua raffigurante la divinità Cibele.
Non mancano riferimenti cinematografici, come il volo della statua che ricorda il cristo in elicottero ne La Dolce Vita di Fellini, ma la forza de La Chimera, questo lungometraggio deliziosamente libero e imperfetto, sta anche nelle interpretazioni dei suoi attori, una su tutte quella di Isabella Rossellini.
E’ il suo personaggio a non distinguere o forse non dar peso all’aldiqua e aldilà, dice la Rossellini. Mentre ancora in vita assiste sbigottita allo spoglio della propria casa e averi ad opera delle altre figlie, come farebbero tombaroli professionisti, lei crede ancora nel ritorno della figlia perduta e ancora collegata da un filo rosso al protagonista della storia.
Per seguire quel filo rosso e sapere dove conduce, non possiamo far altro che andare al cinema e guardare La Chimera, il nuovo film di Alice Rohrwacher.