Nei giorni scorsi si era aperto uno spiraglio di speranza. L’aumento dei casi Covid-19 aveva fatto crescere le probabilità di un rinvio a tempi migliori della Coppa d’Africa per nazionali. Dopo qualche breve discussione, gli organizzatori hanno tagliato corto: dal 9 di gennaio i migliori calciatori del continente si sfideranno per l’ambito trofeo.
L’esodo africano riguarda praticamente tutti i club europei più importanti “costretti” a concedere i loro atleti per la Coppa d’Africa (leggi di più)
Quella della Coppa d’Africa è una questione annosa. La Confederazione africana insiste per giocare tra gennaio e febbraio quando però i campionati e le coppe europee entrano nel vivo. Fino a qualche anno orsono, la presenza di atleti africani in Europa era sporadica e la concomitanza con la Coppa d’Africa non creava soverchi problemi. Nell’ultimo decennio, però, il calcio africano ha fatto passi da gigante per qualità e quantità. Oggi gli atleti impegnati nella Coppa d’Africa sono decisivi e determinanti per le sorti dei rispettivi club.
Si configura così una clamorosa ingiustizia: i club investono sugli atleti, li valorizzano, li fanno diventare importanti e poi devono cederli per quaranta giorni alle nazionali a costo zero con con tutti i pericoli del caso inerenti a infortuni, cambio di temperatura ed abitudini di vita, stress della competizione. In sostanza i club con i calciatori più importanti che con tutta probabilità arriveranno fino in fondo alla Coppa d’Africa rischiano davvero grosso.
La soluzione sarebbe semplice. Basta allineare il calendario della Coppa d’Africa alle altre competizioni continentali e dunque farla disputare tra metà giugno e metà luglio. Un calendario razionale che eviterebbe polemiche e danni a tutto beneficio dello spettacolo calcistico e della competizione agonistica.
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