L’anteprima del singolo Macchine Volanti di Eleviole e i suoi punti di contatto con Tom Hulche

Godetevi l’anteprima del video, e ricordate, non c’è età che tenga per smettere di fare il cazzo che ci pare


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Sono un ascoltatore anomalo di musica. Lo sono per motivi evidenti, e per motivi assai meno facili da decifrare, direi addirittura segreti. Motivi che, è chiaro, andrò nel giro di poche righe a svelare, non si fa riferimento a qualcosa di segreto a meno che non si voglia poi andare a svelare l’arcano, a meno che non si sia Tyler Durden e si stia parlando in canotta e coperti di sangue nel retro di un bar o in un garage semideserto del Fight Club, fatto che porterà questi motivi a non essere più segreti, vedi tu a volte come la vita cambia le carte in tavola nel giro di un niente. Resto comunque un ascoltatore anomalo, e da questa anomalia vorrei provare a partire oggi.

Sono un ascoltatore anomalo, dicevo, perché ascolto musica per mestiere. Cioè, da un certo punto della mia vita, neanche troppo presto, intorno ai trent’anni, quella che era stata la mia più grande passione insieme alla scrittura è diventata parte del mio mestiere. Non in maniera diretta, non sono un musicista, o quantomeno non lo sono più e non sono comunque mai stato un musicista professionista, ma l’altra mia passione, la scrittura, nel mentre diventata il mio mestiere, ha cominciato a concentrarsi sulla musica, al punto che negli anni sono stato identificato sempre più spesso come un critico musicale, e sempre meno come uno scrittore, almeno da un pubblico distratto, e anche chi mi ha continuato a considerare uno scrittore lo ha fatto identificandomi in una particolare categoria, potrei dire una nicchia, che con la musica ha molto a che fare, quella dei biografi degli artisti. Intendiamoci, tutto corretto, sono un critico musicale, e ho scritto quasi una quarantina di biografie di artisti, alcune anche di grande successo commerciale, dei best sellers, normale che si guardi a me in questi termini, chi se ne frega se non vengo considerato uno scrittore, non è certo la percezione che gli altri hanno di me a definirmi. Sia come sia io ascolto musica per mestiere, e quando qualcosa diventa un mestiere, fosse anche la cosa più divertente o appassionante, di colpo diventa altro rispetto a come la avevamo sempre approcciata. Ho già tirato fuori, tempo fa, un parallelo con i lavoratori del porno e il loro rapporto del sesso, non credo serva riaccendere questo parallelismo.

Non che ora la musica mi piaccia meno, intendiamoci, il fatto che mi paghino per fare qualcosa che altri pagano per poter fare è comunque un privilegio, a suo modo, ma resta che ascoltarla come prima mi è praticamente impossibile, comincio a notare dei dettagli, a concentrarmi su questioni tecniche, allestisco confronti, mi perdo in analisi, finendo per non riuscire a ascoltare col cuore. Anzi, non ascolto col cuore e lo faccio a cuor leggero, mi si passi il brutto gioco di parole, del tutto disinteressato a far scendere sul campo da gioco anche le emozioni, consapevole di come a influire sulle emozioni non sia quasi mai la musica e basta, ma il vissuto di chi ascolta, e quindi consapevole che il nostro gusto personale finisca spesso per non tenere conto della musica in sé quanto piuttosto di cosa quella musica evoca, ricorda, lascia intravedere. Io mi occupo d’altro, per questo ascolto la musica in questa maniera. E anche per questo evito, son pur sempre umano, di scrivere di quella musica che, esattamente per le medesime ragioni cui ho fatto cenno prima, emozionano me, intendendo per emozioni, è scontato, non solo quelle piacevoli, come i ricordi dei bei momenti, volendo, la malinconia, anche di quelli andati e incapaci di ritornare, ma quelle emozioni che tendono a metterci a disagio, a freddo, come la rabbia, l’odio, il rancore. Scrivo di pop, prevalentemente, mica è un caso.

Ma questa è solo una faccia della mia luna, parte della maniera anomala con cui ascolto la musica.

L’altra non me la so spiegare bene neanche io, e credo sia in parte, ma solo in parte, a causa del mio essere stato un musicista, seppur non professionista, del mio aver studiato per anni musica cosiddetta classica. Non solo questo, è evidente, anche il mio aver pensato, per una parte breve della mia gioventù, che nella vita avrei fatto il musicista professionista, più un sogno passeggero che qualcosa che in effetti abbia mai impattato seriamente con le mie aspettative e i miei progetti reali, ma pur sempre un sogno. Quando ascolto musica, infatti, che si tratti di una canzone incisa, di un brano eseguito dal vivo, anche solo la breve colonna sonora originale di uno spot, tendo a dividere mentalmente le tracce audio, cercando di riconoscere tutti gli strumenti, reali o meno, coinvolti, provando a distinguere le singole parti. Lo stesso faccio con le voci, quasi mai singole tracce vocali, almeno nella musica pop e anche nel rock. Quando in passato ne ho parlato ho paragonato il mio modo di ascoltare, decisamente non normalissimo, me ne rendo conto, a qualcosa di simile a quanto accade nella scena dell’agonia di Mozart nel film Amadeus di Milos Forman, mi ripeto, non trovo esempio più calzante. Lì avveniva esattamente il contrario, e non nego che la visione di quel film possa in qualche modo aver generato in me questa modalità. Amadeus, interpretato magistralmente da Tom Hulche, che verrà candidato al Premio Oscar come Miglior Attore protagonista proprio per questa pellicola, poi battuto a breve vi dico da chi, sta sul suo letto di morte, in agonia, intento nella scrittura del suo Requiem, capolavoro assoluto che vi invito a correre a ascoltare, anche a costo di mollare a metà questo mio scritto. Nel farlo, è malato e sta per morire, si fa aiutare da colui che, Milos Forman su questa cosa ci ha appunto scritto il film, scopriamo essere stato per tutta la sua giovane vita una sorta di suo antagonista, Salieri, interpretato da un altrettanto magistrale F. Murray Abraham, agli occhi dell’Academy degli Oscar più magistrale di Hulche, dal momento che sarà lui a vincere l’ambito premio, come a rovesciare la maestosità dei personaggi interpretati. Salieri, scopriamo dal film, opera del 1984, nessuno si sogni di accusarmi di spolierare alcunché, è lì a suo fianco, da una parte contento dell’imminente morte, perché Mozart gli ha sempre rubato la scena, genio al confronto di lui, piccolo artigiano senza arte, dall’altra è ammirata dalla genialità con la quale scrive, anzi, detta allo stesso Salieri il Requiem. Forman decide di raccontarci questo passaggio facendoci ascoltare passo dopo passo il Requiem per come è scritto nelle partiture, quindi andando a far ascoltare alcuni strumenti isolati nel momento in cui Mozart li detta a Salieri, generando un capolavoro cinematografico intorno a un capolavoro musicale. Vedere questa scena e non scoppiare a piangere ascoltando il Requiem in una chiesa buia di Salisburgo all’inizio degli anni Novanta, in compagnia della ragazza che poi diventerà tua moglie e madre dei vostri quattro figli è sì da insensibili, gente che non sa cogliere l’emozione della musica, parlo per sentito dire.

Io faccio esattamente così. Cioè, no, non scrivo Requiem dettando a miei antagonisti, reali o presunti, le singole parti, già ben lucide nella mia mente. Io ascolto la musica, da sempre, provando a distinguere quelle parti, andando quindi a isolare ogni singola traccia, anche quelle vocali. Per questo, per dire, se poi provo a canticchiare un brano, lo faccio, giuro, e sono anche molto intonato, tendo a non fare mai la prima voce, come se stessi lì a fare il controcanto a chi però è presente solo nella mia mente, è una sorta di deviazione che ho maturato nel tempo, come quei maschi che pisciano seduti, credo.

Quindi confermo, sono un ascoltatore anomalo di musica. Lo sono per motivi evidenti, e per motivi che erano assai meno facili da decifrare, direi addirittura segreti, ma che ora ho svelato senza alcun pudore.

In realtà ho mentito. Succede spesso, quando si scrive, del resto mica è un processo, nessuno ha giurato sulla Bibbia, e anche fosse, un giuramento è un giuramento, mai fidarsi troppo di chi mette le mani su un libro e usa quel gesto per farsi credere. Ho detto che non scrivo mai della musica che mi emoziona, ma ho detto una menzogna bella e buona.

O meglio, ho detto una menzogna parziale, ma che in qualche modo finirebbe per oscurare tante delle cose che in genere scrivo, se non mi affrettassi a correggere il tiro e se voi non foste tutti piuttosto distratti e dotati di scarsa memoria, fatto che rende qualsiasi cosa si scriva dimenticato nel giro di poco tempo, vedi la realtà liquida che è evaporata, caro Bauman.

Scrivo spesso di musica che mi emoziona, lo ammetto candidamente, ma ne scrivo sempre provando a tenere questo aspetto, l’emozione, da parte. E sicuramente non parto mai dal fatto che una determinata canzone, o un determinato artista, mi emozionino. E non parlo solo di me. Non parlo, cioè, solo della mia emozione, ma anche di quella di chi dovrebbe o potrebbe ascoltare. Non mi concentro, cioè, sulla capacità di creare empatia di chi canta, scrive, interpreta, produce, quanto su aspetti altri, come la ricerca, l’originalità, la capacità espressiva, quindi anche emotiva, ma non necessariamente nel senso che davo all’ascolto emotivo ormai qualche riga fa. Scrivo di musica che ritengo oggettivamente bella, mettiamola così.

Che poi lo sia anche soggettivamente, del resto ho educato il mio orecchio all’ascolto, la critica musicale è appunto il mio mestiere, è altra faccenda, ma parto sempre da lì.

Tempo fa, con affetto, ho scritto che a giugno 2021 sarebbe uscito il nuovo singolo di una artista che ritengo tra le più interessanti in Italia, non solo nell’alveo delle cantautrici. Una cantautrice a cui voglio anche parecchio bene, fatto che ovviamente sconfina nel campo dei sentimenti, è evidente che se vuoi bene a qualcuno le emozioni giochino un ruolo fondamentale nel momento in cui ti lasci andare al tuo gusto personale, ma io, come detto, non è da lì che parto, mai. Sbagliavo. Non per mia colpa. Non sbagliavo nel dire che è una delle artiste più interessanti in circolazione, non lo pensavo allora e continuo a non pensarlo ora. Anzi, la seguo sin dai suoi esordi, nel periodo cioè in cui militava negli Ariadineve, e non ho mai smesso, al punto che ho contribuito direi in maniera abbastanza importante a farle intraprendere una carriera solista, il suo primo singolo a suo nome, L’ombelico, è uscito nella antologia Anatomia Femminile, esattamente dieci anni fa, e lei ha preso parte a tutti gli eventi che ho costruito intorno a questo nome, sia in remoto che dal vivo, finendo anche per essere parte di quella follia che risponde al nome di Bikinirama, prima o poi dovremo fare qualcosa dal vivo a riguardo, Eleonora, sappilo. Ho sbagliato perché il singolo il questione non è poi uscito a giugno, come da me prospettato (ne avevo parlato a inizio aprile, qui https://www.optimagazine.com/2021/04/08/eleviole-storie-di-canzoni-tessuti-e-lipidi-in-eccesso/2114416), e ovviamente non ho alcuna colpa a riguardo. A volte i programmi che si fanno vanno all’aria per motivi vari, irrilevanti ai fini della narrazione.

Se ne parlo oggi, non credo di spoilerare niente, e anche fosse, è il mio testo scritto, sarò pur padrone di spoilerare quel che mi pare, quando si tratta dei miei testi scritti, no?, se ne parlo oggi è perché finalmente il singolo di cui scrivevo ormai sei mesi fa è in uscita, di più, è in uscita proprio oggi, in anteprima su questi schermi. Nello scrivere la frase che avete appena letto, e questo sì che è uno spoiler, seppur più a livello di concetto che di trama, ho in qualche modo anticipato la natura del pezzo che sto procedendo a presentarvi, seppur alla mia maniera. Macchine volanti di Eleviole?, questo il titolo del brano e il nome dell’artista che lo ha scritto e interpretato, scritto così, col punto di domanda e tutto, parla in fondo proprio di questo, seppur lasciando fuori dalla porta l’idea di proprietà privata e anche quello di diritto d’autore, inteso come diritto d’autore, quello inalienabile e monitorato da enti come la SIAE, sia inteso come diritto dell’autore a scrivere quel gli pare. La canzone, poi la ascolterete, immagino e spero, siam qui per quello, e capirete meglio quel che sto provando a dirvi, parla del fatto che, nella vita, anche se a volte sembra si sia fatto troppo tardi, parlo di anagrafe, di giovinezza, di maturità, di treni che passano e sembrano non dover tornare più, di attimi da cogliere, fregarsene e fare quel che ci pare è sempre una soluzione percorribile e in quanto percorribile a volte è sacrosanto percorrerla.

Il video che la accompagna, un video speciale, perché vede lei, Eleviole?, intenta a performare nell’altra forma d’arte che lei, Eleviole?, pratica, quella dei tessuti aerei, è quanto di più poetico ci si può aspettare, ancora più poetico se si pensa che Eleviole?, è sua Macchine volanti, non si fosse capito, è un’artista indipendente, una cantautrice autarchica che si scrive e produce da sola. Il brano, per altro, in chiave elettronica, per quanto nella visione dell’elettronica di Eleviole?, è un deciso passo a lato rispetto a quanto Eleviole? ci aveva fatto ascoltare nel suo album d’esordio, Dove non si tocca, filastrocche per adulti assolutamente acustiche. Potrei, a questo punto, come fatto in aprile, lasciarmi andare a previsioni di quanto accadrà in futuro, Eleviole? tirerà finalmente fuori un secondo album, Malinconie da manuale, chiaramente un album di canzoni in questa nuova direzione, e queste nuove canzoni, immagino con alcune di quelle vecchie, magari qualche cover, andranno a costruire l’ossatura di uno spettacolo assolutamente originale, dove musica e tessuti aerei si sposeranno alla perfezione. Parlo a ragion veduta, perché ho visto Eleviole? Esibirsi sui tessuti aerei, nello specifico con come colonna sonora Il paradiso dei calzini di Vinicio Capossela, la cornice suggestiva del Monte Conero a fare da sfondo, qualcosa di davvero affascinante. Lo dico ancora di più ragion veduta, ma non voglio spoilerare nulla, perché in qualche modo contribuirò a questo spettacolo, ripeto, siamo nel campo delle previsioni, previsioni che per altro non intendo fare. E non intendo farle non tanto perché il singolo Macchine volanti non è in effetti uscito a giugno, come avevo ipotizzato, quanto piuttosto perché, nel mentre, Eleviole?, che in quel pezzo descrivevo come una sorta di versione italiana di Bettie Ditto, la cantante dei Gossip, corporeità oversize lì a volteggiare in cielo appesa ai tessuti aerei, mentre nei fatti ora Eleviole? appare in perfetta forma, video canta e anche le foto che posta sui social.

Certo, anche Tom Hulche, l’attore che ha incarnato Mozart nel film Amadeus di Milos Forman, se ne parlava sopra, ora appare imbolsito e decisamente sovrappeso, Eleviole? potrebbe essere uno di quei casi di ringiovanimento tipo Benjamin Button, fatico a capire come sia possibile, guardando il mio girovita, ma immagino ciò rientri nel campo delle possibilità.

Quindi niente previsioni, Malinconie da manuale e il conseguente spettacolo sui tessuti aerei arriveranno, ma non saprei dire fra quanti mesi. Per ora godetevi Macchine volanti e l’anteprima del video che l’accompagna, e ricordate, questo la pandemia che ci ha tenuto in scacco nell’ultimo anno e mezzo ce l’ha ben insegnato, non c’è età che tenga per smettere di fare il cazzo che ci pare.

Macchine volanti di Eleviole? lo trovate qui in anteprima: