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Eleviole? storie di canzoni, tessuti e lipidi in eccesso

A giugno uscirà il nuovo singolo di quest' artista che darà vita a uno spettacolo unico in Italia e forse nel mondo

di Michele Monina
08/04/2021
INTERAZIONI: 84

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Eleviole? storie di canzoni, tessuti e lipidi in eccesso
Optima Italia

Non ho mai guardato alla mia magrezza come a un problema. Parlo di quando ero magro, molto magro, ovviamente, non di adesso. Non ho mai guardato alla mia magrezza neanche come a un punto a mio favore, intendiamoci. Fino ai trent’anni, circa, ho pesato meno di sessanta chili, per un metro e settantacinque di altezza, ero gracile, nervoso, asciutto, ma ero più che altro quel che ero. Mi era capitato quel corpo e quello mi tenevo. Mangiavo, male, e non ingrassavo. Avevo, in parte ce l’ho anche ora, una pelle che definire di merda è farmi un complimento, e questo credo sia per una questione di alimentazione sbagliata che per una faccenda di predisposizione, nei fatti non ho mai mangiato verdure fino a che non sono andato fuori di casa, ho sempre mangiato poca frutta, molti dolci, molto zucchero nel caffè, molti dolci, i dolci erano e sono una mia passione, seppur oggi praticamente platonica, carboidrati senza una logica, insomma, ero magro per una questione di gioventù e metabolismo, non per altro.

Poi un giorno mi sono svegliato, così, di colpo, e ero ingrassato. Tanto, diciamo che ero intorno agli ottanta, e la cosa mi ha colto di sorpresa. Stavo bene, nel senso che era un periodo risolto della mia vita, di coppia, ci eravamo sposati da un paio di anni e Marina era incinta di nostra figlia Lucia, e anche professionale, lavoravo in Mondadori, sia nella redazione dei libri che a Tutto Musica, addirittura ero direttore editoriale di un portale. E ero grasso. Sulle prime ho imputato la cosa alla mensa Mondadori, stellata, ma nei fatti credo sia stato più che altro il conto che il metabolismo mi ha presentato per i miei primi trent’anni di vita: hai mangiato quel che volevi senza una logica?, eccoti la panza che ti meriti.

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Chiaramente la cosa mi ha spiazzato, ma non ho pensato fosse una fase irreversibile, e soprattutto non ho mai creduto potesse peggiorare. Ho continuato a mangiare come prima, e con l’arrivo dei figli, se possibile, le cose sono andate peggio. Avete presente quanto sono buoni gli snack che mangiano i bambini? Avete idea di che tipo di dipendenza dia la cioccolata al latte della Kinder? Beh, io sì. Ho continuato a mangiare, forte del fatto che nel mentre, ma era un mentre che era arrivato a dire il vero assai prima di quando i venti chili avevano bussato alla mia porta, avevo smesso di bere. È noto, niente ingrassa come il bere, avevo sentito dire a più riprese. Io ero ingrassato, e non bevevo. Pensa se avessi bevuto, mi sono detto, ma più che altro era un modo per giustificarmi del mio scofanarmi confezioni da cinque di Kinder Bueno, o quelle da dodici di barrette al cioccolato.

Arrivati i quaranta ho fatto le solite analisi di rito, quelle che invero facevo da tempo, e che presentavano spesso i dati sballati più che altro per questioni legate alla Mononucleosi che ho preso, credo proprio in mensa, e di colpo ho avuto il colesterolo a livelli di allarme rosso.

Va così.

Faccio le analisi, tranquillo come una Pasqua. Vado a ritirarla e vedo che ho queste sigle, quelle del colesterolo e dei trigliceridi, alte. Molto. Prendo appuntamento dalla dottoressa della mutua, allora era ancora possibile fare anticamera dal dottore, farsi visitare anche se non si era in fin di vita, e leggo qualche giornale di gossip intanto che aspetto il mio turno. Quando arriva entro e le passo i fogli dei risultati delle analisi. Lei li legge e mi chiede, secca: “Ha casi di ictus o infarti in famiglia?” La guardo atterrito. Lei capisce, e aggiunge, “non che ci sia relazione con le analisi…”

Ora, non so voi, ma io per natura mi fido poco dell’essere umano, figuriamoci di un essere umano che, leggendo delle analisi sballate mi chiede se ho familiarità con ictus e infarti, salvo poi darmi da bere che si tratti di una domanda fatta tanto per, così, per curiosità. Rispondo di no, e in effetti così stanno le cose. Al che lei mi dice che non mi devo preoccupare. Devo iniziare a prendere un medicinale a base di non so cosa estratto da non so che pesce, o ricorrere al Danacol, che si trova a meno in qualsiasi supermercato. E poi devo iniziare una qualche forma di dieta, qualche forma di dieta che prevede l’eliminazione del fritto, della pizza, dei carboidrati, dei dolci, degli alcolici e non ricordo cos’altro.

Chiedo, ovviamente, per quanto tempo la dieta debba andare avanti, e lei, esattamente come aveva fatto dopo che mi si erano sfalsati i dati per la Mononucleosi, e poi in seguito anche per il Citomegalovirus, non è che mi faccia mancare niente, io, risponde: “Per sempre”. Faccio segno di sì con la testa, quando si tratta di mentire sono piuttosto bravo.

Torno a casa, dopo aver fatto scorta di Danacol alla Fragola e mi metto a dieta. Stretta. Seria. Per tre mesi non tocco quasi nulla di quel che non devo toccare. Certo, mangio la pizza, ma se non ho capito male è di quella delle pizzerie che parlava, per paura che ci fosse qualche condimento particolare. Elimino del tutto i dolci, e anche i fritti. Perdo qualche etto, forse qualche chilo, ma alle analisi successive ho il colesterolo rientrato nei ranghi. Il che mi spinge a tornare spavaldo dalla dottoressa, di nuovo brandendo i fogli coi risultati. Lei se ne compiace, in fondo è follemente innamorata di me, è chiaro, sapendo che scrivo di viaggi, all’epoca dei fatti narrati ancora lo faccio, si è convinta che io sia una sorta di Indiana Jones. Al punto che quando avrò una brutta polmonite, parlo degli anni Zero, avere oggi la polmonite sarebbe altra faccenda, dopo essere corsa a casa nostra, fatto del tutto inedito, a Milano nessun medico della mutua va in casa dei propri pazienti, ha accolto i barellieri dell’ambulanza che di lì a breve mi avrebbero condotto all’ospedale dicendo che ero particolarmente grave, perché se uno come me, testualmente, che è abituato a girare il mondo all’avventura era svenuto in terra, non ce n’era, doveva per forza essere grave. Poco conta che io, nel mio girare per il mondo, fossi solito andare ospite in hotel a cinque stelle, non certo a dormire all’addiaccio circondato da animali selvaggi, ero Indiana Jones e lei pendeva dalle mie labbra. Anche per questo mi sono preso la libertà di dirle che la sua dieta funzionava, certo, ma presentava anche un grave problema di fondo: visto che funzionava, e che io sapevo che funzionava, da adesso in poi avrei vissuto la mia vita alternando sei mesi di bagordi a sei mesi di dieta, e vaffanculo al colesterolo. Lei ovviamente non ha approvato, ma la storia mi ha dato ragione.

E ha dato ragione alla mia convinzione che se io sono ingrassato, e ho continuato a farlo, è solo perché mangio troppo, e probabilmente mi lascio andare a comportamenti non corretti dal punto di vista alimentare. Perché per anni ho continuato a mangiare molti dolci, specie d’estate, adoro i gelati, a rimpinzarmi di carboidrati, il me stesso di cinquantanove chili è ormai un ricordo lontano. Certo, nel mentre ho anche messo su massa muscolare, ho le spalle più larghe, le bracci muscolose e capace di sollevare pesi, quattro figli, di cui due gemelli, non è che tendano a crescere da soli. Pensate che per anni ho abitato al quarto piano di un palazzo senza ascensore, per poi trasferirmi al secondo piano di un palazzo senza ascensore, scale su scale fatte portando su pesi, bambini, passeggini, buste della spesa, di tutto. Ho la panza, certo, ma anche il resto le va dietro.

Poi, un paio di anni fa, diciamo anche un paio e mezzo, facendo le scale del palazzo in cui abita mia suocera, quello nel quale risiedo quando siamo in Ancona, ho riscontrato un certo affanno, e mi sono spaventato. Intorno ai trenta ho messo su peso. Intorno ai quaranta ho avuto il colesterolo sballato. Intorno ai cinquanta, mi sono detto, non mi restava che timbrare un infarto. Quindi mi sono messo a dieta seria. Così, di colpo. Una dieta assai difficile, perché seria, e perché corroborata da circa dieci chilometri di camminata al giorno. Sport no, non riesco a farne, i quattro figli di cui sopra ci sono ovviamente ancora, difficile rubare tempo al lavoro e alla vita familiare, in questa fase. Nei fatti ho perso subito peso, sotto gli occhi esterrefatti di mia suocera. Lei vive quasi sempre con noi, almeno di inverno, e è in parte causa del mio ulteriore ingrassamento degli ultimi anni, prima dell’affanno e della dieta definitiva. Diciamo che sono arrivato intorno ai novanta anche per i suoi primi molto buoni, ma anche conditi, tutti i giorni, per i dolci nel fine settimana, mix mortale se unito a una vita sedentaria da scrittore.

Nei fatti ho cambiato regime alimentare, eliminando i carboidrati, se non nel weekend, eliminando i dolci, idem, ma spesso anche nel weekend, passando da un etto e venti di pasta al giorno a insalata, hamburger vegetali, bresaola, stracchino light. Roba che neanche Henry Rollins. Puro stright edge. Dieci chilometri al giorno, a piedi, praticamente ovunque io debba andare a Milano ci vado a piedi, e quando posso cammino anche dentro casa, mentre sto al telefono, tanto ho il contapassi, e non mangio più come prima. Dimagrisco. Non torno il ragazzino magro che è arrivato anni fa a Milano, ho messo su spalle e muscoli, ma dimagrisco. Con le diete funziona così, del resto, e se ti abitui a mangiare cibi che hanno lo stesso sapore della merda, facile che poi non ti venga da abbuffarti, a meno che tu non sia tra quanti amano mangiare merda, e non è il mio caso. Dimagrisco, parecchio.

Poi arriva la pandemia.

E con la pandemia arrivano i grandi lievitati.

E scompare la possibilità di camminare, se non dentro casa, parlando al telefono.

Ma dopo un po’, Neffa insegna, spariscono anche le telefonate.

Torno a ingrassare. Resto a dieta, intendiamoci, ma ingrasso, il che è anche peggio di prima, quando almeno mangiavo barrette Kinder e un etto e venti di pasta ogni giorno.

Sulle prime ci sono rimasto male. Poi mi ci sono abituato, ora abito in un palazzo con l’ascensore, non provo affanno a prendere l’ascensore le poche volte che esco. A Ancona non ci torno da mesi e mesi, la prossima volta che dovrò fare le scale di quel palazzo non è al momento previsto. Del resto sono cresciuto che ero uno mingherlino, con l’acne giovanile, acne giovanile che poi si è dimostrato affatto giovanile, la pelle di merda ce l’ho anche oggi, i denti storti, non dico alla Shane McGowan di Pogues, ma poco ci manca, diciamo che col tempo mi sono abituato al corpo che ho, ci ho fatto i conti e ho imparato a starmi bene così. Non ho quindi mai guardato alla mia magrezza come un problema, quando esisteva una mia magrezza, e se ho guardato alla mia grassezza con diffidenza è stato più che altro per una questione di salute.

Non dico questo per passare per figo, ci mancherebbe, non ho detto che ho trenta centimetri di cazzo o robe del genere, anche lì, credo di essere nella media, non è che mi ci sia mai soffermato troppo a ragionarci su, so di aver difetti e so che farci i conti è parte del vivere, sia da un punto di vista estetico che da un punto di vista di salute.

Dico questo perché mi sembra evidente che affrontare oggi un qualsiasi argomento che riguardi il corpo, l’estetica, l’alimentazione, e che abbia una qualche sfumatura ironica, magari scivoli verso il politicamente scorretto, o addirittura ci si immerga fin sopra i capelli, ecco, di capelli problemi non ne ho, nonostante mia madre, che non ha mai apprezzato che io li facessi crescere, sin da ragazzo, mi abbia sempre predetto una calvizie giovanile, o quantomeno una prematura stempiatura, i miei capelli sono ancora tutti lì, belli folti e pronti a scivolarmi sulle spalle, comunque, dico questo  perché mi sembra evidente che affrontare oggi un qualsiasi argomento che riguardi il corpo, l’estetica, l’alimentazione, e che abbia una qualche sfumatura ironica, magari scivoli verso il politicamente scorretto, o addirittura ci si immerga fin sopra i capelli, il rischio di venire crocifissi, oggi come oggi, è più una certezza che una possibilità, e allora ci tenevo a far sapere che state per crocifiggere uno sovrappeso, che ha sofferto prima della propria magrezza, della propria acne, dei propri denti storti, e poi della propria grassezza, poi vedete voi se è il caso di accanirsi così, se nel vostro accanirsi non ci sia magari un pizzico di body shaming, io così sicuro fossi in voi non sarei.

Il fatto è che ho sentito un paio di canzoni molto buone, ma molto buone davvero. Due canzoni di artista che considero eccellenza del nostro cantautorato, e che per di più è a suo modo un unicum nel nostro cantautorato, come chi, decidendo di giocare a calcio, si inventasse un ruolo prima inesistente.

Siccome ho parlato di body shaming e ho a più riprese parlato di corpi malformati, potrei paragonare l’artista in questione, e vorrei sottoporre alla vostra attenzione quanto io sia fottutamente bravo nel costruire frasi che risultino neutrali, dal punto di vista del profilo sessuale, senza dover ricorrere a asterischi o quelle lettere non presenti nel nostro alfabeto così care a Vera Gheno, legittimamente, intendiamoci, un po’ come, leggevo, si troveranno a fare quanti commenteranno il prossimo EuroVision Song Contest, o come cazzo si chiama l’Eurovision ora, dovendo parlare dell’artista in gara per la l’Irlanda, Lesley Roy, artista che ha deciso di non voler applicata a sé usando una delle definizioni binarie, e quindi ricorrendo al plurale, quindi avrei dovuto dire hanno deciso di non voler applicata a loro una delle definizioni binarie, tanto per capirsi, utilizzo del plurale, neutro in inglese che però creerà un corto circuito in italiano, quando si dovrà decidere applicare un genere grammaticale declinando i verbi, sono uno scrittore, se non voglio farvi capire di che tipo di artista io stia parlando so come fare, lo avete appena riscontrato da soli o vi ho aiutato io a farlo, comunque, siccome ho parlato di body shaming  e ho a più riprese parlato di corpi malformati, potrei paragonare l’artista in questione a Garrincha, grande campione di calcio brasiliano, parliamo dell’epoca dei Pelè, colpito da piccolo dalla poliomelite e quindi con una gamba più corta dell’altra, malformazione che però il nostro usava alla grande per scartare gli avversari, il suo modo claudicante e incerto di correre gli favoriva tutta una serie di finte imprevedibili, quando si dice fare di necessità virtù.

Va beh, dirà qualcuno, ma che c’entra il body shaming, il tuo continuo utilizzo di stilemi che ricorrono al politicamente scorretto, fatto che ti ha indotto, per coda di paglia e assenza di buonafede a metterti nel novero di quanti potrebbero essere oggetto di body shaming, fatto che evoca in sé un politicamente scorretto subito da chi il politicamente utilizza, che c’entra tutto questo col fatto che hai ascoltato due canzoni molto molto buone di artista che consideri eccellenza? Hai, dirà quel qualcuno tra sé e sé, forse intenzione di fare body shaming nel presentare due canzoni molte ma molto buone?

Ecco, diciamo che lungi da me fare del bullismo, in generale, e più nello specifico del bullismo nei confronti di artisti che stimo particolarmente, come nel caso in questione, ma siccome mi è capitata sott’occhio la mesta polemica contro Luca Ravenna, lo stand up comedian reo di essere balzato sotto i riflettori per la sua partecipazione a Lol, e quindi passato al setaccio da chi Lol ha visto e non lo conosceva e quindi, ancora, accusato di omofobia e razzismo per i suoi pezzi, pezzi nei quali, chi anche solo vagamente conoscesse come funziona la stand up commedia ben lo dovrebbe sapere, prende per il culo omofobi e razzisti mettendone in scena i retropensieri e i tic, ecco, credo sia il caso di provare a fare uso e abuso di politicamente scorretto anche qui, in un contesto che non fa parte della comicità, e parlando di canzoni che di loro nulla avrebbero di ascrivibile a quel genere, non fosse altro che per sottolineare come io sia sempre e costantemente dalla parte di chi prova a scardinare ipocrisie e pensieri allineati.

Quindi sì, temo che finirò per fare del body shaming, e lo farò nei confronti di una artista, ora posso svelare che di artista donna si tratta, per di più anche mia carissima amica, ma sarà a fin di bene, magari non il suo, ma pur sempre a fin di bene.

Il fatto è che Eleonora Tosca, in arte Eleviole?, artista che stimo e seguo da ormai un sacco di anni, nonostante sia assai più giovane di me (dico questo per dare da intendere che io abbia cambiato idea, e che quindi non intenda, a breve, praticare del body shaming, lo confesso, anche se nei fatti lei ha oggettivamente quindici anni meno di me, precisi precisi, essendo nata il mio stesso giorno, ma quindi anni dopo), prima come voce degli Ariadineve, band proto-indie, quando l’indie non si chiamava indie, poi solista a iniziare proprio dalla prima antologia che ho curato, Anatomia Femminile, e in seguito a dar vita a un progetto di filastrocche per adulti, sotto il brand Eleviole?, un album, Dove non si tocca, e un documentario on the road, con lo stesso titolo, un viaggio in bicicletta da Oporto a Finisterre. Una artista dotata di una precisa idea di come si possa far musica, ottima musica pop, pur non stando nel comodo alveo della convenzione, andando appunto a giocare con generi solitamente rivolti a un pubblico differente, l’idea delle filastrocche rivolte però agli adulti (ahinoi non nel senso di “a luci rosse”), la volontà costante di rimettersi in discussione, abbandonando anche strade già battute come il pop indie degli Ariadineve per cominciare un percorso di scrittura più personale, in mezzo anche l’esperienza che con me ha condiviso delle Bikinirama, la capacità rara di risultare sempre e comunque empatica, emozionante, il corpo e la voce ben presenti, a partire da Anatomia fino a quel che il futuro le riserva. Di lei ho scritto più volte, l’ultima qui, per altro esattamente un anno fa, andatevi a leggere quel che c’è da sapere a riguardo.

Oggi voglio parlarvi di quel che voi non avete ancora sentito (e io sì) e di quel che ancora non ha visto la luce, non perché io, come l’Oracolo di Matrix sappia quel che sta per accadere, ma solo perché Eleviole?, o meglio Eleonora, mi ha fatto ascoltare e raccontato. Il futuro prossimo di Eleviole?, infatti, è fatto di un singolo che rappresenta un nuovo viaggio, una virata ulteriore, un ritorno al pop, per certi versi, sempre con la sua cifra, la sua voce calda e avvolgente colora ogni canzone in maniera riconoscibilissima, l’elettronica a sfondare la Linea Maginot un tempo rappresentato dal suo immancabile ukulele e dai colori acustici della chitarra, una canzone già pronta, ma tenuta cautamente ferma a causa della pandemia e la conseguente impossibilità di portarla poi in giro, di fare live, presentazioni, quello che in genere succede all’uscita di un singolo, e qui siamo di fronte a un singolo particolarmente potente, parola di Lupetto. Singolo che dovrebbe, o avrebbe dovuto, vai a capire tu cosa succederà nel futuro prossimo, uno spettacolo che sarà un ulteriore scatto in avanti, o scarto di lato, vai a collocare l’arte su una mappa, se ci riesci. Uno spettacolo che mette a fianco della musica l’altra grande passione di Eleonora, i tessuti. Sì, Eleonora è di quelle pazze furiose che si allenano tutti i giorni, fanno palestra, esercizi sfiancanti, al solo scopo di potersi arrampicare su dei tessuti appesi al soffitto di palestre particolarmente alte, o di strani aggeggi fatti con tubi innocenti, credo chiamati “piramidi”. Uno spettacolo, quindi, che è al tempo stesso un concerto e una esibizione atletica, forse anche vagamente circense (Eleonora ha fatto anche scuola di circo, sia messo agli atti), e so che qualcuno potrebbe pensare che aver dato della circense a chi si esercita sui tessuti sia il momento in cui pratico il body shaming, ma ancora non ci siamo, state calmi. È che non conosco bene i termini tecnici, e quindi procedo a braccio, sicuramente sbagliando le parole. Nei fatti Eleviole?, questo il nome d’arte, darà vita a uno spettacolo unico, in Italia e forse nel mondo, di canzoni e tessuti. Io, che l’ho coinvolta in Anatomia Femminile, e che so come Anatomia Femminile, anzi, le foto di corredo al booklet di Anatomia Femminile le siano costate il posto, licenziata per una faccenda che meriterebbe un romanzo d’appendice, moglie puritana di marito vouyer, il tutto per un servizio fotografico innocente e assolutamente spettacolare di Zoe Vincenti, per altro, io, che in qualche modo le ho quindi fatto perdere il suo vecchio lavoro per averla coinvolta in Anatomia Femminile, le ho suggerito di starsene come mamma l’ha fatta su quei teli, così, tanto per non farci mancare niente, ma dubito ciò vedrà la luce, anche perché, eccoci arrivati al dunque, la pandemia non è stata pandemia solo per me, ahinoi, o meglio, ahilei. Oltre un anno passato in casa, in compagnia per di più di un compagno divenuto provetto cuoco e appassionato di grandi lievitati avrebbe messo a dura prova chiunque, temo che Eleviole? faccia parte del maxi gruppo “caduti sulla via della bilancia”. Questo per dire che sì, a giugno uscirà il nuovo singolo, titolo ancora top secret, accompagnato da un video che è uno splendore, spettacolo nello spettacolo, anticipazione di quel che il futuro di riserva, e di questo non possiamo che compiacerci tutti noi appassionati di musica, e se Dio vorrà durante l’estate già potremmo vedere le prime date del suo spettacolo di canzoni sui tessuti, ma a meno che, anche grazie al nostro tifo, Eleviole? non farà ricorsa a grande forza di volontà, quello che poteva essere di suo già qualcosa di spettacolare, diventerà qualcosa da guinness dei primati, la prima cantante curvy, quasi obesa, la Bettie Ditto italiana, lì a volteggiare burrosa appesa per le caviglie, mentre canta le sue belle canzoni, questo almeno finché i tubi innocenti fanno il loro lavoro. Roba che neanche Romeo Castellucci della Societas Raffaello Sanzio al suo massimo è riuscito a concepire.

Cara Eleviole?, forza, noi oversize facciamo tutti il tifo per te, e per la buona tenuta della piramide autotrasportante.

PS

In realtà non è vero, Eleviole? sta in splendida forma e si allena, se la seguite sui social potete constatarlo coi vostri occhi, e quando a giugno uscirà il video del singolo, Macchine Volanti il titolo, video nel quale Eleviole? Dà prova di quel che sa fare sui tessuti, ne avrete ulteriore prova, anche se pure lì è vestita. Quello oversize sono io, vedi sopra, è che cercavo un modo per incuriosirvi, mettendo anche a repentaglio il mio stato nervoso (perché vuoi che qualcuno non avrà smesso di leggere prima della fine e sarà venuto a rompermi i coglioni?), e credo di esserci riusciti, farvi conoscere una così brava artista vale assolutamente correre qualche rischio. Ovviamente nessun tubo innocente è stato trattato male in questo pezzo.

Tags: diario di un rockdowneleviole?
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