Blanco. Diciotto anni. Un successo in termini di streaming di quelli che farebbero impallidirei tutti quegli artisti che un tempo avremmo senza ombra di dubbi definito BIG. Quelli che vendevano centinaia di migliaia di dischi quando i dischi si chiamavano così con una ragione. Quelli che vendevano anche decine di migliaia di biglietti per i propri concerti, perché la musica era ancora qualcosa che si pagava, perché ritenuta di valore, mica la trovavi gratis dentro lo smartphone. Quelli che, per intendersi, anche oggi riempiono gli stadi o i palasport, gli è rimasto in pratica solo questo, hanno un repertorio di evergreen, sostengono la SIAE, anche se poi passano a volte a SoundReef, perché i soldi non puzzano anche oggi che il latino è diventata materia di studio di certi licei, non più lingua parlata in strada, quelli che con le loro canzoni danno ancora da campare anche ai pianisti di pianobar.
Fossi uno di loro, oggi, starei poco tranquillo a programmare l’uscita di un album, non sia mai che uno come Blanco decida di fare una sorpresa ai suoi fan, gente dall’età media imprecisata, sempre e comunque nata nel nuovo millennio (o con la maturità di chi nel nuovo millennio è nato), capace che si prenda, è successo in questi giorni, tutta la classifica dei singoli, e ovviamente quella degli album.
Poi, intendiamoci, che oggi la classifica dei singoli la si possa prendere infilando uno dietro l’altro tutte le tracce di un album, visto che è solo lo streaming a dettare le regole è lo streaming a decidere chi finisce nella Top 10, con buona pace della discografia che aveva inopinatamente deciso, in passato, che un singolo non venisse passato dalle radio anche se contenuto in un album già uscito, come fosse un segreto di stato mal custodito, roba che neanche al circo Barnum. Mica penserete che gli artisti internazionali, guardiamo ai recenti casi di KaNye West e di Drake, rispettivamente con Donda e Certified Lover Boy, ventisette e ventuno brani, siano così lunghi per l’estrosità dei rispettivi artisti, anche se nel caso dell’ex Mr Kardashian qualche dubbio sarebbe anche lecito a riguardo, è un trucco per occupare tutta la classifica dei singoli e di conseguenza, visto che la classifica degli album è data proprio dalla somma dell’andamento delle singole tracce, e più sono le tracce ascoltate più si è in alto, un trucco per essere in alto anche in quella degli album, non ultimo, si scherza, eh, mettiamoci anche che quei novanta dollari per un milione di streaming fanno pur sempre comodo.
Resta che Blanco è oggi il campione di ascolti, uso un giro di parole d’altri tempi, quando si parlava anche di campione ai botteghini, guardando al cinema, o di incassi, a scelta, così come per buona parte delle settimane e dei mesi precedenti lo è stato Sangiovanni, anche lui diciott’anni, uscito dalla scuderia di Amici di Maria De Filippi, mentre nel resto del mondo, così ci raccontava una narrazione un po’ accompagnata e non del tutto a fuoco, i campioni erano i Maneskin, poco più vecchi di loro, ventun’anni di media.
Dico questo, specificando mica a caso la faccenda dell’età, non per fare il boomer, tecnicamente sono più Generazione X, io, nato a metà del 1969, né per tirare nuovamente fuori la faccenda del regolamento della prossima edizione di Sanremo e di conseguenza del concorso collaterale Sanremo Giovani, già detto e onestamente avrei anche potuto farne a meno, visto l’irrilevanza del tutto, dico questo perché mi sono a lungo interrogato, a lungo stando ai miei standard, ovvio, qualche minuto, poco più, sulla questione “devo o non devo ascoltare i lavori di Blanco e di Sangiovanni?”, spinto da una parte da una punta di senso del dovere, scrivo di musica, parlo di musica, ci si aspetta che io li ascolti e poi ne scriva o ne parli, magari andando a tirare una mazzata ferale o mortale, o magari, colpo di scena, ammettendo pubblicamente un mio inaspettato innamoramento, non sono boomer e seppur non utilizzi Tik Tok posso pur sempre apprezzare del pop, se fatto come si deve. Mi sono interrogato ricorrendo alla classica lista di Pro e Contro, dove ovviamente ho posto la lista dei Pro a sinistra e quella dei Contro a destra, non perché io mi ritenga di sinistra, sono da sempre anarchico insurrezionalista, cresciuto in una città che ha visto la sola e unica rivoluzione italiana, la Settimana Rossa di malatestiana memoria, e nello specifico in una piazza proprio a Malatesta intitolata, ma non sia mai che associ la parola Pro alla destra, questo mai, neanche in punto di morte. A favore di un mio ascolto di questi lavori il fatto che ho quattro figli, due appena compiuti dieci anni, e per quanto io abbia provato antidemocraticamente a riprogrammarli, sottoponendoli a ascolti forzati di Marisa Monte e di tutta la discografia di Ivano Fossati, poi mi vanno in auto con la nonna e dalla radio si fanno ammaliare dai tormentoni del momento, ivi compresi quelli di Sangiovanni e Blanco, sui cui titoli sorvolo per quel minimo di stima che nutro nei vostri confronti, buona parte dei quali avrà iniziato a leggere l’articolo casualmente, attirata dallo sfoggio del nome Blanco, ne sono sicuro, avere figli ti impone, in qualche modo, di stare al passo coi tempi, ti mantiene giovane, con le inevitabili cadute di stile che fingersi giovane può portare con sé a livello di look, di linguaggio e di abitudini, figuriamoci se non ci vogliamo mettere anche un po’ di colonna sonora demmerda. A favore, anche, proprio questo fatto di poter infilare il nome di Blanco, magari anche quello di Sangiovanni, nel titolo di un pezzo, con conseguente aumento esponenziale dei click, non fosse che non vengo pagato a click, sono un uomo anziano, ci mancherebbe pure altro, e che comunque, non saprei dire se temo o spero, ancora non ho le idee chiare a riguardo, il pubblico di riferimento di quegli artisti, vuoi perché ancora in età prescolare, quindi ancora incapaci di leggere, vuoi per una mera faccenda di abitudine, vuoi, e qui lo so che sto incamminandomi a larghe falcate verso una accusa, anche legittima, di spocchia e bullismo, perché anche leggendo un neanche troppo velato analfabetismo funzionale, figlio magari anche di questa età frammentaria, post-baumaniana, impedirebbe di comprendere quel che dico, quindi, ok l’aumento momentaneo dei click, ma sai poi che rotture di palle cui andrei incontro, lì a dover dialogare, si fa per dire, con bimbiminkia che si esprimono in una lingua primordiale, genarazioni senza più passato, neo primitivi, rozzi cibernetici signori degli anelli, li chiamava Battiato nel testo di Shock in my town. Sempre nei Pro, ma qui scivoliamo sulla china dell’opinabile, mi scuso coi bimbiminkia di cui sopra se ho usato la parola “opinabile”, Google potrebbe esservi di ausilio, alla peggio chiedete a Alexa, il fatto che confrontarsi con la musica delle nuove generazioni, anche quelle oggettivamente troppo distanti dalla mia, passi i Maneskin che comunque con la musica dei miei tempi fanno a loro modo i conti, ma qui stiamo parlando davvero di gente che è nata un decennio dopo che avevo già dichiarato finita la musica tutta, anno del Signore 1991, potrebbe essere una ottima maniera per rinsaldare le mie idee a riguardo. Non che abbia bisogno di quello che Gerry Scotti chiamerebbe un aiutino, per intendersi, ma vedere il fallimento di una generazione non potrebbe che confermarmi l’avvenuto decesso di musica e sistema musica ormai da un sufficiente numero di anni per poterne addirittura stabilire una celebrazione storica, come il Palio di Siena o la Quintana di Ascoli (merda, quando si scrive Ascoli tocca sempre aggiungere poi merda, è legge di natura).
Passiamo alla lista dei Contro, quella che si trova, appunto, a destra. È una lista piuttosto breve, perché, avevo premesso che ci ho ragionato su non troppo a lungo, stando agli standard comuni, e trova una sola riga occupata, lì in quella metaforica lavagnetta che dovrebbe aiutarmi a prendere questa benedetta decisione. Una sola, stringata riga che recita, vado a memoria, qualcosa che suona come: non hai sufficiente tempo nella vita. Il che, non fosse che questa frase l’ho scritta, sempre metaforicamente io, che non ho doni di preveggenza, e ne avessi non starei certo qui a scrivere di Blanco e Sangiovanni, e che soprattutto non ho alcuna intenzione di menarmi gramo (o portarmi sfiga che dir si voglia), mi voglio bene, mi trovo bene in questo mondo e intenderei, Dio volendo, continuare a frequentarlo in carne e ossa almeno per qualche altro tempo, parliamo di decenni, non è una specie di grido di allarme della serie “ho i giorni contati”, più qualcosa che intende dire, magari non troppo bene, i giorni in una vita sono in un numero finito, a meno che al San Raffaele non riescano in effetti a scoprire l’Elisir di Lunga Vita, perché mai dovrei dedicare qualche ora della mia vita all’ascolto di musica che non è stata affatto scritta per uno come me, parlo di anagrafe, di cultura, volendo anche di status? Poniamo che io debba raggiungere quella che è al momento l’età di mio padre, così, per rimanere sul flusso. Lui ha ottantacinque anni, io cinquantadue. Tra me e la sua età ci sono trentatré anni di età. Ora, moltiplichiamo trentatré per trecentosessantacinque, senza star lì a aggiungere i giorni degli anni bisestili, è un calcolo a grandi linee, poi moltiplichiamolo per il numero delle ore di ogni giorno, ventiquattro, lo dico per gli alfabeti funzionali di cui sopra, e moltiplichiamo per sessanta, i minuti. Viene fuori un numero abnorme, è ovvio, oltre i diciassette milioni e trecentomila minuti. Non abbastanza abnorme, se consideriamo che nell’ultimo anno e mezzo siamo stati come in standby, un anno e mezzo di immobilismo, non solo fisico, anzi, soprattutto spirituale, fatto che in qualche modo ci sta spingendo tutti, almeno con me funziona così, a rivedere le nostre priorità. E comunque mai abbastanza per dedicarne una sessantina all’ascolto di musica irrilevante e prescindibile, i minuti nei quali ero impegnato in altro, a guidare, a bere una crema caffè al bar, durante i quali già ho avuto modo di ascoltare i loro singoli mi sembrano a stento non tempo rubato a altro, solo in virtù del mio star guidando e sorseggiando una crema caffè, meno gustosa del solito in quel caso.
Per dirla con Ivano Fossati in La disciplina della terra, a me pagano il giusto in questa vita, mi pare, anche per vedere bene, per inseguire e per ascoltare, ma non abbastanza per ascoltare proprio di tutto.
Inutile infatti dire che la lista dei Contro sovrasta quella dei Pro, chiudendo definitivamente la partita. Non ascolterò la musica di Blanco e Sangiovanni, e di quel novero di artisti che dalle loro parti transitano, e non lo farò non per un pregiudizio, che sarebbe comunque giustificato da esperienze pregresse, quanto perché nella vita, quando è possibile, si operano delle scelte, e non è vero che si deve per forza provare di tutto. Per dire, non mi sono mai fatto cagare sopra da una coppia di anziani signori in un club per scambisti, io in terra vestito da unicorno, e sto bene così.
Guarda, non ho capito perchè tutte ste parole con vagonate d’ansia dentro (forse a causa di una scarsa punteggiatura?) quando si poteva tranquillamente scrivere che Blanco, Sangiovanni e compagnia bella… fanno semplicemente andare di corpo, e che non sono e non significheranno mai nulla nella Storia della Musica, sono “prodotti usa e getta per consumatori ignoranti” e/o potenti lassativi per gli altri.
Classe 1968, figlia dei figli dei fiori, pure io quindi X Generation, e che, insoddisfatta, ho snobbato parecchia musica della mia epoca (che invece oggigiorno viene parecchio sfruttata!) per andare a cercare e scoprire talenti che sono macigni incredibili, ineguagliabili, insostituibili, in una parola unici.
La generazione Z mi fa proprio tanta pena e viene proprio spontaneo ricordare il famoso detto “beati gli ultimi… se i primi sono stati onesti!”
ecco… non c’era gia più nulla quando è toccato a noi (ti ricordo l’avanzata strisciante del Biscione dentro le nostre case, DJTelevision con le classifiche tarocche e gentaglia improponibile come Sandy Marton o Tracy Spencer) … tuttavia rimango dell’idea che non ci si debba accontentare mai e soprattutto mai accontentarsi della mediocrità. In fatto di musica, mai.