La Casa di Carta è una serie “last-minute” (e si vede)

Il fenomeno Netflix La Casa di Carta è una serie scritta, letteralmente, "all'ultimo minuto" dagli sceneggiatori. Lo rivela il cast, e non stentiamo a crederci

La Casa di Carta

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La Casa di Carta è un viaggio last-minute, di quelli che prenoti senza una meta fissa e senza una direzione. Il risultato è spesso contrassegnato dall’improvvisazione e dalla confusione. E il motivo è che è proprio nata così, una serie scritta “all’ultimo minuto“, come hanno raccontato alcuni attori e il regista Jesus Colmenar.

La Casa si Carta è stata oggetto di uno dei panel dell’edizione 2021 del tour della Television Critics Association, ospitando alcuni volti del cast a poche settimane del debutto della quinta ed ultima stagione. Alla domanda se abbiano mai saputo in anticipo dove andasse a parare una stagione, gli attori Úrsula Corberó, che interpreta Tokyo, e Álvaro Morte, che è il cervellone della banda di rapinatori de La Casa di Carta, hanno rivelato che il cast non può mai sapere cosa accadrà prima di aver letto l’ultimo copione, perché letteralmente le sceneggiature sono scritte e modificate all’ultimo minuto. 

Nessuno spoiler su La Casa di Carta, dunque: “È impossibile. È davvero difficile saperlo“, ha dichiarato l’interprete di Tokyo, aggiungendo che lo showrunner e sceneggiatore Àlex Pina “è uno scrittore dell’ultimo minuto“. Una modalità frenetica di scrivere e riscrivere le scene fino all’ultimo momento utile, secondo l’attrice, ha però “aiutato l’atmosfera rock and roll dello spettacolo“. Le ha fatto eco il Professore: “Non so se questo aiuti ma la stessa sensazione che proviamo come attori quando vediamo la sceneggiatura è quella che hanno loro quando scrivono all’ultimo minuto, penso che proviamo lo stesso senso di vertigini, o qualcosa del genere“.

E che La Casa di Carta sia una serie “last-minute non è solo una sensazione degli attori. Il produttore esecutivo Jesús Colmenar ha confermato che “non il regista, né gli attori possono sapere cosa accadrà nemmeno due episodi più avanti“. Secondo il regista “nessuno sa cosa accadrà” perché esiste semplicemente “una linea principale, ovviamente, con parti essenziali della storia, ma il resto può facilmente cambiare all’ultimo minuto“.

In effetti questo spiega tante cose de La Casa di Carta: pur nell’avvincente schema narrativo delle prime due stagioni, che avevano conquistato perfino un maestro dello storytelling come Stephen King, quante volte abbiamo ritenuto completamente assurde e sconsiderate le scelte dei personaggi, spesso illogiche, improvvisate e evidentemente tese a sabotare l’impresa per poi tentare di riparare all’ultimo momento utile. Dalle macchinazioni di Berlino nella prima stagione alle follie di Palermo nella terza, dai colpi di testa di Tokyo alle ingenuità di Rio, uno dei grandi difetti de La Casa di Carta è di aver reso progressivamente i suoi personaggi delle caricature di loro stessi, spesso pronti a rivoltarsi gli uni contro gli altri alla prima occasione e per questo autori di decisioni sconclusionate tese chiaramente a scompaginare la trama. Scelte che sembrano frutto di puro istinto, ma spesso senza una logica serrata, come se il personaggio non avesse avuto modo di pensarci un secondo di più: evidentemente questa fretta è tipica degli sceneggiatori de La Casa di Carta, che lasciano sia l’adrenalina a guidare la trama, anche a rischio di mettere a dura prova la razionalità della scrittura. Come direbbe Annalise Keating spiegando le sue Regole del Delitto Perfetto, “non deve avere senso, deve solo sembrare un casino“.