Sono nato nel 1969, cinquantadue anni fa. Mi sono diplomato nel 1989, perché un anno l’ho perso passando da ragioneria al classico, sono trentadue anni. Mi sono sposato nel 1999, ventidue anni fa, con la donna con la quale condivido la vita dal 1988, trentatré anni fa. Ho cominciato a scrivere, seriamente, entrando in contatto col mondo dell’editoria, nel 1994, ventisette anni fa. Per la prima volta sono stato riconosciuto come scrittore dal mondo degli scrittori a Ricercare, il Laboratorio di Scritture di Reggio Emilia diretto da Nanni Balestrini e nel quale si raccoglieva la creme della critica e dell’editoria italiana, nel 1997, ventiquattro anni fa. Ho pubblicato il mio primo libro a cavallo tra il 1997 e il 1998, sono ventiquattro anni e mezzo fa. Poco dopo ho cominciato a scrivere per testate di livello nazionale, quindi niente. In una radio nazionale, Rtl 102.5, ho cominciato a lavorarci nel 2017, figurati, non è cosa.
I figli, almeno per oggi, li lascio da parte, è di me che sto parlando.
Mhmmm. Non so quando ho scritto la mia prima canzone, ma era da qualche parte negli anni Ottanta, la mia band, gli Epicentro, è nata nel 1992, come la nostra canzone più nota, Pentiganò, inno hardcore quantomai irriverente, e il mio rientro nella band è stato sul volgere del 1993, parliamo sempre di ventinove, ventotto anni fa. Il mio primo disco, poi, è del 2016, troppo recente per parlare di anniversari, per non dire del primo film cui ho lavorato come autore, addirittura di soli tre anni fa. Niente, non ho anniversari importanti da celebrare.
Me ne dovrei inventare uno. Del resto questo faccio, scrivo, e se scrivi inventi, è un dato di fatto, anche quando racconti la verità. Anzi, inventi proprio per raccontare la verità, farla emergere. Perché dei fatti, diciamocelo, ripetiamocelo, non ci interesse nulla, mica sono un cronista. Invento, già il fatto stesso di scegliere la angolazione da cui mostrare qualcosa prevede una invenzione, la finzione.
Io ho sempre ammirato, però, questa cosa di associare un determinato giorno, uno qualsiasi, a un determinato evento accaduto un tot di tempo prima, sempre un numero di anni tondo, dieci, venti, venticinque, cinquanta. Ho sempre ammirato la capacità di chi è in grado di ricordarsi quelle date, consapevole che esistono app e piattaforme, anche semplici siti, che a questo sopperiscono per chi, come me, è poco dotato di memoria. Oggi è il dato giorno, e il dato giorno di tanti anni fa è successo questo. Buona lettura.
Mi è sempre parso qualcosa di epico, celebrare una data con dovuta enfasi, e mi è sempre parsa anche un’ottima occasione non solo e non tanto per celebrare qualcosa, e magari per riportarla fuori dal dimenticatoio, togliendo da sopra la polvere, ma per da lì ripartire. Avete presente questa nuova usanza di fare i tour che ripropongano un album uscito, che so?, venticinque anni prima, ultimo a memoria La fabbrica di plastica di Gianluca Grignani, che in realtà di anni ne ha compiuti ventisei, ma c’era di mezzo la pandemia, a gennaio 2022 al Forum di Assago, ecco, parlo di quello. E ancora di più, parlo di chi, per celebrare e riportare legittimamente in auge qualcosa accaduto un tot di anni prima, sempre un numero tondo, sia chiaro, decide di far finta che quegli anni tondi non ci siano stati e si rimette insieme, una bella reunion, un tour che ricordi quando tutti, ma proprio tutti, eravamo più giovani, o magari dia modo a chi è talmente giovane da non esserci neanche stato al mondo quel tot di anni fa tondo.
Ecco, mettiamola giù così, stavo cercando una data utile per ipotizzare una qualche reunion con una parte del mio passato professionale, ma devo dire che il 2021 in questo mi è poco favorevole, quasi ostile.
Allora provo a concentrarmi su altro, e l’altro su cui mi concentro è sempre legato agli anni, meno alle celebrazioni. Siamo nel 2021, non è una notizia, e siamo esattamente a cento anni, oggi, dalla morte di Enrico Caruso, a ragione considerato uno dei più grandi tenori di tutti i tempi, e non solo tra gli italiani. Agli ultimi giorni della sua vita, e nello specifico alla sua morte, si è ispirato Lucio Dalla per l’omonima canzone, quella Caruso che annetteva in sé parte della melodia di Ditecincello vuje, brano scritto nel 1930 da Rodolfo Falvo e le cui liriche sono di Enzo Fusco, Caruso, incredibile caso di un brano che riesce a giocare su un canone senza sfociare nel plagio, semmai elevando l’originale da cui trae ispirazione a classico anche nel novero pop, genere cui magari Caruso in sé potrebbe anche non appartenere, ma nel quale viene ascritto per essere il mondo di appartenenza del suo autore, Dalla appunto. Tra qualche mese saranno dieci anni dalla sua morte, a ridosso del suo famosissimo compleanno, in quel di Montreaux, e al momento su di lui sta dirigendo un film un altro cantautore bolognese, Cesare Cremonini, film da lui stesso scritto.
Per essere un giorno in cui cercavo invano qualche spunto per trovare anniversari ho trovato anche troppi spunti da buttare sul piatto, neanche fossi stato anche io ispirato dai riflessi della luna sul golfo di Sorrento. Non uso Spotify, la mia religione me lo impedisce, non saprei quindi dirvi se ci sia qualcosa di Caruso da quelle parti. In caso, ascoltatevi una delle sue arie napoletane, nell’estate in cui sono gli anziani a occupare playlist e classifiche una voce che arriva ancora più da un passato lontano merita sicuramente qualche minuto del vostro tempo.