Ci sono voluti due anni, diversi slittamenti a causa della pandemia, ma alla fine Black Widow è arrivata al cinema. Il solo movie incentrato sull’eroica spia russa interpretata da Scarlett Johansson si è fatto attendere, però ne è valso la pena.
Ambientato a cavallo degli eventi di Captain America: Civil War e Avengers: Infinity War, la pellicola Marvel diretta da Cate Shortland è un prodotto piuttosto ambizioso, forse tra i migliori origin story/solo movies realizzati dalla Casa delle Idee. Non era facile concepire un film che servisse sia a mostrare le origini di Vedova Nera che a rendere completa la sua storia, eppure Black Widow riesce a bilanciare abbastanza bene le linee temporali.
All’inizio della pellicola, Natasha Romanoff è in fuga e ricercata dal governo americano. Per una serie di vicissitudini, è costretta a rientrare in azione dal suo iniziale isolamento quando la famiglia con cui è cresciuta è nei guai. A quel punto, l’agente Romanoff deve riunire la squadra e affrontare il suo passato, consapevole di una nuova minaccia che le sta dando la caccia.
Scarlett Johansson è ovviamente la protagonista assoluta e domina la scena; sono passati undici anni dal suo debutto come Vedova Nera nel MCU, quando ancora era un’agente acerba dello SHIELD a cui poco importava dei rapporti umani, a meno che non fossero utili a portare a termine la sua missione. Natasha è cambiata, eppure è sempre in fuga. Sia dall’ennesima minaccia che da se stessa.

Black Widow presenta sempre il classico stile dei film Marvel, tra spettacolari scene d’azione e il mix di sagace umorismo, raccontando però gli eventi sotto-forma di spy story. Si fa un salto nel passato di Natasha, quando da bambina venne strappata dalla vita che conosceva e gettata nella temibile Stanza Rossa, un lager dove giovani donne vengono addestrate a diventare spietate assassine sotto il controllo di un dittatore che parla loro come un padre-padrone. La fine dell’innocenza, gli abusi mentali e fisici sulle giovani donne e la voglia di espiare i propri crimini sono il leitmotiv che rendono Black Widow un film adulto sotto questi aspetti. Basta guardare gli struggenti opening credits per rendersene conto.
Degna di nota è la presenza di Florence Pugh, nei panni della “sorellina” di Natasha, Yelena Belova. È un personaggio sarcastico e fuori dagli schermi: è una bella aggiunta al cast e la chimica con Scarlett Johansson è papabile fin dalle prime scene insieme. Completano la “famiglia”, David Harbour nella parte di Red Guardian/ “padre” di Nat e Yelena funge da spalla comica, e Rachel Weisz nel ruolo della scienziata Melina Vostokoff, una donna algida, intelligente e scaltra che riserva più di qualche sorpresa.

La critica che si può muovere contro il film riguarda il villain Taskmaster, sprecato sullo schermo. Anticipato da diversi trailer, il suo raggio d’azione è comunque limitato e non sviluppato come dovrebbe. Non mancano qualche buco di trama, incomprensibile per chi è poco pratico dell’universo Marvel.
Con tutti questi elementi, Black Widow fornisce il quadro completo alla storia di Natasha, e si ha la sensazione che il suo personaggio poteva avere ancora da raccontare. Occhio alla scena post-credits perché potrebbe anticipare un prodotto Marvel di prossima uscita. O lanciare qualcosa di completamente nuovo.