Chiamami Ancora Amore, un Kramer vs Kramer contemporaneo e ricco di interrogativi non banali

La miniserie di Rai1 Chiamami Ancora Amore è una sorta di Kramer vs Kramer contemporaneo, che attualizza il tema certo non nuovo della lotta tra genitori separati con un figlio conteso

Chiamami Ancora Amore

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Nella caterva di poliziotti, magistrati, inquisitori a vario titolo che affollano le fiction Rai è arrivato un prodotto che si distingue dagli altri perlomeno nel tentativo di uscire dall’incasellamento dei personaggi in una divisa che li contraddistingua. Chiamami Ancora Amore, la miniserie diretta da Gianluca Maria Tavarelli, ha debuttato il 3 maggio su Rai1 e si concluderà in sole tre serate, altra nota di merito che depone a suo favore.

Con Greta Scarano e Simone Liberati e con la partecipazione di Claudia Pandolfi, Chiamami Ancora Amore è il racconto di un matrimonio d’amore fallito e sfociato in uno scontro legale tra due genitori, Anna ed Enrico, diventati ormai degli estranei. Le premesse non sono certo originali. Una giovane coppia che si separa dopo più di un decennio insieme, la battaglia per l’affidamento del figlio pre-adolescente, l’amore che finisce per essere sostituito dal rancore e perfino dall’odio, col sentimento che sbiadisce trasformandosi in un ricordo flebile, senza nessuna comprensione né rispetto reciproco quando arriva il momento di prendere atto della sua fine.

Chiamami Ancora Amore è una sorta di Kramer vs Kramer contemporaneo, che attualizza il tema certo non nuovo della lotta tra genitori separati per affermare i loro diritti su un bambino conteso, proprio come nel film con Dustin Hoffman e Meryl Streep. La scrittura della serie è chiaramente orientata a scavare nel profondo dei sentimenti anche più negativi dei protagonisti, senza paura di mostrare genitori chiaramente imperfetti se non perfino inadeguati. Non mancano ceffoni al figlio che scompare improvvisamente durante una festa, né immagini di una madre che scuote con forza il suo bambino perché piange troppo e poi lo abbandona nel passeggino, il tutto ripreso da una telecamera nascosta in casa dal padre (l’idea per niente edificante di controllare il partner quando è col figlio è l’ispirazione da cui è partito il soggetto di serie, come ha spiegato Giacomo Bendotti). Ad un’assistente sociale spetta il delicato compito di far dialogare tra loro due persone che si sono amate profondamente e che ora sembrano incapaci perfino di comunicare: da un lato un padre lasciato e convinto che sua moglie sia una cattiva madre, dall’altro una donna che ha rinunciato ad ogni ambizione per la famiglia e che decide di chiedere il divorzio perché teme di finire depressa e suicida come la sua defunta madre.

Chiamami Ancora Amore riesce ad inserire abilmente nello scontro frontale tra i due un gran numero di temi delicatissimi come la difficoltà di vedersi riconosciuto il diritto all’aborto e all’applicazione della legge 194 in Italia, l’invasione della privacy all’interno della coppia (perché esiste, sì, un diritto alla privacy anche all’interno di una relazione matrimoniale) e la presunzione di poter esercitare un controllo del partner, i disturbi della salute mentale usati come armi legali, il giudizio costante e perenne sull’idea di maternità che una donna dovrebbe coltivare e soprattutto su come dovrebbe applicarla.

Alla serie gioverebbe decisamente un po’ di ritmo in più: il primo episodio di Chiamami Ancora Amore risulta fin troppo lungo, perché tutto incentrato durante una festa che rappresenta l’ultima occasione in cui presentarsi alle rispettive famiglie e amici ancora come una coppia, quando in realtà il destino è già segnato. A spezzare il racconto del conflitto di coppia ci sono i flashback che contrappongono all’odio di oggi l’amore di ieri e che hanno la funzione di indagare un’idea di legame, di famiglia e di genitorialità sfaccettata e problematica. La figura assistente sociale interpretata da Claudia Pandolfi, peraltro in un periodo storico in cui si discute molto dei poteri di intervento dei pubblici ufficiali sulla patria potestà dei minori, è assimilabile in parte allo sguardo del pubblico su questa coppia: è attraverso i suoi occhi e il suo ascolto delle parti coinvolte che il conflitto si manifesta plasticamente in tutta la sua forza e che le dinamiche di una coppia ormai scoppiata vengono indagate con sguardo clinico ma anche compassionevole.

La miniserie è composta da sei episodi in onda per tre serate su Rai1 ogni lunedì e disponibile su Raiplay.