Per parlare del video di Grillo, che riguarda le accuse mosse al figlio Ciro, era giusto aspettare qualche ora. Per far sfumare il furore delle polemiche e riascoltare quelle parole lontano dalle invettive della furente contesa politica. Il tema è troppo importante e quelle parole troppo dure per parlarne a caldo. Così come merita rispetto il dolore delle famiglie coinvolte, quella della vittima in primis, e la presunzione d’innocenza dei ragazzi coinvolti nell’inchiesta per violenza sessuale. Difficile parlarne senza entrare nel merito dell’inchiesta ma è necessario per stabilire alcuni principi cardine del nostro vivere civile.
L’affermazione più grave è sicuramente quella pronunciata da Grillo secondo cui una ragazza che ha subito violenza non aspetta otto giorni per andare a denunciare. Si può dire, senza che nessuno riesca a smentirlo, che si tratta di una stupidaggine, non tanto inaudita, e sicuramente di una gravità assoluta. Ad aggravare la situazione è sicuramente il ruolo politico che ricopre Grillo nel panorama italiano. Le sue parole, pronunciate come sempre con la bava alla bocca, buttano in un solo colpo nella spazzatura il lungo processo che anche la società italiana sta provando a fare per agevolare le denunce di violenza sessuale.
Se una persona famosa e potente le pronuncia è chiaro che qualsiasi donna che da domani subirà una violenza ci penserà più e più volte su prima di presentare denuncia. Dalle parole di Grillo trasudano maschilismo e violenza che, se respirate per anni in famiglia, potrebbero incidere sull’educazione di qualsiasi adolescente. Ad ascoltarle torna in mente la frase “Proteggi tua figlia. No. Educa tuo figlio”. Se pensassimo nello stesso modo di Grillo questo assioma sarebbe facilmente applicabile e l’eventuale violenza avrebbe una chiara radice da cui è derivata.
Un altro dato politico e sociale, da sottolineare dopo aver guardato il video di Grillo, riguarda il secondo tema del dibattito: il garantismo. A pensare come per anni ha fatto Grillo bisognerebbe ritenere suo figlio come uno stupratore, già colpevole all’atto della denuncia. Perché indagato non più degno del rispetto della comunità. Il successo politico di Grillo e del suo movimento si è basato per anni su questo assioma, molto spesso per reati anche meno gravi della violenza sessuale. Grillo si scopre immediatamente garantista dando adito a un altro peccato tipicamente italiano: il familismo. Altro argomento di anni e anni di continua campagna elettorale. Oggetto di invettive che hanno avvelenato irreversibilmente il dibattito pubblico italiano.
Il tema della violenza sulle donne è troppo importante per permettere che anch’esso venga avvelenato. Da una parte c’è il figlio di un uomo ricco e potente che sbraita su Facebook, rivolgendosi a milioni di follower e minacciando tutte le donne con argomentazioni becere e maschiliste. Dall’altra c’è il sacrosanto diritto di chi subisce violenza di trovare la forza per denunciare e farlo in termini ragionevoli stabiliti dalla legge. Sembra evidente da parte stare anche se è difficile visto che il potere patriarcale è duro a morire anche se si veste di progressismo e nuove forze politiche. In futuro è su questi temi che dovremmo imparare a giudicare chi si presenta come il “nuovo” e il “futuro dell’Italia”.