Il principe Filippo in The Crown, rappresentazione troppo benevola? “Non facciamo critica politica”

Il principe Filippo in The Crown descritto come un maschio alfa ma anche un innovatore: una rappresentazione troppo reverenziale?

principe Filippo in The Crown

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La rappresentazione del principe Filippo in The Crown, affidata prima a Matt Smith e poi a Tobias Menzies, ha sicuramente contribuito a plasmare l’opinione di una parte dei sudditi inglesi, perlopiù tra le nuove generazioni, e a condizionare il ricordo che i media ne hanno fatto dopo la sua morte, lo scorso 9 aprile a 99 anni.

Tanti i difetti, ma molti anche i pregi illustrati dal personaggio del principe Filippo in The Crown, in una rappresentazione che è senza dubbio alquanto benevola. O comunque molto rispettosa dell’istituzione, pur senza risparmiarlo dal punto di vista privato: nella serie il principe consorte è un padre assente, gelido, prevaricatore rispetto ai desideri dei figli e in particolare dell’erede al trono Carlo, nonché un presunto fedifrago la cui attitudine da viveur non è per nulla smorzata dalla serie. Ma dal punto di vista istituzionale è stato tratteggiato soprattutto come un uomo intelligente e in un certo senso progressista, un innovatore capace di intuizioni geniali come l’incoronazione in diretta tv di Elisabetta e l’ingresso dei media all’interno di Buckingham Palace. Allergico al protocollo, nei primi anni di matrimonio ha faticato non poco ad accettare il ruolo di “satellite” della Regina, a partire dalla rinuncia al cognome Mountbatten in favore di Windsor, ma ha poi imparato ad ironizzare sulla sua funzione di cerimoniere (“scopritore di targhe“, si è definito in età più matura, ridendo di sé).

L’attore Tobias Menzies che ha impersonato il principe Filippo in The Crown per la terza e quarta stagione ha difeso l’immagine che la serie dà del Duca di Edimburgo, perché sfaccettata e profonda, sebbene poco incline alla critica. Non c’è quasi traccia, ad esempio, delle inclinazioni razziste del Principe nella sua raffigurazione televisiva, e anche le sue celebri gaffes, spesso anche ai limiti dell’offesa e della discriminazione, sono ridotte a poche scene, perlopiù dal registro divertente, nelle prime stagioni. Più approfondita, invece, la sua sospetta infedeltà con la rievocazione di eventi ed episodi specifici, che dimostrano il lavoro documentaristico del creatore Peter Morgan.

Secondo Menzies, che ha parlato al Guardian alla vigilia dei funerali del 17 aprile, interpretare il principe Filippo in The Crown è stata una sfida enorme per la sua “natura contraddittoria“. Un uomo che “non mostrava i suoi sentimenti, ma non aveva una presenza fredda. Era ‘caldo’, energico, divertente“. Allo stesso tempo, un maschio alfa costretto a stare all’ombra di sua moglie, un padre distante ma un suocero e un nonno amorevole.

L’idea di questo maschio alfa che trascorre la vita due o tre passi dietro la moglie… è affascinante. È roba da dramma greco. Ha assunto quel ruolo non-ruolo pendendolo incredibilmente sul serio, ci ha messo un’enorme quantità di energia e ha creato una vita per se stesso con grande ingegnosità. Penso che l’istituzione stessa ne abbia beneficiato… È stato in parte coinvolto nel passaggio da una famiglia aristocratica a una caratterizzata da valori prevalentemente borghesi. Ha contribuito ad aprire e a modernizzare la monarchia sia da un punto di vista tecnologico – è stato lui a introdurre i computer a Buckingham Palace – sia con un’apertura sociale.

Aspetti che le sceneggiature dedicate al principe Filippo in The Crown hanno messo bene in luce. Un po’ meno, invece, le questioni più spinose relative alle accuse di razzismo rivolte al Duca e al suo presunto atteggiamento sprezzante verso tante culture e minoranze. Menzies difende la serie e la sua natura di romanzo basato su fatti storici, dunque pur sempre frutto dell’estro e della visione degli autori, soprattutto nel racconto di dinamiche familiari private su cui si è potuto lavorare solo di fantasia.

Lo spettacolo non è una critica politica a queste persone. È una valutazione misurata e ponderata di quell’istituzione e della famiglia che vi risiede. Non cerca mai di farli inciampare o di fare satira o ridicolizzarli. Sicuramente è criticabile e si può sostenere che abbiamo aggiunto materiale alla propaganda sulla famiglia. È essenzialmente una rappresentazione piuttosto benigna. Dà loro profondità, dà loro un’interiorità che forse non hanno – non lo so, non li ho mai incontrati – [ma] non è tutto positivo. Il mio lavoro come attore era mostrare quanta più complessità possibile, mentre fondamentalmente stavo dalla parte di Filippo, per cercare di entrare in empatia con il motivo per cui avrebbe potuto fare certe osservazioni piuttosto che criticarle.

L’attore sottolinea come l’interpretazione del principe Filippo in The Crown sconti necessariamente il fatto di non conoscere i retroscena della famiglia Reale, se non per quanto riportato dalla stampa e dai biografi ufficiali. Un aspetto che fa parte dell’istituzione e che, d’altronde, è uno dei fattori del suo fascino, perfino per un anti-monarchico di ferro come lui.

La natura essenziale della monarchia è che deve avere mistero. Nessuno sa di cosa parlano a colazione. Mi viene data una versione di Filippo, attraverso la scrittura di Peter [Morgan] e poi decido l’atmosfera dell’interpretazione di certe scene.

Il principe Filippo in The Crown nella sua versione anziana avrà il volto di Jonathan Pryce, che prende il testimone da Menzies per interpretare il Duca nelle stagioni 5 e 6, le ultime del period drama di Netflix.