One Night In Miami, il debutto alla regia di Regina King su Prime Video

Partendo dalla pièce di Kemp Powers, il film immagina che Malcom X, Cassius Clay, Jim Brown e Sam Cooke s’incontrino in un motel per parlare di diritti civili e razzismo. Un efficace esempio di cinema didattico

One Night In Miami

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Presentato in anteprima fuori concorso all’ultima Mostra del Cinema di Venezia nel settembre scorso, arriva oggi direttamente su Prime Video One Night In Miami, primo lungometraggio da regista, dopo aver diretto qualche episodio di serie tv, dell’attrice premio Oscar Regina King (per una curiosa coincidenza, il film esce nel giorno del suo 50esimo compleanno).

Il film origina da una pièce teatrale firmata da Kemp Powers (autore anche dello script dell’ultimo Pixar movie, Soul), che ne ha curato anche la sceneggiatura, immaginando che il 25 febbraio 1964, appena divenuto campione mondiale dei pesi massimi sconfiggendo Sonny Liston alla Convention Hall di Miami, il 22enne Cassius Clay (Eli Goree) festeggi insieme a tre amici speciali nella camera di un motel. Sono Malcom X (Kingsley Ben-Adir), suo mentore spirituale, che ne ha propiziato la conversione all’Islam che l’avrebbe, di lì a poco, trasformato in Muhammad Ali; Jim Brown (Aldis Hodge), la stella della NFL, la lega del football americano; e Sam Cooke (Leslie Odom Jr.), forse il più raffinato soul singer che sia mai esistito.

Si tratta di quattro uomini che, ognuno a suo modo, hanno dimostrato come nei ribollenti anni Sessanta, sia possibile per delle persone di colore farsi strada, acquisire notorietà, potere, soldi. Ma nemmeno la fama dissolve la discriminazione razziale, che resta ben più che strisciante. Lo dimostra il prologo del film, in cui Jim Brown va a far visita a un vecchio conoscente della sua famiglia, un facoltoso bianco (Beau Bridges), il quale dopo essersi complimentato con lui per i successi straordinari, gli ricorda che non può superare la soglia della veranda perché in casa i “negri” non sono ammessi. Mentre in un tragico concerto al Copacabana, Sam Cooke è accolto dal gelo e l’imbarazzo del pubblico esclusivamente bianco (a proposito, Leslie Odom Jr., vincitore di un Tony Award nella categoria musical, accetta la sfida di interpretate con la sua voce le canzoni di Cooke).

Supportato da un’accurata ricostruzione scenografica d’epoca, One Night In Miami vuole essere un film d’idee, che scorre appassionato sul filo dei confronti verbali tra i quattro protagonisti, perseguendo un cinema dichiaratamente didattico, che offra una sintesi dei problemi della comunità nera negli anni Sessanta, non per un semplice ripasso storico, bensì per consegnare quella storia e quelle riflessioni, nella loro attualità, all’America contemporanea. Non un “come eravamo”, ma un film che si interroga, attraverso quelle vicende, sul “come siamo”  e “cosa siamo diventati”.

Per questo il racconto di One Night In Miami segue una voluta struttura conflittuale, in cui i dialoghi continui e le affilate argomentazioni, principalmente condotte lungo l’asse delle schermaglie tra Malcom X e Sam Cooke, ricapitolano in maniera esemplare questioni e problemi della comunità nera, allo stesso tempo sottraendo le quattro icone alla loro mitologia e offrendone un ritratto più intimo.

I quattro personaggi vivono ognuno a suo modo una crisi: Malcom X è prossimo ad abbandonare la Nazione dell’Islam per insanabili conflitti con il leader Elijah Muhammad, e spera che i suoi tre prominenti amici possano aiutarlo nel suo progetto di creare un nuovo movimento. Clay, al settimo cielo per la conquista della cintura, vive il delicato momento di passaggio verso una nuova fede e una nuova identità. Jim Brown, ha appena girato il suo primo film da attore e sta pensando di lasciare lo sport professionistico per il cinema (come infatti accadrà, per una carriera dagli esiti incerti). Cooke sta lavorando a una canzone che metta in luce, al di là della sua fama da entertainer leggero, il suo animo impegnato e vicino alla sua comunità (la stupenda A Change Is Gonna Come).

Queste tensioni esplodono nel dramma da camera di One Night In Miami, istigato soprattutto da Malcom X, che vorrebbe i suoi amici non si adagiassero nella dimensione da “negri borghesi” e cercassero di costituire quell’esempio di cui ha bisogno una comunità nera alla ricerca di un’autentica emancipazione collettiva.

Sam Cooke è convinto che sia l’indipendenza economica la ricetta per la liberazione: “Non serve il Green Book per sapere dove potere o non potere andare. L’unico verde che conta in California è quello dei soldi”, dice. Malcom gli ribatte che le sue parole suonano come quelle di un uomo che si è fatto sedurre dal denaro, e che nonostante tutti gli sforzi compiuti per piacere al pubblico bianco, resterà “un giocattolo a carica, come la scimmietta del carillon”. A Brown, che gli racconta del suo primo western in cui interpreta un eroe che però muore a metà film, Clay gli chiede perplesso se il massimo delle sue aspirazioni sia di fare la parte del “negro sacrificale” – affine al “magical negro” su cui tante volte ha ironizzato Spike Lee, il personaggio funzionale all’evoluzione, e al trionfo, del protagonista bianco.

Regina King cerca di svincolarsi dall’asfitticità della location unica sia raccontando con bel ritmo il combattimento Clay-Liston, sia attraverso alcuni flashback (trascinante l’esibizione di Cooke che canta Chain Gang a cappella davanti a un pubblico che lo asseconda col battere dei piedi). Il limite però di One Night In Miami è nella meccanicità di un congegno che aspira a un fin troppo scoperta esemplarità. E se i temi sono ricapitolati con ammirevole partecipazione, allo stesso tempo è come se mancasse un linguaggio visivo, uno stile capace di andare oltre una messinscena corretta ma illustrativa, che rischia di scivolare nella routine del teatro filmato.

La “lezione” del film, comunque, possiede un’efficacia che si riverbera sull’oggi. Anche perché non va dimenticato che dei quattro personaggi ritratti, due sarebbero di lì a pochissimo morti ammazzati. Sam Cooke nel dicembre del 1964, per mano della direttrice di un motel in circostanze mai ben chiarite (“fosse stato un cantante bianco, Elvis Presley o uno dei Beatles, l’FBI starebbe ancora investigando e qualcuno sarebbe finito dentro”, commentò Ali. E Malcom X durante un comizio ad Harlem nel 1965, per un omicidio con un solo reo confesso, Talmadge Hayer della Nazione dell’islam, e interminabili dubbi circa i mandanti. Però, chissà perché, One Night In Miami nelle didascalie finali ricorda solo l’assassinio di Malcom X.