Dopo le neuroscienze e il viaggio nel cervello e nelle emozioni di Inside Out, con Soul, nuovo lungometraggio Pixar da oggi visibile direttamente sulla piattaforma Disney+, è la volta della filosofia e di un viaggio esistenziale tra corpo e anima. Sceneggiatura e regia sono nuovamente di Pete Docter, che l’ha codiretto con Kemp Powers. Insieme hanno ideato la storia di Joe Gardner, primo protagonista di colore della storia dei cartoni animati Disney, un pianista newyorkese (voce originale di Jamie Foxx, in italiano Neri Marcorè) che sogna di diventare un musicista professionista, ma che per campare fa l’insegnante part-time in una scuola.
Finalmente giunge la grande occasione, una scrittura nel quartetto della jazzista Dorothea Williams. Joe è talmente felice che tornando a casa non s’avvede d’un tombino, ci finisce dentro e… Muore? Tecnicamente sì: al risveglio la sua anima, insieme a quelle di migliaia di altri defunti, è sul lungo scalone che conduce verso dell’aldilà.
Joe però non intende rinunciare al concerto in cui avrebbe dovuto suonare quella sera stessa. Cerca di sfuggire al suo destino e si ritrova in un’altra dimensione del regno dell’altrove, l’Ante-Mondo. È il luogo in cui le anime dei non ancora nati sono preparate alla vita tramite gli insegnamenti dei mentori loro assegnati, acquisendo personalità, capacità e talenti. Fondamentale, per ottenere il lasciapassare per la Terra, è trovare la propria scintilla, una vocazione che guidi l’esistenza terrena. Allora Joe, cui serve il lasciapassare, pensa che fingendosi un mentore potrà ispirare un’anima e poi sottrarle il passaporto per tornare indietro.
Purtroppo per lui, gli capita 22 (voce di Tina Fey, in italiano Paola Cortellesi), che stazione da ere incalcolabili nell’Ante-Mondo, affetta da uno scetticismo irrecuperabile, o meglio dall’anedonia cara a Woody Allen, la totale incapacità di provare interesse, piacere o soddisfazione per qualunque cosa. Come può il signor nessuno Joe Gardner riuscire a far scattare la scintilla in un’anima del genere, quando nell’impresa hanno già fallito Copernico, Lincoln, Gandhi, Jung, Madre Teresa e persino Muhammad Ali?
Prima di ogni altra cosa Soul è un film d’animazione tecnicamente prodigioso, in cui però la tecnica è sempre funzionale alle esigenze di un racconto potentemente immaginifico. Da un lato c’è la creazione, secondo un meccanismo già di Inside Out, di tutte le dimensioni del regno dell’aldilà: l’Io-Seminario in cui le anime vengono istruite, il Salone del Tutto in cui sperimentare ogni vocazione possibile, il Piano Astrale, in cui i mistici cercano di recuperare le anime perdute, finite ostaggio di ossessioni che le hanno disconnesse dalla vita.
Dall’altro, la vera sfida era quella di plasmare figurativamente le anime, non ancora corpi ma nemmeno puri spiriti invisibili, cui dare la consistenza sfuggente di entità celestiali ma concrete, impalpabili ma tangibili come in un sogno a occhi aperti. E qui la creatività degli animatori della Pixar immagina per Soul degli esserini eterei e circonfusi d’una luminosità sapientemente graduata, accostando loro, per i personaggi dei burocrati dell’aldilà, figure più astratte, a metà tra la geniale Linea di Osvaldo Cavandoli e il cubismo sintetico di Picasso. Mentre le anime ossessionate e perdute diventano dei corpi neri, informi e massicci, però fragilissimi, come fossero sabbia.
Ogni individuo, luogo od oggetto in Soul possiede una sua precisa atmosfera e consistenza. Persino la musica, con il jazz corposo di Jon Batiste per le sequenze in una materica New York, e le tessiture elettroniche minimaliste di Trent Reznor e Atticus Ross che incorniciano l’aerea dimensione oltremondana.
L’animazione in Soul è in grado di restituire la differenza tra uno scadente vestito in poliestere e quello in morbida lana che la madre di Joe gli confeziona per il concerto. Questo lavoro minuzioso non ha nulla del virtuosismo fine a sé stesso. Perché, come si vedrà seguendo le peripezie dei due protagonisti, è esattamente l’esperienza diretta del mondo, della “stoffa” di cui sono fatte le cose, l’unica via attraverso cui piegare il cinico distacco di 22 e permetterle di scoprire cos’è che può far battere il suo cuore e la sua intelligenza. Dal che si ricava che la spicciola filosofia della prassi dell’uomo qualunque Joe è più efficace della teoresi astratta dei grandi spiriti che si ostinano a insegnare a parole ciò che è necessario invece provare in prima persona – la ragione per cui nell’Ante-Mondo le cose non hanno né sapore né odore.
Soul è un invito a scovare le piccole epifanie che dànno valore all’esistenza, il cui significato s’annida più nei dettagli che nei grandi disegni e nelle passioni totalizzanti (che corrono sempre il rischio di rovesciarsi in ossessioni distruttive). Sono gli oggetti, e le esperienze ed emozioni loro correlate, a costituire le note sullo spartito di quella musica della vita che è nostro compito imparare a suonare.