Quando non ami il Natale – per usare un eufemismo – e non ti piace la comicità spicciola, tantomeno i format tv smielati e prettamente natalizi, concepiti solo all’insegna dei buoni sentimenti da propagandare in modo artefatto durante le feste, è molto difficile trovare qualcosa da guardare che risulti leggero ma al tempo stesso non sia banale o noioso. Poi capita di imbattersi a sorpresa su Netflix su una serie norvegese che ha un titolo decisamente respingente, Natale con uno Sconosciuto e che nonostante ciò riesce a conquistarti al primo episodio.
Questa serie in due stagioni creata e diretta da Per-Olav Sørensen, che già stato regista della miniserie thriller Quicksand presente su Netflix – di tutt’altro genere e registro rispetto alla serie di cui parliamo ora – è una sorprendente scoperta, in un momento dell’anno in cui la voglia di leggerezza si fa sentire più del solito ma non lascia comunque spazio a perdite di tempo con storielle melense.
Natale con uno Sconosciuto – titolo originale Home for Christmas – è una commedia senza troppe pretese che riesce però ad essere brillante e tenera al tempo stesso. La protagonista è un’infermiera trentenne single, Johanne (Ida Elise Broch), circondata da familiari e amici quasi tutti già accasati: una donna giovane indipendente che però si trova costretta a giustificare agli altri il fatto di non avere un compagno stabile “alla sua età” e ad affrontare quelle pressioni sociali che, talvolta in maniera palese, altre in maniera più subdola, pesano sempre su una donna che non risponde esattamente a ciò che le convenzioni sociali vorrebbero per lei.
Costretta alle cene di famiglia a sedere in mezzo ai bambini perché perché non accompagnata da un partner, una sera d’inizio dicembre Johanne decide di sparigliare le carte e smetterla di farsi considerare una single infelice dalla sua famiglia, dichiarando loro di aver trovato un fidanzato: la bugia si rivela però un’arma a doppio taglio, visto che la madre spinge per conoscere il fortunato invitandolo alla prossima cena di Natale. Johanne ha 24 giorni per trovare un potenziale candidato da presentare a genitori e fratelli, così decide di darsi agli appuntamenti al buio e alle app di incontri per cercare finalmente di trovare un amore che la renda più realizzata e felice agli occhi della sua famiglia. Natale con uno Sconosciuto diventa così una carrellata di esilaranti primi appuntamenti con una miriade di casi umani, che però non fanno desistere la protagonista dal suo proposito di portare un fidanzato a casa.
Come tutte le commedie sentimentali, anche questa serie parte da un presupposto piuttosto surreale, quello di trovare un fidanzato ideale in tempi record, perlopiù in questo caso perché è la famiglia a chiedertelo. Eppure sin dal primo episodio Natale con uno Sconosciuto riesce a sintetizzare in maniera molto naturale e verosimile tanti di quei pregiudizi che gravano su una giovane donna single costretta a rispondere a domande troppo personal e invadenti, a difendere la propria autonomia di scelta, a sentirsi giudicata perché lavora troppo e non dedica tempo a se stessa (presumendo che dedicare tempo a se stessi voglia dire fidanzarsi con qualcuno), a fare da capro espiatorio sul lavoro in quanto unica persona non avere famiglia e a poter lavorare nei giorni di festa, perché chi ha figli sembra avere più diritti di chi non ne ha. Una ragazza costretta persino a giustificarsi di essere stanca, perché se una single è affaticata allora ad una madre con figli piccoli andrebbe data una medaglia al valore civile.
Chiunque abbia avuto 30 anni, si sia ritrovato single e magari abbia anche una famiglia non troppo sensibile all’intimità delle persone, ha sicuramente incrociato una situazione simile. Anche solo il paragone con i propri coetanei che hanno già messo su famiglia o con i propri ex che magari hanno trovato altrove la persona giusta con cui fare i figli diventa un peso ulteriore, per chi magari soffre già la solitudine, ma anche per chi sceglie la solitudine in modo consapevole. Non è da tutti reggere con nonchalance la pressione del giudizio altrui, il peso delle aspettative che secondo i canoni sociali sedimentati dovrebbero essere esaudite ad una certa età e in un certo modo: l’idea che sia una giovane donna indipendente a stabilire le proprie aspettative di vita è ancora qualcosa di molto lontano in certi ambiti familiari, in cui la realizzazione personale non è percepita se non attraverso la creazione di un nucleo familiare proprio.
Natale con uno Sconosciuto affronta l’argomento attraverso una protagonista che è una novella Bridget Jones, meno impacciata ma ugualmente sensibile ai giudizi altrui, in cerca dell’amore: così come la protagonista dei libri di Helen Fielding e della relativa saga cinematografica, anche Johanne vuole innamorarsi, ma più per rispondere alla volontà di assecondare le aspettative degli altri che per inseguire le proprie. A differenza di molte commedie di questo genere, qui c’è anche una velata ironia su un certo tipo di sentimentalismi e una dose di realismo nelle esperienze – fisiche e umane – della protagonista, che si ritrova alle prese con un uomo che distrugge il suo film preferito Love Actually (un cult delle commedie romantiche di Natale), con un ragazzino più giovane con cui fare sesso selvaggio, ma anche un imprenditore e politico molto più grande che sarebbe un perfetto sugar daddy. Il campionario delle opportunità è ampio, ma le situazioni hanno un risvolto comico ma talvolta anche agrodolce se non amaro.
Natale con uno Sconosciuto è un modo per riflettere col sorriso su quanto gli stereotipi di genere siano ancora così profondamente radicati nella nostra società, negli uomini come nelle donne, nei boomer come nei giovani, e di come rappresentino una forma sottile di violenza che influisce non poco sulla qualità della vita delle ragazze. Il fatto di affrontare questo tema avendo come protagonista una trentenne di oggi, poi, rende questa serie molto diversa dalle classiche commedie sentimentali degli anni ’90 e dell’inizio del 2000: le trentenni del 2020 sono per lo più donne molto preparate, altamente scolarizzate, eppure costrette sul lavoro a patire condizioni incerte e non adeguate alle loro reali competenze. Allo stesso tempo sono spinte dalla società ad un continuo sforzo di conciliazione fra tempi del lavoro e tempi della cura della famiglia, perché poi a quell’età se non si è ancora madri si inizia a percepire l’invito costante a rincorrere il cosiddetto orologio biologico prima che sia troppo tardi. Forme di giudizio frutto di una società patriarcale e alimentate nel corso degli anni da una situazione strutturale che non ha permesso alle donne di affermare con orgoglio la loro piena autonomia su tutte le proprie scelte di vita, professionali e personali.
Natale con uno Sconosciuto tratta tutto questo in modo certamente edulcorato e ovattato da un’atmosfera natalizia onnipresente – non fosse altro che è ambientata in una Oslo innevata e addobbata a festa – eppure nelle disavventure della protagonista ci sono tanti spunti di riflessione attualissimi, oltre a qualche buona trovata comica che la rendono molto gradevole. Davvero una piacevole scoperta per una serie che sulla carta è un cosiddetto “guilty pleasure” – così definita stesso regista – cioè uno di quei format che si divorano ma che non si ammette di guardare. Ecco, Natale con uno Sconosciuto è un guilty pleasure di cui non bisogna affatto vergognarsi. Anzi, è un valido alleato contro i pregiudizi e gli stereotipi di genere che intorno al tavolo della cena di Natale si fanno sentire più che nel resto dell’anno.