Stronger, Jake Gyllenhaal è l’uomo che sopravvisse all’attentato di Boston

Su Rai 3 alle 21.20 la storia vera di Jeff Bauman, cui furono amputate le gambe dopo l’attentato del 2013, diventando un simbolo. Un film che mette a confronto un paese affamato di eroi con un uomo che cerca solo una via per tornare a vivere

Stronger

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L’attentato alla maratona di Boston del 2013 causò la morte di 3 persone e il ferimento di oltre 200. Nel 2016 era stato già al centro di una ricostruzione cinematografica, Boston. Caccia All’Uomo, incentrata sulla ricerca dei colpevoli, che fu appurato essere i fratelli Carnaev, due terroristi musulmani ceceni, uno dei quali ucciso in uno scontro a fuoco con la polizia e il secondo condannato alla pena capitale nel 2015 (una sentenza poi annullata nel 2020).

Stronger invece, uscito nel 2017, col sottotitolo italiano Io Sono Più Forte (era passato anche alla Festa del cinema di Roma), racconta la tragedia da un diverso punto di vista, ricostruendo la vicenda personale di Jeff Bauman a partire dal libro autobiografico scritto insieme a Bret Witter. Jeff, interpretato da Jake Gyllenhaal, è un ventisettenne che il 15 aprile del 2013 si reca al traguardo della maratona per tifare per la sua ex ragazza Erin (Tatiana Maslany), che partecipa alla gara, nella speranza di riconquistarla. Resta vittima dell’esplosione e gli vengono amputate entrambe le gambe. Quando si risveglia fornisce all’FBI una descrizione dell’attentatore e la sua testimonianza è fondamentale per le indagini. Questo, ma ancora prima il solo fatto di essere un sopravvissuto, lo rende agli occhi dei media un eroe.

Stronger - Io Sono Il Piu' Forte
  • Gyllenhaal, Maslany, Richardson, Lane Jr. (Actor)

La reazione collettiva dopo l’attentato fu immediatamente ribattezzata come “Boston Strong”. Jeff Bauman, “Stronger”, diventa dunque per tutti il più forte tra i forti, salutato come il simbolo vivente della straordinaria capacità di non arrendersi di una città, di più, di un intero paese che, dall’11 settembre 2001 in poi, ha dovuto imparare a trovare dentro di sé le risorse materiali ed emotive per rintuzzare una violenza che l’ha raggiunta nei suoi confini. Ma quanto di questa immagine corrisponde davvero ai sentimenti che attraversano l’uomo Jeff Bauman?

È qui la sostanza del film di David Gordon Green sceneggiato da John Pollono, che cerca di scavare dentro le comprensibili insicurezze e fragilità del protagonista, per cogliere lo scollamento tra il suo ruolo pubblico – amplificato da una società che pretende lui corrisponda alla narrazione ideale di cui ha bisogno – e ciò che sente davvero un uomo che deve fare i conti con un’esistenza da reinventare.

Jeff viene portato in carrozzella sul campo di hockey dei Boston Bruins, di cui è tifoso, per inaugurare la partita sventolando la bandiera della squadra. Ma il simbolo Stronger vaga con lo sguardo sperduto sul campo. La qualità principale del film è tutta lì, nella capacità di restare ben fissato sullo sguardo di Bauman, situandolo all’interno di una cornice concreta e riconoscibile, quella della sua famiglia. Un nucleo proletario di limitate aspettative, travolto da un evento che per la prima volta li fa sentire al centro del mondo, una tragedia che suona come una paradossale opportunità di riscatto. La madre durante un pranzo annuncia raggiante che Oprah Winfrey vuole intervistare Jeff. Nessuno però gli ha chiesto se sia d’accordo con questa trasformazione di sé stesso in eroe.

Cosa che Jeff Bauman non è e non si sente di essere. Al contrario, già prima dell’attentato era un giovane irresoluto, incapace di emanciparsi dall’asfissiante cordone ombelicale materno, e titubante anche rispetto all’assumersi fino in fondo la responsabilità dell’amore per Erin, e con lei decidere di crescere davvero.

Jake Gyllenhaal insieme al vero Jeff Bauman

Stronger punta sul racconto minimalista – tenendo a bada i risvolti raccapriccianti dell’attentato, che affiorano solo come memoria – per cogliere i riflessi e le pulsazioni intime della tragedia collettiva nelle reazioni smarrite di un individuo ritratto sempre dentro la cerchia familiare e amicale. Così facendo il film cerca di togliere alla vicenda la patina retorica del paese indomito che reagisce trionfalmente al dolore, per focalizzarsi invece sulle ferite, le mancanze di un piccolo nucleo di persone la cui vita è già normalmente, ogni giorno, tutt’altro che scintillante.

Però, nonostante l’impegno di Jake Gyllenhaal, che recita soprattutto con gli occhi impauriti e una fisicità smagrita e indifesa, Stronger manca di una sceneggiatura che scavi adeguatamente nelle pieghe della storia. Questo perché le risposte alle angosce di Jeff sono tutte ripiegate nella dimensione privata, con una soluzione demandata interamente alla storia d’amore con Erin. Così il film riesce comunque a offrire un lieto fine di riscatto rassicurante e retorico, dimenticando gli altri temi lambiti ma non interrogati a fondo, il dolore e l’autoesaltazione collettiva, la manipolazione mediatica, la debolezza del tessuto familiare dell’America non benestante.