È già stato da tempo annunciato il sequel Spider-Man: Un Nuovo Universo 2, la cui lavorazione è cominciata nel giugno di quest’anno con una previsione di uscita, che chissà se causa lockdown sarà poi da rivedere, al 7 ottobre 2022. Ed era scontato, nell’era del franchise, che ci sarebbe stato un seguito a Spider-Man: Un Nuovo Universo, obbiettivamente una delle più innovative riletture nate nell’alveo dell’universo Marvel, vincitore anche nel 2019 dell’Oscar come miglior film d’animazione.
Curiosamente, il personaggio a fumetti creato nel 1962 da Stan Lee e Steven Ditko non aveva ancora avuto, dopo le serie tv a cartoni animati partite da quella celebre del 1967, l’onore di un lungometraggio cinematografico. Ed è divenuto invece il protagonista di una nutrita serie di film live action, in una moltiplicazione di reboot – nel passaggio, nella parte dell’arrampicamuri, da Tobey McGuire ad Andrew Garfield a Tom Holland –, che sulla carta avrebbero dovuto ridare smalto al personaggio, ma spesso stancanti e ripetitivi.
Molto meglio invece la smaliziata rilettura a cartoni animati uscita dalla fucina della Sony, ideata da Phil Lord e Chris Miller e diretta da Bob Persichetti, Peter Ramsey e Rodney Rothman, uscita nei cinema alla fine del 2018 e da oggi disponibile su Netflix. Va molto oltre il semplice reboot Spider-Man: Un Nuovo Universo. Parte da un dato anzi scioccante, servito praticamente in apertura, la morte in battaglia di Peter Parker, in cui si legge la voglia di cambiare davvero pagina, di sondare soluzioni alternative ma al fondo profondamente rispettose dello spirito del personaggio. Perché la sua morte è solo il punto d’avvio per trovare uno nuovo protagonista, Miles Morales, ragazzino di colore appassionato di street art e brillante studente, che dopo esser stato morso dal proverbiale ragnetto radioattivo, scoprirà di possedere enormi poteri che dovrà imparare a controllare e impiegare nel migliore dei modi.
Miles però non è l’unico Spider-Man in circolazione. Dagli universi alternativi, ad aiutarlo nella lotta senza quartiere contro il terribile Kingpin, ne sbucheranno altri, chi somigliante a un eroe da fumetto anni Trenta (debitamente in bianco e nero), chi con le fattezze di un anime giapponese, chi donna. E c’è persino un Uomo Ragno porcello che sembra provenire direttamente dal mondo dei Looney Tunes.
Da un lato perciò Spider-Man: Un Nuovo Universo usa in maniera smaliziata il gioco delle citazioni mettendo insieme un’enciclopedia di modelli e personaggi fumettistici. Dall’altro costruisce un film che dalle comic strip prende in prestito il linguaggio, con la compresenza in split screen sullo schermo di immagini multiple, secondo la scansione tipica degli albi, impiegando nuvolette con didascalie e tutto l’armamentario tipico del dispositivo fumettistico.
Sempre, però, reinventandolo e ridandogli smalto attraverso l’uso della grafica computerizzata in 2 e 3D, e prendendo in prestito dal suo protagonista che ama la street art uno stile colorato e impastato, che grazie alle potenzialità dell’animazione raggiunge livelli di fantasmagoria visiva che nemmeno il più immaginifico dei film live action potrebbe conseguire. Al contempo il film trova soluzioni agli antipodi, di incredibile semplicità, soprattutto nel personaggio del villain Kingpin, che in mezzo a una scena cromaticamente satura e iperdinamica è invece una figura enorme, massiccia e bidimensionale, resa spaventosa e immota da una stilizzazione estrema del tratto, che corrisponde perfettamente al carattere di un personaggio fermo nel suo ossessivo, distruttivo disegno criminale (è una delle intuizioni migliori del film).
Così Spider-Man: Un Nuovo Universo riesce allo stesso tempo a essere un raffinato gioco metalinguistico sul genere supereroistico, un racconto irriverente e sbruffone alla Deadpool (ma senza volgarità), un coming-of-age incentrato su di un ragazzino nel suo controverso rapporto con famiglia e mentori, un panegirico della diversità però senza la didascalicità del messaggio. E, prima e sopra ogni altra cosa, il film sa essere un affettuoso omaggio ai classici della Marvel (non manca il cameo di Stan Lee, scomparso subito prima dell’uscita del film), di cui conferma la sostanza – i grandi poteri da cui derivano grandi responsabilità – e la vitalità di un dispositivo narrativo malleabile, disponibile a riletture infinite. Infinite come gli universi sovrapposti del miglior film di supereroi che si ricordi.