L’elemento sorprendente e geniale de Il Dottor Stranamore – Ovvero: Come Ho Imparato A Non Preoccuparmi E Ad Amare La Bomba (1964) è nella scelta del tono dato al racconto. Inizialmente Stanley Kubrick, affascinato dal tema della minaccia nucleare al punto da leggere, pare, un’ottantina di volumi sull’argomento, pensava che il film tratto dal romanzo Red Alert di Peter George, dovesse essere drammatico. Più che comprensibile, visto che si trattava di una storia sullo sfondo della guerra fredda nemmeno troppo fantapolitica.
Questa la vicenda: un comandante d’una base aerea americana, l’anticomunista viscerale Jack D. Ripper, manda ai suoi aerei l’ordine cifrato per aggredire con armi atomiche l’Unione Sovietica, certo che il presidente degli Stati Uniti, posto di fronte al fatto compiuto, decida di sferrare l’attacco contro il nemico rosso. Nel frattempo i russi però in gran segreto hanno approntato un nuovo dispositivo, l’ordigno “fine del mondo”, che in caso di invasione prevede l’esplosione automatica di una serie di testate nucleari che causerebbero una pioggia radioattiva che renderebbe la Terra inabitabile per circa cento anni. Scatta allora il conto alla rovescia per scongiurare la catastrofe: con gli americani che cercano il codice segreto con cui annullare l’ordine di attacco, e i russi che provano ad abbattere tutti gli aerei statunitensi.
La vicenda de Il Dottor Stranamore è in linea con un’epoca, i primi anni Sessanta, ossessionata dalla Guerra Fredda e dalla minaccia nucleare, con film molto cupi che descrivevano uno scenario globale sempre a un passo dalla tragedia. Come L’Ultima Spiaggia e Sette Giorni A Maggio, Va’ E Uccidi e A Prova Di Errore, quest’ultimo uscito svariati mesi dopo Il Dottor Stranamore e con una vicenda talmente simile da spingere George e Kubrick (preoccupato che il successo di questo film potesse oscurare il suo) a intentare una causa per violazione del copyright.
- Sellers/Scott (Actor)
- Audience Rating: G (audience generale)
I due film In realtà non potrebbero essere più diversi, e proprio grazie all’intuizione di Kubrick, che scarta dal noto e si rende subito conto che Red Alert aveva bisogno di un trattamento completamente diverso. «La mia idea di girarlo come una commedia da incubo venne nelle prime settimane di lavoro sulla sceneggiatura. Trovai che cercando di mettere della carne attorno alle ossa e immaginando le scene nella loro completezza, bisognava continuare a tenere fuori cose che erano assurde o paradossali, se si voleva evitare che fossero divertenti; e queste cose sembravano essere vicine al cuore delle scene in questione».
La “commedia da incubo” secondo Kubrick, emerge dai fatti stessi. Perché, a osservarla bene, ci sono degli elementi scopertamente comici in questa storia in cui politici e alti gradi militari paurosamente scollegati dalla realtà parlano di fine del mondo, danni collaterali di decine milioni di morti e nuove società da installare sottoterra come si trattasse di ipotesi ragionevoli. Pazzo non è solo il comandante paranoico che sferra l’attacco farneticando di comunisti che avvelenano l’acqua potabile intaccando i preziosi “fluidi vitali” del popolo americano. Pazzi sono tutti gli alti papaveri capaci di inventarsi un dispositivo automatizzato e sottratto alle decisioni degli esseri umani che ha come obiettivo la distruzione della civiltà. E per svelarne la natura intrinsecamente paranoide, l’unica cosa da fare è mettere alla berlina questo mondo follemente serioso, attraverso un trattamento satirico.
L’autentica satira parte sempre da un dato di realtà. Kubrick infatti non s’inventa quasi nulla e s’ispira a fatti e persone esistenti, a teorie accreditate che deforma ed estremizza lo stretto indispensabile. Come quella dell’ordigno della fine del mondo, che trova in un libro influente di quegli anni, On Thermonuclear War, firmato dal futurologo Herman Khan. Il quale diventa il modello su cui è esemplato per metà il personaggio del dottor Stranamore (uno straordinario Peter Sellers, che interpreta anche il presidente degli Stati Uniti e il colonnello inglese Mandrake), scienziato tedesco folle e fanatico che per l’altra metà rimanda a Wernher von Braun (ingegnere missilistico del Reich che come tanti compatrioti riparò in America grazie all’operazione Paperclip, con cui il governo statunitense dopo la guerra si assicurarò i servigi dei migliori scienziati ex nazisti per vincere la battaglia contro i comunisti).
Kubrick asseconda la logica sinistra di questi politici e militari immersi in una situazione di emergenza tutt’altro che inverosimile (basti ricordare la crisi dei missili a Cuba del 1962), e conduce il gioco fino alle estreme conseguenze, mostrando il fondo irrazionale delle loro scelte, segnate da pulsioni infantilmente distruttive. Sono dei bambini incapaci di comprendere le reali conseguenze delle loro azioni, perché asserragliati dentro mondi chiusi a doppia mandata. Non è un caso, infatti, che Il Dottor Stranamore si svolga quasi interamente in tre luoghi claustrofobici: la war room della Casa Bianca, la base militare del comandante Ripper (Sterling Hayden) che interrompe qualunque comunicazione con l’esterno e il B-52 che deve sganciare l’ordigno nucleare (al quale, ovviamente, va fuori uso la radio).
La “commedia da incubo” quindi nasce dal fatto che Kubrick svela l’immaturità dei protagonisti, ragazzoni malcresciuti e paranoici che scherzano col fuoco e sostengono assurdità talmente tragiche e paradossali da ribaltarsi nel loro contrario, causando nello spettatore un riso irrefrenabile e però isterico, proprio perché generato dalla paura che affermazioni del genere scatenano in persone dotate di normale buon senso.
Il Dottor Stranamore, insomma, è un film talmente spaventoso da risultare divertentissimo. E sempre credibile, radicato a un senso di realtà ben poco fantapolitico. È la ragione per cui Kubrick gira molte scene, come l’attacco alla base militare di Ripper, con la camera a mano e in un bianco e nero granuloso da documentario, per esasperare l’effetto di verosimiglianza.
L’andamento satirico (si cita anche la Laputa swiftiana, rendendo omaggio al maestro indiscusso del genere) è reso palese nei dettagli francamente comici, doppi sensi e pesanti allusioni sessuali. Si pensi ai nomi dei personaggi: il comandante preoccupato dei suoi fluidi vitali e ovviamente impotente si chiama Jack D. Ripper (insomma Jack lo Squartatore), il colonnello Mandrake, che cerca di sventarne il pazzesco piano, ha un nome che richiama la mandragola, pianta nel medioevo considerata afrodisiaca; Turgidson è il generale interpretato da George C. Scott (che mastica chewingum come un ragazzino e cerca sempre l’approvazione del presidente), un colonnello ottuso ha l’incredibile nome di Bat Guano (escremento di uccello), e il comandante dell’unico velivolo che raggiunge il bersaglio si chiama T.J. “King” Kong (come lo scimmione) e pilota l’aereo con un cappello da cowboy che lo fa sentire più macho.
Il Dottor Stranamore è uno scialo di personaggi affetti da tare e deviazioni sessuali (l’ambasciatore russo si chiama de Sadesky) che nella potenza di fuoco degli ordigni nucleari trovano una forma di risarcimento alla loro scarsa virilità. Sotto il profilo formale il film possiede una impaginazione visiva calibratissima, la comicità però è aggressiva, nelle cadenze d’un grottesco malevolo e di grana grossa. E l’erotismo richiamato senza sosta, dai titoli di testa con due aerei che si congiungono a King Kong all’apice della sua potenza sessuale mentre cavalca il missile, è solo l’altro volto della pulsione di morte che avvolge questi personaggi distruttivi e autodistruttivi.
Contraddittori come il dottor Stranamore. Al quale si illuminano gli occhi mentre descrive il futuro paradiso sotterraneo, con dieci donne a disposizione di ogni uomo. Nel frattempo però il suo braccio parte in un involontario saluto nazista e cerca persino di strangolarlo, mostrando le tensioni inconsce di un uomo in cui la ragione strumentale dello scienziato è solo la patina che copre istinti nichilisti. Che, come dice esplicitamente il titolo, lo spingono a desiderare e amare la bomba, culmine di una irrazionalità devastatrice che riporterà tutto al nulla.